Stabile il numero dei cittadini non comunitari
In Italia sono 3.714.934 i cittadini non comunitari, con un regolare permesso di soggiorno, poche centinaia in più rispetto all’anno precedente, questi i dati di una recente ricerca di Istat. La lieve crescita dei permessi di soggiorno tra un anno e l’altro è dovuta sia all’incremento che hanno registrato i flussi in ingresso sia al calo delle acquisizioni di cittadinanza durante il 2017.In generale, tra il 2017 e il 2018, è diminuito il numero di cittadini non comunitari provenienti dall’Europa (-17.462) e dall’Africa settentrionale (-11.400). Alla base dei decrementi che hanno interessato queste zone c’è il calo dei permessi che ha coinvolto i principali paesi dell’area: Albania (-11.498, -2,6% sul 2016) e Marocco
(-11.670, -2,6%). Al contrario, gli aumenti più consistenti si rilevano per l’Africa Occidentale (+25.309, +7,2%) e per l’Asia Centro-meridionale (+14.190, +2,8%). L’incremento più evidente ha interessato la Nigeria (+10.070), seguita da Pakistan (+7.037), Bangladesh (+7.012) e Gambia (+3.419).
Diminuiscono i permessi nelle regioni del Centro (-8.436, -0,9%) e del Nord-est (-7.609; -0,8%). Al contrario, il numero di cittadini non comunitari cresce lievemente nel Nord-ovest (+1.736, +0,1%) e in misura maggiore nel Mezzogiorno (+2,8%). Tuttavia, il calo registrato in alcune aree, dove in passato la presenza straniera si è radicata, è determinato in larga parte dalle acquisizioni di cittadinanza.
Il Centro-Nord si conferma l’area con la più alta presenza di cittadini non comunitari regolarmente presenti: il 35,8% ha un permesso rilasciato/rinnovato nel Nord-ovest, il 25,9% nel Nord-est, il 23,9% al Centro e il 14,3% nel Mezzogiorno. La Lombardia è la regione in cui vivono prevalentemente gli stranieri non comunitari (25,6%), seguita da Emilia-Romagna (11,5%) e Lazio (11,1%). A livello di provincia la presenza è più forte a Milano, Roma, Brescia, Torino, Bergamo e Firenze. Nelle sole province di Milano (12,0%) e Roma (9,3%) vive circa un quinto degli stranieri non comunitari. Per otto delle prime dieci collettività la regione prevalente di presenza è la Lombardia; per i cittadini del Bangladesh il Lazio e per i moldavi il Veneto.
Cresce – anche se di poco – la componente più stabile della popolazione non comunitaria in Italia: i permessi di lungo periodo sono passati da 2.255.481 nel 2017 a 2.293.159 nel 2018 (circa il 62% della presenza regolare)]. Per quattro collettività (Moldova, Ucraina, Albania e Marocco) la quota di soggiornanti di lungo periodo si colloca oltre il 70%. La crescita maggiore ha interessato la Cina (da 51,0% a 56,0%) seguita dalla Moldova (da 71,2% a 75,6%). A livello territoriale, l’aumento si registra soprattutto al Centro e nel Mezzogiorno dove l’incidenza dei soggiornanti di lungo periodo resta comunque ampiamente al di sotto della media, mentre nel Nord-est arriva al 68% della presenza non comunitaria.
Le donne – che rappresentano il 48,3% dei cittadini non comunitari – continuano a diminuire: al 1° gennaio 2018 si registrano 8.607 permessi in meno rispetto al 2017. La componente femminile è molto variabile a seconda delle collettività considerate: è prevalente per Ucraina (78,8%) e Moldova (66,8%), in netta minoranza per Pakistan (28,3%), Bangladesh (27,3%), ed Egitto (31,7%).
I minori sono il 21,7% della popolazione comunitaria regolarmente presente. Si tratta di una percentuale abbastanza elevata se si pensa che l’incidenza dei minori sulla popolazione residente in Italia è di poco superiore al 16%. La quota di minori sul totale delle presenze varia sensibilmente a seconda delle collettività considerate: dal 32,9% per l’Egitto all’8,8% per l’Ucraina.
Cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti, indicatori per cittadinanze selezionate. 1° gennaio 2017 e 1° gennaio 2018, valori assoluti e percentuali
Fonte: elaborazioni Istat su dati del Ministero dell’Interno
Tornano a crescere i nuovi permessi
Nel corso del 2017 è aumentato il numero di nuovi permessi rilasciati: 262.770, il 16% in più rispetto ai 226.934 del 2016.
I nuovi flussi sono caratterizzati da una notevole prevalenza di uomini che rappresentano più del 60% degli ingressi.
Le migrazioni per lavoro toccano un nuovo minimo storico, sono il 4,6% (12.200) del totale dei nuovi permessi. Continuano a crescere, al contrario, i flussi per asilo e protezione umanitaria (+23.138 permessi rispetto al 2016, +29,7%): con oltre 101mila nuovi ingressi arrivano al 38,5% del totale dei flussi (+4,2 punti percentuali rispetto al 2016), affermandosi come seconda motivazione di ingresso dopo il ricongiungimento familiare. I permessi per famiglia, continuano a rappresentare il più rilevante motivo di ingresso (43,2% dei nuovi rilasci) e, nonostante la diminuzione di quasi 2 punti percentuali della loro incidenza sul totale dei permessi (43,2% da 45,1%), crescono di 11.198 unità (+11,0%) rispetto al 2016 (Prospetto 2).
Sono però notevoli le differenze di genere: la richiesta di asilo è la prima motivazione di ingresso per gli uomini (54,3%), per le donne invece è il ricongiungimento familiare (64,5% degli ingressi).
La Nigeria si conferma, il primo paese di provenienza dei nuovi ingressi verso l’Italia: 26.843 nel 2017 (oltre 6mila in più sul 2016). Rispetto all’anno precedente crescono, anche se in misura più contenuta, gli ingressi da Bangladesh (+5.354), Albania (+2.496), Senegal (2.424) e Marocco (+1.116). Con 1.036 nuovi rilasci, il Gambia entra tra le prime 10 cittadinanze; tra queste ultime quelle che registrano una lieve diminuzione sono India (-902), Pakistan (-503) e Cina (-88).
Il profondo mutamento delle motivazioni di ingresso in Italia, rilevato a livello generale, si ritrova anche se si considerano le prime dieci cittadinanze. Nel 2017 per sette delle prime dieci collettività (per numero di ingressi) l’incidenza dei permessi concessi per lavoro resta sotto il 5%; la motivazione lavoro assume maggiore rilevanza solo per gli Stati Uniti d’America (34,0%)[2] e, anche se in misura più contenuta, per l’India (18,7%). Per tre Paesi – Gambia, Nigeria e Bangladesh – gli ingressi per lavoro hanno un’incidenza inferiore all’1%.
I permessi per studio sono una motivazione di rilievo per i nuovi ingressi di cinesi (35,7%), statunitensi (21,8%) e indiani (15,1%).
Richiedenti asilo ancora in aumento
Nel 2017 i nuovi permessi per asilo politico e protezione umanitaria sono aumentati del 29,7% rispetto all’anno precedente. La composizione di genere dei richiedenti asilo è particolarmente squilibrata: nell’85,8% dei casi si tratta di uomini. La quota di donne più elevata si registra per l’Ucraina (61,3%); seguono a larga distanza Nigeria (29,9%) e Costa D’Avorio (10,3%); per le altre prime 10 collettività la componente femminile si colloca sotto il 5%.
Cittadini non comunitari entrati in Italia nel 2016 e nel 2017, prime dieci cittadinanze e motivo del permesso. Anni 2016 e 2017, valori assoluti e percentuali
La graduatoria delle cittadinanze per numero di arrivi vede al primo posto la Nigeria (22.966) che da sola copre quasi il 23% dei nuovi richiedenti asilo. Per molte collettività gli ingressi per motivi legati all’asilo sono prioritari rispetto alle migrazioni per lavoro o ricongiungimento familiare. In particolare per Mali, Guinea e Gambia gli ingressi per asilo hanno un peso superiore al 90%. Per l’Ucraina la quota di ingressi per asilo e motivi umanitari si colloca invece intorno al 27,2%. I Paesi per i quali si osserva un incremento rilevante tra il 2016 e il 2017 sono il Bangladesh (+96,3%), la Guinea (+66,0%) e la Costa d’Avorio (+40,8%). Sono diminuiti invece gli ingressi per richiesta di protezione dei cittadini pakistani (-16,2%).
