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ECCO I NUMERI DEI LAVORATORI. INGEGNERI E OPERAI SPECIALIZZATI FRA I PIU’ RICERCATI


 

di Paola Garavaglia

Secondo Istat, nel terzo trimestre del 2018  i miglioramenti retributivi conseguenti al rinnovo contrattuale per la quasi totalità dei dipendenti pubblici hanno portato a una crescita prossima al due per cento. Nel settore privato invece si è registrata una decelerazione che deriva da un marcato rallentamento della crescita retributiva. Alla fine di settembre 2018 facendo riferimento al 77,4% del monte retributivo  i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica sono stati 53, e hanno riguardato 9,8 milioni di dipendenti (75,8% del totale). Nel periodo luglio-settembre è stato rinnovato solo l’accordo dell’edilizia mentre altri due sono venuti a scadenza: telecomunicazioni e commercio. Complessivamente i contratti in attesa di rinnovo a fine settembre sono risultati 22, relativi a circa 3,1 milioni di dipendenti (24,2%), invariati rispetto al mese precedente.

Complessivamente, nei primi nove mesi del 2018 la retribuzione oraria media è cresciuta dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2017. Per la precisione dell’1,1% per i dipendenti del settore privato (+1,1% nell’industria e +1,0% nei servizi privati) e del 4,1% per quelli della pubblica amministrazione.

I settori che hanno presentato i maggiori incrementi  sono stati quelli  dei vigili del fuoco (+9,8%), dei militari-difesa (+6,4%) e delle forze dell’ordine (+6,1%). Le variazioni tendenzial minori somo avvenute  nella metalmeccanica e nei servizi di comunicazione e informazione (entrambi +0,8%) e nei servizi privati (+0,2%).

Ad ottobre, sono anche aumentate le imprese che hanno programmato assunzioni, ma il vero problema, secondo le indicazioni che emergono dai programmi occupazionali delle imprese dell’industria e dei servizi, monitorate dal Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, sono le difficoltà che ci sono nel fare incontrare domanda e offerta di lavoro, che hanno sfiorato percentuali da record lo scorso anno.

Su circa 370mila contratti di lavoro da stipulare entro fine mese (31mila in più rispetto a un anno fa), il 29% presenterà difficoltà di reperimento (era il 25% a ottobre 2017). Sono però sensibili le differenze territoriali: si passa da un massimo intorno al 42% di difficoltà riferite alle province di Pordenone, Lecco, Ferrara e Bologna a valori decisamente più contenuti (intorno al 15%) a Brindisi, Benevento, Taranto e Ragusa.

Tra i profili professionali più difficili da reperire si contano i tecnici in campo ingegneristico (61,2%), quali ad esempio tecnici addetti alla programmazione di macchine a controllo numerico e tecnici per la gestione, manutenzione ed uso di robot industriali; gli operai specializzati nella lavorazione dei metalli (58%), tra cui fonditori, saldatori, fabbri; gli addetti a macchinari dell’industria tessile (50,3%); gli ingegneri (49,8%); gli operai di macchine automatiche (49,7%); gli elettromeccanici (47%), come ad esempio installatori, montatori, manutentori di macchinari per impianti industriali, di apparecchiature elettriche, elettroniche, informatiche.

La domanda di lavoro espressa dalle imprese in questo mese si caratterizza anche per una ricerca più accentuata di personale ad alta qualificazione: rispetto a ottobre 2017, aumenta di 1,3 punti percentuali la quota di contratti che verranno offerti ai Dirigenti e alle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione e di 0,7 punti percentuali quella destinata alle professioni tecniche. La maggior domanda fa innalzare anche la difficoltà di reperimento che, per le professioni tecniche, raggiunge addirittura il 35,7% delle entrate programmate.

Made in Italy e meccatronica i settori che registrano le maggiori difficoltà di incontro domanda-offerta di lavoro, a partire dalle industrie metallurgiche e dei prodotti di metallo (48%), industrie tessili, dell’abbigliamento e calzature (45%), industrie meccaniche ed elettroniche (43%), industrie del legno e del mobile (40%). Fra i motivi alla base del mismatch l’esiguo numero di candidati ma, al tempo stesso, una preparazione non in linea con le richieste da parte delle imprese riguardo il possesso di specifiche competenze e qualificazioni, a partire dalla capacità di stare al passo con l’innovazione.

Cresce di oltre due punti percentuali rispetto allo scorso anno anche la quota di imprese che ha in programma ingressi di personale, passando dal 14,5% di ottobre 2017 al 16,8% del mese in corso. A tenere maggiormente il passo sono soprattutto il comparto dei servizi alle imprese (oltre 1 impresa su 5 ha in programma di attivare nuovi contratti), dei servizi alle persone (il 16,9% delle imprese prevede nuove entrate) e del turismo (16,7%).

Su base territoriale Milano, Torino, Brescia, Bergamo e Varese sono le province del Nord Ovest in cui è previsto il maggior numero di contratti;  in queste province, particolari difficoltà di reperimento vengono evidenziate nei territori del bresciano (con una quota del 35,4%) e specialmente in quelli che ricadono nei Centri per l’impiego di Leno, Sarezzo e Breno. Nel Nord Est, guidano la graduatoria delle entrate le province di Bologna, Verona, Padova, Treviso e Vicenza: il territorio bolognese è, poi, anche quello dove le imprese segnalano fino a 42 ingressi su 100 difficili da trovare (con picchi nei comuni dei Centri per l’impiego di Minerbio, Alto Reno Terme e San Giovanni in Persiceto). Nel Centro sono in testa in termini di entrate Roma, Firenze, Latina, Perugia e Ancona: è Perugia a detenere il primato per difficoltà di reperimento (33,4%, con un massimo nel Cpi di Città di Castello), mentre a Roma solo circa un’entrata su 5 presenta criticità (al di sotto della media nazionale). Infine, nel Sud e Isole, gli ingressi programmati toccano il massimo nelle province di Napoli, Bari, Salerno, Palermo e Catania; generalmente più contenute le difficoltà di reperimento che vanno dal 27,5% di Napoli al 16,8% di Palermo.

 



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