Si parla spesso di rifiuti ci si lamenta della Tari che ogni anno per tutti rappresenta un vero e proprio salasso. Ma le cose non sembrano migliorare. C’è una direttiva europea 2008/98, che parla di impiantistica europea che ad oggi non se ne vede nemmeno l’ombra. I rifiuti continuano a passare dalle zone senza impianti a quelle dotate di infrastrutture, si esporta all’estero anche i rifiuti urbani. Una soluzione ideale potrebbe essere quella di togliere alle singole regioni (visto che molte sono quelle inadempienti) lo smaltimento dei rifiuti affidandolo allo Stato, lasciando alle competenze locali le attività di raccolta e spazzamento. Partendo da dove? Basta leggere l’ultimo rapporto Ispra 2017 per farsi un’idea ben precisa delle differenze che esistono da regione a regione.
Quanti rifiuti produciamo in Italia? Il dato si attesta a 30,1 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto al 2015 del 2%, pari a 590 mila tonnellate circa, in controtendenza rispetto alla progressiva diminuzione registrata nel quinquennio 2011/2015.
La crescita della produzione dei rifiuti urbani è in linea conl’andamento degli indicatori soci-economici, sia nella spesa per consumi finali (+1,5%) sia del prodotto interno lordo (tra +1,7% e +0,9%). Nel dettaglio, il Nord Italia, che in valore assoluto produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, mostra il maggiore aumento percentuale (+3,2%), mentre al Centro con 6,6 milioni di tonnellate e al Sud con circa 9,4 milioni di tonnellate, gli incrementi sono più contenuti (+0,9 e +1,1% rispettivamente). Le regioni che segnano i maggiori aumenti nella produzione dei rifiuti urbani sono il Veneto (+9%) e il Trentino Alto Adige (+4,5%), mentre solo per tre regioni si registra un calo: Liguria, -3,1%, Molise e Calabria, -1,2% per entrambe. Analogamente ai precedenti anni, i maggiori valori di produzione pro capite, che tengono conto della produzione di rifiuti in rapporto alla popolazione residente, si rilevano per l’Emilia Romagna con 653 kg pro capite nel 2016, seguita dalla Toscana, 616 kg pro capite, a fronte di una media nazionale di 497 kg pro capite. A livello provinciale, è sempre Reggio Emilia la provincia con il più alto valore di produzione pro capite (749 kg per abitante per anno), seguita da Rimini (740 kg). Seguono Ravenna, Forlì-Cesena, Piacenza, Ferrara, Prato, Livorno e OlbiaTempio Pausania, tutte con produzione pro capite superiore a 650 kg per abitante per anno. (N.d.R.:Tutti i dati sui rifiuti urbani in Italia a livelo regionale provinciale e comunale sono consultabili sul sito http://www.catasto-rifiuti.isprambiente.it).
Dal rapporto è anche evidente che il nostro è un Paese che per la raccolta differenziata e il recupero di materiale, lavora a tre velocità. Una delle soluzioni è sotto gli occhi di tutti. Basterebbe aumentare il livello di recupero nel sud Italia, per ridurre il livello di pressione sugli impianti di incenerimento del nord. Ma tante sono ancora le cose non fatte. Con lo “sblocca Italia”, per esempio, non è stato fatto alcun passo avanti, e l’obiettivo di fare un impianto di incenerimento è rimasto una chimera. Molti i temi su cui è necessario intervenire: ad esempio i codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), le classificazioni di rifiuti speciali e urbani, la tenuta dei registri e la tracciabilità dei rifiuti. E mentre l’Arera, l’Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente, il cui compito è quello di tutelare con interventi normativi gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l’efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso attività di regolazione e di controllo, non più solo nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale, ma anche in altri ambiti, è occupata ad aggiornare le tariffe del servizio di gestione dei rifiuti, c’è chi dice, per primo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha proposto la costituzione di una commissione di “sburocratizzazione ambientale”, che occorre puntare sulla semplificazione il sistema. In Italia la gestione dei rifiuti è caratterizzata da una governance multivello, dove coesistono normative europee, statali, regionali e regolamenti comunali, con una parcellizzazione delle competenze suddivise in diversi ambiti territoriali (il sistema degli Ambiti Territoriali Ottimali, prima abrogati e poi reintrodotti). Una semplificazione della governance è diventata oramai indispensabile.
Troppe sono le differenze di costo tra aree geografiche del paese. Al Centro Sud, in particolare al sud dove non esistono impianti per la raccolta differenziata tutto funziona male e lentamente mentre al Nord si ricicla molto e si recupera tanto. Il nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare riguardo al riciclo fissa ha fissato obiettivi ben precisi: il 55% di riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2025, 60% entro il 2030 e 65% entro il 2035. Secondo l’ultimo rapporto Ispra, la percentuale in Italia di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio nel 2016 si è attestata intorno al 41%. Saremo in grado di raggiungere i traguardi europei?
NEL FRATTEMPO L’UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI CI FA SAPERE CHE…
Un cellulare che non funziona più, il ferro da stiro che vogliamo sostituire, un vecchio videoregistratore o il tostapane dimenticato in cantina: quanti rifiuti elettronici hai in casa e non sai come disfartene? Da oggi potrai consultare la guida “Dove li butto?” realizzata dall’Unione Nazionale Consumatori con la collaborazione di Ecodom, leader italiano nella gestione dei RAEE. SCARICA LA GUIDA
La quantità di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che ogni cittadino italiano “produce” (cioè butta via) ogni anno è impressionante: quasi 13 kg a testa, che in totale fanno circa 800.000 tonnellate all’anno! Il problema è che non tutti sanno cosa sono i RAEE, né conoscono le procedure da seguire per smaltirli correttamente.
Eppure esiste una specifica normativa che regola lo smaltimento di questi rifiuti: non solo i rivenditori di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono obbligati a effettuare il ritiro gratuito dei RAEE quando il consumatore acquista un’apparecchiatura equivalente (il cosiddetto ritiro “Uno contro Uno”), ma esiste anche un altro decreto che stabilisce che i rivenditori con un negozio grande più di 400 mq debbano effettuare il ritiro gratuito dei RAEE di piccolissime dimensioni (cioè con la dimensione massima inferiore a 25 cm) anche quando il consumatore non compra nulla (ritiro “Uno contro Zero”).
Insomma, i rifiuti elettronici, se gestiti correttamente, possono essere una risorsa preziosa per tutelare l’ambiente.
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