Una quota rilevante dei cittadini non comunitari arrivati in Italia per richiesta di asilo e in cerca di protezione non si stabilizza sul territorio. Considerando i migranti giunti in Italia tra il 2012 e il 2017, al 1° gennaio 2018 risulta che poco più del 46% è ancora iscritto in un’anagrafe italiana.
Il Nord-ovest accoglie il 26,2% dei richiedenti asilo e delle persone sotto protezione umanitaria, il Nord-est il 19,4%, il Centro il 17,8%. Con il 36,6%, il Mezzogiorno è l’area che accoglie la percentuale più elevata di questi nuovi flussi, per i quali rappresenta senz’altro la porta di ingresso principale.
Dal punto di vista territoriale questo tipo di permessi è stato concesso soprattutto in Lombardia (15,1%), seguita da Campania (11,0%) ed Emilia Romagna (8,2%). La redistribuzione territoriale dei migranti, perseguita dalle recenti politiche migratorie, ha ridotto la concentrazione dei nuovi arrivati nel Mezzogiorno, in particolare la Sicilia ha visto ridurre negli ultimi anni la quota di nuovi permessi emessi per asilo e protezione umanitaria.
Le province più interessate sono nell’ordine: Milano (6.053), Napoli (4.407) e Roma (2.578). Milano e Napoli hanno fatto registrare notevoli incrementi nell’accoglienza di cittadini non comunitari entrati per asilo politico o motivi umanitari tra il 2016 e il 2017 (rispettivamente +73,0% e +71,8%). L’incremento maggiore tra le principali mete di destinazione ha interessato Torino (+374,8%), mentre sono diminuiti i flussi in ingresso verso Catania (-38,8%).
Cittadini non comunitari entrati in Italia PER ASILO POLITICO E MOTIVI UMANITARI nel 2017, INDICATORI prime dieci cittadinanze
(a) Nella tabella sono state considerate le famiglie con intestatario di famiglia non comunitarioFonte: elaborazioni Istat su dati del Ministero dell’Interno e dati delle Liste Anagrafiche Comunali
(b) Sono inclusi anche eventuali parenti dell’intestatario del foglio di famiglia
Dal confronto tra la distribuzione territoriale dei flussi in ingresso per motivi di famiglia e quella dei nuovi permessi rilasciati per asilo emerge che al Centro-nord prevale il modello migratorio della stabilità, alimentato soprattutto da nuovi flussi per ricongiungimento familiare, mentre nel Mezzogiorno sono più frequenti i flussi dettati dall’emergenza, con ingressi rilevanti per asilo e un numero più contenuto di migrazioni di tipo familiare.
Cittadini non comunitari entrati in Italia nel 2017 PER M,OTIVI FAMILIARI E PER ASILO POLITICO E MOTIVI UMANITARI.(a) Anno 2017, Province, valori assoluti
Al Nord le coppie con figli, al Centro-Sud le famiglie unipersonali
Al 1° gennaio 2018 le famiglie con almeno un cittadino non comunitario residenti in Italia sono quasi 1 milione e 300mila.
Considerando i cittadini non comunitari che vivono in famiglia, si stima che il 33,8% viva da solo, il 15,9% in famiglie di 2 componenti, il 16,3% in famiglie di 3 componenti, il 17,5% in famiglie di 4 componenti, il 16,5%, infine, si colloca in famiglie con 5 componenti e più.
Considerando solo le famiglie con intestatari del foglio di famiglia non comunitari si può notare che, subito dopo le famiglie unipersonali, che coprono quasi il 44% del totale, assumono rilievo le coppie con figli, che rappresentano il 26,4%. Le famiglie monogenitore sono l’8,0% del totale.
