di Patrizia Vassallo
Il miglior investimento pubblicitario? Buttarsi nella giungla del marketplace è un’opportunità a portata di tutti, ma bisogna mettere in conto che questa è una strada non certo in discesa. Basta cercare alcune parole chiave in rete per imbattersi in soloni del marketing, che promettono traguardi di successo “senza se e senza ma”, riduzione di costi fissi e guadagni a tripli zero. Ma è veramente così facile? La risposta è no. Di prassi le strade da prendere sono principalmente due. La prima è quella di affidarsi a un’agenzia di marketing, che fa risparmiare tempo e si prende il rischio della strategia da seguire. La seconda è quella di optare per il fai-da-te, ossia scegliere di occuparsi in prima persona della comunicazione investendo nella formazione marketing mettendo in conto però lo scotto di dovere sottrarre molto tempo alle proprie responsabilità aziendali. In entrambi i casi occorre andare con i piedi di piombo. Rivolgersi a un’agenzia marketing non è a portata di tutte le tasche, e quando si prende questa strada, il timore, se non si è un’azienda di grandi dimensioni, e quindi con maggiore disponibilità di budget, è quello di non venire seguiti con lo stesso interesse che un’agenzia potrebbe avere per un cliente con una capacità di spesa molto più ampia.
«Il primo step», spiega Maurizio Basso, ceo di Hellonet e e Memobit, (https://www.hellonet.it) (http://www.memobit.it) «è quello di scegliere un’agenzia in linea con i propositi di spesa che ci si è prefissati, ossia quella più adatta alle proprie esigenze e tasche, optando per “il passaparola”, che può offrire buone garanzie. Però è necessario avere le idee chiare», prosegue Basso, «e quindi già un obiettivo preciso e misurabile da proporre, ed essere in grado di spiegare dove si vuole arrivare sul fronte visibilità, l’obiettivo di guadagno e soprattutto quanto si vuole spendere per raggiungere questi risultati». Perché le strategie di marketing non sono omologabili. «Per l’acquisto dati da un leader di settore, quale può essere per esempio Nielsen», conclude Basso, «l’analisi, lo studio della strategia di comunicazione, gli inseriti correttivi sulla comunicazione ossia sulle campagne offline e social, la realizzazione di un sito laddove ce ne fosse bisogno, può fare lievitare il costo della comunicazione fino ai 50mila euro. Una spesa sicuramente non per tutte le tasche, ma se la strategia di comunicazione funziona, il guadagno è assicurato».
«Per un’azienda di piccole dimensioni», spiega Michele Moretti, direttore della Titanium-Marketing, (www.titanium-marketing.com), «che desidera cercare un’agenzia di marketing che soddisfi le sue esigenze, un suggerimento può essere quello di affidarsi alla classica ricerca su Google, scrivendo nel capo di ricerca le parole “agenzia marketing” e aggiungendo “low cost” se non si hanno grandi possibilità di spesa, verificando affidabilità dei nomi delle agenzie che appaiono nei primi 10 risultati attraverso la lettura delle opinioni e recensioni. Anche se non si ha a disposizione un budget eccessivo occorre sempre diffidare dei prezzi troppo bassi. il prezzo di un sito low cost, per esempio, non può scendere al di sotto delle 300- 400 euro e di una app a meno di 600 euro. Per testare la professionalità di un’agenzia è anche opportuno chiedere la visione di un paio di lavori già effettuati oltre che visitarne il sito per controllare i nomi dei clienti.
