Il 16 ottobre si è aperto ufficialmente il cantiere di una riforma strategica per l’occupazione e le politiche attive del Paese.
I Centri per l’Impiego torneranno ad avere un ruolo chiave per i cittadini e per le imprese, come del resto avviene nei Paesi europei più avanzati. «In pochi mesi, colmeremo un ritardo di quasi mezzo secolo», ha detto il Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Claudio Cominardi, al termine dell’importante confronto con le Regioni svolto al Ministero dello Sviluppo Economico.
«Il piano vede come obiettivi il potenziamento dell’organico e della formazione del personale, l’adeguamento delle strutture e della dotazione informatica, lo sviluppo di una logistica e di un layout comune in tutta Italia, ma anche lo sviluppo di un software unico e l’integrazione delle attuali banche dati, l’utilizzo di nuove tecnologie per snellire i processi e favorire in tempi rapidissimi l’incontro tra domanda e offerta», ha spiegato Cominardi. E il dialogo con le Regioni sarà fondamentale. «Faremo tesoro degli esempi virtuosi già avviati e saremo disponibili a partnership con i soggetti privati, ma con un obiettivo chiaro dichiarato: la centralità e la regia delle politiche attive devono restare pubbliche», ha concluso.
Così, anche se i tempi, ma soprattutto le modalità non sono del tutto chiare, anche perché non si è ancora arrivati così vicino al taglio del nastro, i centri per l’impiego che per anni non hanno funzionato, ora dovranno cambiare registro e lasciarsi alle spalle un passato inoperoso.
Tra gli obiettivi primari di Di Maio, e del premier Conte, c’è quello di alzare l’asticella di quella scarsa percentuale di italiani (meno del 3%) che fino ad oggi ha continuato a cercare impiego rivolgendosi rivolgendosi ai centri di impiego. Risultato che nella pratica non sembra così arduo visto che chi vorrà usufruire del reddito di cittadinanza dovrà per forza iscriversi a un centro per l’impiego della propria area di residenza. E chi riceverà, attraverso il centro per l’impiego, tre offerte di lavoro non potrà cassarle tutte (queste offerte però, dovranno provenire da un luogo relativamente vicino alla propria residenza), altrimenti perderà il sussidio statale. Nella pratica un’opportunità che non sembra lasciare spazio ai furbetti e che i il M5S dovrà definire e chiarire nel dettaglio, soprattutto nella parte che riguarda la distanza chilometrica tra casa e lavoro, per evitare di trovarsi nella situazione di dare del denaro e poi perdersi in un mare di contestazioni.
Dalla Leopolda, la kermesse annuale giunta alla nona edizione, iniziata venerdì scorso e che terminerà oggi, quest’anno con un titolo emblematico “Ritorno al futuro” Renzi ha dichiarato: «Siamo arrivati alla nona edizione, chi l’avrebbe mai detto? E ci sono migliaia di persone che ci credono, che si impegnano, che hanno voglia di dare una mano. Paradossalmente ci sono più richieste di partecipazione di quando eravamo al Governo. Meno vip, ma più gente comune. Sarà bellissimo ritrovarci e abbracciarci di nuovo». Per l’ex premier però l’appuntamento della Leopolda più che un ritorno al futuro sembra un tuffo nel passato per ricostruirlo e provare a riconquistare la fiducia degli Italiani delle piazze, e non solo di quella sinistra più radical chic, che quando lui sembrava un treno inarrestabile, ed era riuscito a portare il Pd al 40% alle elezioni Europee lo aveva osannato per poi abbandonarlo al suo destino quando il 4 dicembre 2016, con il netto ‘no’ alla riforma costituzionale da lui fortemente voluta, gli ha girato le spalle e lo ha abbandonato. E sul campo di battaglia cerca qualsiasi appiglio per mettere in difficoltà gli avversari. Ironizzando sul fatto che il reddito di cittadinanza sia destinato alle sole famiglie italiane. Una nota stonata per Renzi, e per tutti gli ex compagni di partito, che lanciano strali contro il M5S anche su questo aspetto perché non è in linea con i principi democratici e di uguaglianza alla base del nostro diritto, a partire dall’articolo 3 della Costituzione che asserisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Per poi passare alla legge Mancino, dal nome dell’ex Ministro dell’Interno Nicola Mancino, che ne fu il proponente,emanata con il decreto legge 26 aprile 1993 n. 122 – convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993, n. 205 – che sanziona la discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Per Di Maio però il limite di cittadinanza non è una discriminante e ha ben altra un’altra lettura: quella di legare un individuo e uno stato, grazie a un diritto ottenuto che definisce non solo i suoi diritti, ma anche i suoi doveri allo scopo di evitare che questa misura assistenziale voluta per contrastare la povertà perda il suo significato e obiettivo. Anche perché a tutti è offerta l’opportunità di ottenere la cittadinanza italiana, e se proprio proprio si vuole trovare il famoso pelo nell’uovo, forse l’unico aspetto che si dotrebbe ridiscutere sono le tempistiche per ottenerla ad oggi troppo lunghe.