Per quasi tutte le prime 10 collettività prevalgono le famiglie unipersonali, in particolare per gli ucraini rappresentano il 69,5%. Soltanto per gli albanesi e i marocchini si registra una prevalenza di coppie con figli (rispettivamente 51,3% e 37,3%). Per l’Albania, in particolare, la quota di famiglie unipersonali è minima (poco più del 17%). Le famiglie monogenitore sono particolarmente diffuse tra gli originari della Moldova (12,7%). Per la collettività cinese assumono rilievo le forme familiari più complesse che prevedono la presenza di altri parenti o altri conviventi.
FAMIGLIE CON ALMENO UN CITTADINO non comunitario REGOLARMENTE SOGGIORNANTE PER NUMERO DI COMPONENTI . Anno 2018, valori percentuali
Le famiglie unipersonali sono la forma più diffusa al Centro e al Mezzogiorno; nel Nord-est prevalgono invece le coppie con figli mentre nel Nord-ovest le famiglie unipersonali e le coppie con figli hanno la stessa incidenza. Le famiglie unipersonali assumono particolare rilievo nelle Isole, verosimilmente per la funzione di porta di ingresso che riveste la Sicilia.
Le famiglie miste composte da italiani e stranieri sono circa 322mila e risultano più diffuse nel Nord-est rispetto alle altre ripartizioni. Sono più numerose tra albanesi e marocchini; in alcuni casi si potrebbe trattare di coppie solo “apparentemente” miste, visto il numero elevato di acquisizioni di cittadinanza che ha interessato le due collettività.
FAMIGLIE DI CITTADINI NON COMUNITARI PER TIPOLOGIA FAMILIARE al 1° gennaio 2014 e 2018, valori assoluti e percentuali (a)
Fonte: elaborazioni Istat su dati del Ministero dell’Interno e dati delle Liste Anagrafiche Comunali
(a) Per la situazione iniziale al 2014 qualora l’informazione fosse mancante è stata recuperata dal dataset riferito al 2015; nel caso della situazione a fine periodo nel caso in cui l’informazione non fosse disponibile è stata recuperata nel dataset del 2017
(b) Sono inclusi anche eventuali parenti dell’intestatario del foglio di famiglia
Nel 2014, a ridosso dell’ingresso di questi cittadini nel nostro Paese, quasi il 32% viveva in famiglie anagrafiche unipersonali. Tra il 2014 e il 2018 il 28% di queste si trasforma in altre forme familiari in particolare quasi l’11% vive in coppia con o senza figli. Le modifiche più rilevanti nell’arco di tempo considerato riguardano le coppie senza figli e quelle monogenitore che diventano, in molti casi, alla fine del periodo coppie con figli. Le forme familiari più complesse, ricomprese nella modalità “altre tipologie”, in quasi il 20% dei casi a quattro anni dall’ingresso si trasformano in coppie con figli. Come ci si poteva attendere le coppie con figli sono invece la forma familiare più stabile: restano tali nel 77,2% dei casi.
In calo le acquisizioni di cittadinanza
Nel 2017, i cittadini non comunitari che hanno acquisito la cittadinanza sono 135.814. Per la prima volta, dopo più di dieci anni di crescita, tra il 2016 e il 2017, si registra un calo del 26,4% delle acquisizioni di cittadinanza.
A subire il calo più consistente rispetto all’anno precedente sono state le acquisizioni ottenute per residenza e quelle per trasmissione dai genitori ed elezione al compimento del diciottesimo anno di età; la diminuzione è evidente sia in termini assoluti (rispettivamente -29mila e -25mila circa) che percentuali (-4,7% e -3,7%). Crescono invece le acquisizioni per matrimonio (+4mila, +6,1%).
Grazie all’integrazione di nuove fonti disponibili, dal 2016 è possibile individuare anche coloro divenuti italiani per ius sanguinis, ovvero per nascita da padre o madre cittadino italiano. Si tratta di un collettivo in crescita: nel 2016 erano circa 7mila individui (il 3,8% di tutte le acquisizioni di cittadini non comunitari), saliti a 8.211 nel 2017 (6,1% del totale).