Sempre restando nell’ambito della verifica sui social, fondamentale è controllare quanti likes ha una pagina, se ha un gruppo di persone collegate e quante sono. Per quanto concerne il contratto, tutto deve essere scritto dettagliatamente, il nome del responsabile del progetto, i suoi eventuali collaboratori, le ore lavorate, e anche, ma direi soprattutto, i cambiamenti in corso d’opera, oltre che i tempi di consegna, così in caso di ritardo, l’agenzia può essere costretta in base agli accordi precedentemente scritti nel contratto, a pagare una penale oppure a restituire l’intero importo versato fino a quel momento dal cliente. Ovviamente anche per il cliente esistono limiti riguardo la richiesta di cambiamenti e rettifiche proprio perché possono causare ritardi organizzativi. La consegna di una demo con grafica e pop up delle app spesso è tassativa. Infine occorre riuscire a fare una buona pubblicità al proprio marchio sui social come Facebook, Instagram, Google e Youtube», conclude Moretti.
LE COSE SI COMPLICANO MAGGIORMENTE se si è soli, a capo di una ditta individuale, una piccola Srl di una max 2 persone oppure di una start-up che sta facendo i primi passi nel mondo imprenditoriale con l’impellente necessità di farsi conoscere e/o lanciare un nuovo prodotto o servizio. Perché in questo caso, se il budget è eccessivamente ridotto, il fai-da-te sembra l’unica strada percorribile, tenendo sempre presente però che resta “una strada per pochi, ma non per tutti”, visto che presuppone una conoscenza del mercato e quindi un know-how che solo esperti del settore possono avere.
QUALCHE CONSIGLIO UTILE
Partiamo dalla scelta di un fornitore. Di prassi le opzioni sono due: scegliere un fornitore specifico oppure vagliare le offerte di più fornitori. Per “quelli della prima volta” il consiglio è quello di affidarsi, dopo accurate ricerche, a un solo fornitore, stipulando un contratto single source “open”, che offra la possibilità di cambiare modalità e servizi in base alle proprie esigenze. Di prassi un fornitore, pur di mantenere il vantaggio che ha nei confronti dei suoi competitors è disposto a soddisfare le mutate esigenze del cliente, fondamentale però è chiarirlo subito e per iscritto al momento della stipula
SCEGLIERE LA VISIBILITA’ NON PUNTANDO SOLO SULLA NOTORIETA’ DI UN BRAND
Il mercato offre molte possibilità. Se siamo pronti per il lancio che sia del nostro brand, di un prodotto o di un servizio questa è la parte più difficile. Individuare il target giusto, localizzarlo e indicizzarlo per tipologia di interessi è un’ardua impresa, ma non impossibile anche se non si ha un budget da Paperon de’ Paperoni. Se si punta sull’offline, in particolare sul cartaceo, mai fidarsi solo del nome famoso di un quotidiano, settimanale o mensile. La notorietà del brand, di questi tempi, non sempre è una garanzia di vendite alle stelle. Quindi occorre sempre fare i dovuti controlli.
QUANTE COPIE VENDONO I GIORNALI
Per sapere le reali cifre di vendita dei giornali, il primo passo da fare è consultare il sito della società Ads notizie (http://www.adsnotizie.it), che offre una panoramica completa dell’andamento delle testate in base alla loro periodicità, visto che la sua mission è quella di certificare e e divulgare i dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica di qualunque specie pubblicata in Italia. Gli accertamenti ADS consistono nel controllo dei dati dichiarati dagli Editori che sottopongono le loro testate alle verifiche ADS. Per il cartaceo le verifiche nella pratica sono due: quella interna avviene presso ciascun Editore o presso il suo distributore Unico Nazionale incaricato della distribuzione delle pubblicazioni, quella esterna invece si effettua presso i distributori locali. Entrambe le verifiche sono svolte da società di Revisione in possesso dei requisiti previsti dalla Legge. Per l’esecuzione delle verifiche ciascun Editore ha la facoltà di scegliere una tra le società di revisione legittimate da Ads, mentre le verifiche esterne sono affidate da Ads a una sola di queste società. Sul fronte online, sono attualmente al vaglio del consiglio di amministrazione di ADS, quattro società il cui compito sarà quello di certificare le copie vendute nel 2017.