Al momento fare pronostici è difficile. Secondo un rapporto dell’Anpal – l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – nel 2016 poco meno di 3 milioni di italiani hanno avuto almeno un contatto con un centro per l’impiego e di questi solo in poco più del 2%, all’incirca 40mila persone – secondo Istat – hanno trovato lavoro. Ma ora che il Governo ha deciso di stanziare 10 miliardi di euro per migliorare il circuito occupazionale, la strada appare apparentemente in discesa. Il vicepremier Di Maio ha spiegato di voler puntare su un sistema digitale e il dipartimento per lo sviluppo dell’agenda digitale di palazzo Chigi pare abbia già ricevuto le indicazioni per sviluppare un’applicazione dedicata al dialogo con i cittadini.
Un piano ambizioso che dovrà coinvolgere i 552 centri per l’impiego, che dovranno farsi carico del compito di svolgere percorsi di formazione e prestare dei servizi gratuiti nel Comune di residenza per ottenere il sussudio governativo. Un’impresa considerata temeraria dall’ex premier Renzi, che dal palco della Leopolda, assieme al deputato ed ex ministro dell”Economia, Pier Carlo Padoan, con il quale ha aperto questo appuntamento con gli elettori con una “contro-manovra” economica alternativa a quella dell’attuale esecutivo, promette battaglia. Puntando l’indice verso il futuro sui giovani, parlando di innovazione insomma puntando di nuovo su quelli che sono stati i suoi migliori cavalli di battaglia, visto che il governo Renzi in tema di innovazione e startup era stato molto attivo, con norme, agevolazioni e risorse per la startup policy inaugurata nel 2012 con il decreto Crescita 2.0, grazie alle quali era riuscito a coinvolgere personalità di spicco per gestire la digitalizzazione del Paese, dimostrando in più occasioni di considerare, anche simbolicamente, quella dell’innovazione digitale una sfida chiave per l’Italia.
Nell’apparente competizione tra leggi di bilancio alternative, i democratici rischiano di apparire ancora divisi. Visto che il Pd, pochi giorni fa, aveva già presentato le sue ricette economiche alternative con Maurizio Martina che su Twitter aveva lanciato un tweet con l’hashtag #contromanovra.
«Vediamo adesso cosa succede con l’Europa», ha detto Silvio Berlusconi a Bolzano per chiudere la campagna elettorale di Forza Italia in vista delle provinciali di domenica. «Io sento un’atmosfera molto pesante nella quale cominciano ad essere a rischio le nostre libertà oltre che il nostro benessere. Loro dicono di ispirarsi allo Stato etico, che è lo Stato che sceglie per i suoi cittadini al posto dei cittadini, cosa è bene e male per loro. E’ la negazione della libertà, è l’anticamera della dittatura, quindi io comincio ad essere molto molto preoccupato».
Nelle ultime ore il dibattito si è spostato anche sui social, in seguito a un tweet pubblicato da Maria Elena Boschi riferito alla Leopolda: “Ci siamo! Alla non edizione della Leopolda. Sarà un ritorno al futuro: mentre il Governo gioca con la tenuta dell’economia – scrive l’ex sottosegretaria -, discuteremo di una contro-manovra per tutelare i risparmi degli italiani e il futuro dei giovani”. Una frase alla quale Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sempre su Twitter, ha replicato ironicamente rivolgendosi alla Boschi: “Tutelare i risparmi degli italiani? Lei e Renzi? Ma è seria?“.
Insomma per ora la battaglia è a tutto campo e per il M5S è fuor di dubbio che l’attuazione delle politiche contemplate nella legge di Bilancio sarà un banco di prova sul quale si giocheranno proprio tutto.
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