Le dinamiche evidenziate si riflettono naturalmente sulla struttura per età di coloro che acquisiscono la cittadinanza italiana: la diminuzione delle acquisizioni per trasmissione dai genitori ed elezione al 18° anno di età ha comportato un calo nella classe d’età più giovane, che dal 2013 ha sempre avuto un peso relativo superiore al 40% e nel 2017 è scesa a poco meno del 38% del totale. Cresce invece di 2 punti percentuali la classe d’età 30-39 anni (passando dal 17,3% al 19,3%) (Prospetto 8).
Dal punto di vista del territorio, la distribuzione delle acquisizioni di cittadinanza appare piuttosto eterogenea. In valore assoluto, il numero più elevato di acquisizioni di cittadini non comunitari nel 2017 si registra nella provincia di Milano (10.887), seguita da Brescia (8.233), Roma (6.571) e Bergamo (6.122). Nel Sud e nelle Isole, in particolare in Sardegna, si rileva invece il numero più basso di nuovi italiani. Misurando l’incidenza dei nuovi italiani sul totale della popolazione non comunitaria residente, si osservano valori più elevati per le province del Nord: in particolare Valle d’Aosta e Vicenza hanno fatto registrare valori pari a circa 8 acquisizioni ogni 100 residenti; a seguire Bolzano, Pordenone, Pistoia, Brescia, Bergamo e Treviso con 6 acquisizioni ogni 100 residenti. Le province di Sassari, Napoli e Crotone sono quelle con l’incidenza minore, al di sotto dell’1% (Figura 4). La variazione percentuale delle acquisizioni del 2017 rispetto all’anno precedente mette in luce il calo generalizzato sul territorio; tale variazione negativa è stata particolarmente rilevante per le province di Bari e Torino, dove il calo ha toccato il 60%. Spiccano anche Sassari, Arezzo e Ascoli Piceno in cui il numero di acquisizioni si è pressoché dimezzato. Sono solo 23 le province che hanno incrementato il numero di acquisizioni rispetto all’anno precedente, prime fra tutte Matera e Catanzaro dove i nuovi italiani sono quasi raddoppiati.
I cittadini non comunitari che nel 2017 sono divenuti italiani sono equamente ripartiti per genere; tuttavia le modalità di accesso alla cittadinanza differiscono per uomini e donne (Figura 5). Di 100 acquisizioni per matrimonio, 85 riguardano donne (per loro una acquisizione su quattro avviene con quest’ultima modalità). Si tratta di un dato in controtendenza, visto che la quota di procedimenti avviati da cittadine non comunitarie a seguito di matrimonio – che nel 2011 rappresentava più della metà del totale delle acquisizioni femminili – era progressivamente diminuita negli ultimi anni, fino a riguardare solo il 15,4% del totale nel 2016.
Gli uomini, invece acquisiscono la cittadinanza italiana prevalentemente per residenza: sono maschi oltre il 60% di coloro che diventano italiani per questo motivo.
Acquisizioni di cittadinanza di cittadini non comunitari, per motivo e sesso
Anni 2015, 2016 valori assoluti
Anche nel 2017, in linea con il 2016 ma con valori assoluti decisamente ridotti, il numero maggiore di acquisizioni riguarda albanesi (27.112) e marocchini (22.645), collettività storicamente presenti sul nostro territorio e che da sole arrivano a coprire quasi il 37% delle acquisizioni che si sono verificate in Italia nel corso del 2017 .
Acquisizioni di cittadinanza di cittadini non comunitari, PRINCIPALI CITTADINANZE
Anni 2016 – 2017 valori assoluti
Il numero dei cittadini brasiliani divenuti italiani continua a crescere, collocandosi al terzo posto nella graduatoria delle principali cittadinanze con quasi 10mila nuovi cittadini italiani; si deve sottolineare che, per il Brasile, si tratta di acquisizioni avvenute per oltre il 70% dei casi in base allo ius sanguinis, ovvero al diritto di ottenere la cittadinanza italiana in quanto figli o discendenti di cittadini italiani. Seguono, ma con un numero molto più contenuto di provvedimenti, India (8.200) e Pakistan (6.170).