PER CONOSCERE IL NUMERO DEI LETTORI DEL CARTACEO E DELLE COPIE REPLICA ONLINE
Per sapere il numero di lettori occorre fare riferimento alla società Audipress, (http://www.audipress.it), che fornisce i dati di lettura dei quotidiani, dei supplementi di quotidiani, dei settimanali e dei mensili, oltre che altre informazioni socio-demografiche dei lettori per 120 testate attualmente in rilevazione. Dal 2014 l’indagine rileva una lettura multipiattaforma, considerando la testata nella versione cartacea e/o digitale, ossia anche nella versione replica sull’online.
QUANTI I LETTORI DELL’ONLINE?
Per computare il numero di copie digitali realmente lette c’è Audiweb, (http://www.audiweb.it), l’organismo super partes che rileva i dati di audience di internet in Italia offrendo stime puntuali sulla fruizione di internet sia da Pc che da mobile (smartphone e tablet).
I PROGRAMMI TV CON PIU’ SHARE
Per testare quali sono le fasce orarie che catalizzano maggiormente l’interesse dei telespettatori davanti al piccolo schermo, c’è Auditel (www.auditel.it), che fornisce i dati di ascolto delle emittenti nazionali digitali terrestri e satellitari oltre che di oltre 180 emittenti locali, operanti in ambito regionale.
ASCOLTI RADIO
Si chiama Ter, Tavolo editori radio (http://www.tavoloeditoriradio.it/)
la società nata con l’obiettivo di rappresentare in modo unitario emittenti radiofoniche pubbliche e private, locali e nazionali. Costituita il 1 aprile del 2016 con un capitale di 110mila euro, suddiviso per il 70% fra le antenne nazionali e per il restante 30% tra associazioni che rappresentano emittenti locali presenti in almeno 13 regioni con una media di almeno 5 milioni di ascoltatori al giorno, tra i suoi iscritti vanta nomi di eccellenza a livello nazionale come Isoradio, m2o, R101, Radio 105, Radio 24, Il sole 24 ore, radio Capital, radio DeeJay, radio Italia solo musica italiana, radio Kiss Kiss, radio Freccia, radiouno, radiodue, radiotre, Rds 100% grandi successi, radio Montecarlo, Rtl 102.5 e Virgin radio. Oltre che una folta rappresentanza di radio locali suddivise per regione.
L’UFFICIO IDEALE IN BASE ALLE PROPRIE ESIGENZE
Grazie alla Workplace revolution ora avere un ufficio, un luogo nuovo dove lavorare abbattendo i costi di affitto e non solo quelli, è a portata di tutte le tasche. Tra i gruppi leader nel settore del lavoro flessibile, c’è IWG, cui fanno capo le società Regus e Spaces. Regus (https://www.regus.it) mette a disposizione delle aziende uffici organizzati per il più moderno coworking in ambienti moderni e dotati della logistica fondamentale per il funzionamento di liberi professionisti e realtà imprenditoriali più complesse e Spaces (https://www.spacesworks.com/it) crea uffici di alto design in zone a vocazione direzionale per facilitare il networking tra professionisti e tra imprese e concentrare in poco spazio tutti i servizi migliori che i loro clienti dovrebbero reperire in aree diverse. Ma quali sono i primi passi che deve fare un libero professionista che desidera dare vita alla sua attività che sia una start-up o una srl per avere a disposizione un luogo fisico dove svolgere la sua attività? «Una volta creato e sviluppato un business plan», spiega Mauro Mordini, Regional country manager Italia di Regus, «se si vuole avere uno spazio di lavoro con la massima flessibilità di durata ed estensione di servizi, è sufficiente contattare Regus o Spaces via telefono, sito o app per poter aprire una sede in pochissimo tempo. Noi siamo in grado di fornire tutta una serie di servizi che vanno dal semplice ufficio virtuale con sede legale e domiciliazione postale, sino all’ufficio vero e proprio in coworking oppure dedicato con tutti i servizi annessi, dalla segreteria ai dispositivi utili come PC, stampanti, scanner oltre ai servizi comuni dei nostri uffici come la pulizia, sicurezza, manutenzione. Con Regus e Spaces siamo presenti in tutto il mondo. In Italia in 11 città con 50 location, in continuo aumento. Da qui ai prossimi anni saremo anche in altre città come Firenze, Modena, Trento, Vicenza, Firenze, Bari, Palermo e Catania. C’è una entry level per ottenere un ufficio virtuale, che permette di stabilire la sede legale e la domiciliazione postale, poi si può avere in aggiunta la possibilità di utilizzare le nostre business lounge in tutte le sedi italiane e in tutte le sedi del mondo, 3.200 in 100 paesi diversi, oppure a crescere un ufficio fisso, in coworking o dedicato. Arriviamo persino a sostenere il marketing dei nostri clienti, promuovendolo presso tutti i nostri partner in tutto il mondo». Le tempistiche per partire con l’attività?
