Bocciato dalla Camera dei Comuni britannica con 432 no contro 202 sì, l’accordo con Bruxelles sul divorzio dall’Ue raggiunto a novembre dalla premier Tory, Theresa May.
Un duro colpo per la May, che ha subito pure l’affondo del leader laburista Jeremy Corbyn che ieri ha presentato una mozione di sfiducia al governo Tory. Accusata di non essersi mai messa al tavolo con l’opposizione per scongiurare un no deal e di aver privilegiato gli interessi del Partito Conservatore su quelli del Paese, Corbyn ha chiesto alla Camera di prendere atto dell’incompetenza di questo governo.
La premier ha detto che il no all’accordo è chiaro, ma che non sono emerse chiaramente altre proposte sul tavolo. E ha insistito, in caso di fiducia, sulla volontà di andare avanti e di continuare a lavorare per attuare la Brexit. Il portavoce del Dup, il partito degli unionisti nordirlandese, ha annunciato che voterà la fiducia alla May. I 10 voti del Dup sono decisivi per assicurare la maggioranza al governo.
Molti gli scenari possibili che si intravedono nel prossimo futuro, che potrebbero essere: nessun accordo, un secondo referendum, un’elezione generale o un secondo voto, forse dopo una fase di rinegoziazione con l’Europa. Per ora nulla è chiaro e la May senza il consenso del Parlamento e valide alternative ora si sente sui carboni ardenti.
L’unica certezza è che, in assenza di altre azioni da parte del Parlamento o del Governo, il Regno Unito lascerà l’Unione europea il 29 marzo 2019. Anche senza il consenso del Parlamento.
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