Spicca tra i primi dieci paesi l’assenza della Cina, una collettività numerosa e caratterizzata da un periodo di presenza sufficientemente lungo per consentire l’accesso alla cittadinanza per residenza. I cinesi, tuttavia, che già mostrano un accesso più contenuto ai permessi di soggiorno di lungo periodo, anche riguardo le acquisizioni si collocano, con meno di 1.600 provvedimenti, solo al diciottesimo posto per numero di nuovi italiani, mostrando poco interesse all’acquisizione della cittadinanza.
Nel complesso, tra il 2013 e il 2017 hanno acquisito la cittadinanza circa 636mila cittadini non comunitari. Di questi, oltre 558mila (87,8%) sono ancora residenti nel nostro Paese al 1° gennaio 2018. Quasi il 93% risiede in una regione del Centro-Nord, nel 36% dei casi si tratta di minori e oltre il 42% ha acquisito la cittadinanza per residenza. Il rapporto tra i sessi è abbastanza equilibrato a livello generale, mentre si riscontrano quote sbilanciate per le diverse collettività. Del tutto peculiare è il profilo dei nuovi italiani di origine brasiliana con un’elevata percentuale di donne (58,4%), una ridotta quota di minori (9,5%), una maggiore distribuzione sul territorio (meno dell’80% risiede nel Centro-Nord) e una quota molto meno elevata della media di acquisizioni per residenza. Per i brasiliani si riscontra anche una minore propensione a restare in Italia: solo il 66% di coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana tra il 2013 e il 2017 risiedono ancora nel nostro Paese al 1°gennaio 2018.
L’acquisizione di cittadinanza non sempre si traduce in una stabilizzazione sul territorio. Negli anni recenti, infatti, è emersa anche una tendenza dei nuovi cittadini a lasciare l’Italia.
Per comprendere i comportamenti dei nuovi cittadini italiani sono state seguite, con un approccio longitudinale, le “coorti” di coloro che hanno acquisito la cittadinanza tra il 2012 e il 2017 per osservare la loro propensione a lasciare il Paese successivamente all’acquisizione, le caratteristiche di quanti si sono cancellati dall’anagrafe nel periodo considerato e le destinazioni che hanno scelto.
Tra i quasi 669mila cittadini non comunitari divenuti italiani tra il 2012 e il 2017, circa 42mila hanno trasferito la residenza all’estero nello stesso periodo, di cui il 42,1% (17.588) solo nel 2017.
Coloro che sono divenuti cittadini italiani mostrano una differente propensione ad emigrare a seconda della cittadinanza. Dei 20.487 brasiliani che hanno acquisito la cittadinanza italiana negli ultimi 6 anni, oltre 6mila hanno poi lasciato il nostro Paese, con un’incidenza superiore al 29%. A seguire si evidenziano Bangladesh, con quasi 22 emigrazioni ogni 100 acquisizioni di cittadinanza, e Pakistan, poco più di 11 ogni 100 (Figura 7); più contenuti i valori dell’India, per la quale si registrano comunque più di 9 trasferimenti ogni 100 acquisizioni.
Interessante notare che le due collettività che più si avvalgono dell’acquisizioni di cittadinanza, quella marocchina e quella albanese, emigrano molto meno frequentemente dopo essere diventati italiani: circa il 7% nel caso dei marocchini e l’1,2% in quello degli albanesi.
Tra le prime 10 collettività solo i brasiliani hanno come prima destinazione di emigrazione il paese di origine, per tutti gli altri la meta è un’altra nazione europea: per quattro collettività si tratta del Regno Unito. Anche la Germania risulta una meta diffusa per i migranti che hanno acquisito la cittadinanza. Per gli originari del Marocco e della Tunisia la meta principale è la Francia. Per alcune collettività si rileva una forte concentrazione dei flussi verso alcuni paesi, in particolare il Regno Unito attira in maniera quasi esclusiva le migrazioni degli originari del Bangladesh (94,5%) del Ghana (87,9%) e del Pakistan (84,8%).
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