«In 24, massimo 48 ore», precisa Mordini. «E per i costi si va dai 37 euro mensili per l’ufficio virtuale ai 93 euro per una segretaria dedicata che risponde a nome dell’azienda e accesso alle business lounge, all’ufficio virtuale plus che comprende anche un ufficio privato per 5 giorni al mese, sino all’ufficio dedicato a partire da 300 euro al mese 7 giorni su 7. E i rischi sono azzerati, perché i contratti sono totalmente flessibili sia per durata che per tipologia di servizi utilizzati». Anche un’azienda di medie e grandi dimensioni che desidera abbattere i costi, potrebbe scegliere di percorrere questa strada senza dover per forza ricorrere ai tagli del personale? «Le medie e grandi aziende hanno spesso esigenze diverse che vanno dalla riduzione dei costi ad una gestione flessibile dello spazio ad una distribuzione capillare sul territorio. Noi riusciamo a soddisfare tutte queste esigenze proprio grazie alla flessibilità dei contratti e al nostro network presente sia sul territorio italiano che all’estero. Tutti gli oneri dei servizi sono condivisi tra le aziende presenti nel business center e permettono ai clienti di non vincolare capitali per la creazione del proprio ufficio. Un altro vantaggio è la modalità di utilizzo dei servizi che è puramente on demand: un’azienda di 20 dipendenti paga per 20, se cresce e i dipendenti diventano 30 pagherà per 30. E poi una grande opportunità che offriamo è quella di poter aprire una sede istantaneamente. Pensiamo alle multinazionali che ci conoscono già in altri paesi, se devono immediatamente aprire in Italia con lo stesso contatto possono avere una nuova sede qui in poche ore. Anche in questo caso non ci sono rischi anzi si annullano totalmente. Inoltre è anche possibile attivare una membership card per i singoli dipendenti con un costo di partenza di 89 euro mensili che dà diritto ad accedere alle business lounge in tutte le sedi del mondo o veri e propri uffici al costo di partenza di 300 euro mensili, potendo contare su tutti i servizi necessari, come la reception, le pulizie, l’accesso alla rete, lo scanner, la stampante, la cucina, solo per citarne alcuni. Tutte le principali multinazionali come ad esempio Uber, Amazon, Google, Linkedin, Accenture, Apple, HSBC, Microsoft, Disney, Barclays, Danone, Avis, Hitachi, Intel, Sky, BMW, Samsung, American Express, Toshiba, lo hanno già fatto». Quali i pro e quali contro di questo genere di soluzioni?
«Tra i pro metto la flessibilità di questi servizi», conclude Mordini. «E poi sicuramente anche la qualità degli uffici e dei servizi che vengono attivati, elemento apprezzatissimo dalle aziende medie e grandi e fondamentale per le start-up. Se dovessi individuare i “contro” direi solo uno: la spersonalizzazione della sede ma a mio avviso questo elemento finisce col diventare un plus, perché oggi le aziende cercano la contaminazione, il confronto con le altre realtà».
(Riproduzione riservata/Patrizia Vassallo journalist WHAT-U need to know)
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