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11 MARZO 2011, IL DISASTRO CHE HA CAMBIATO LA STORIA DEL GIAPPONE


di Shi Zhang

Oggi il Giappone si ferma a commemorare l’ottavo anniversario dalla catastrofe di Fukushima, conosciuto come il triplice disastro, perché tre furono le catastrofi che colpirono lo stesso giorno il Paese: il sisma di magnitudo 9, che ha generato il successivo tsunami e l’incidente alla centrale nucleare con il propagarsi delle radiazioni. Alle 14:46 in punto, un minuto di silenzio è stato osservato al Teatro nazionale di Tokyo, l’esatto orario in cui il terremoto si è verificato l’11 marzo 2011, e lungo i litorali della costa del Tohoku, nel Giappone nord orientale, devastate dall’onda anomala.

Wakana Kumagai, 7 anni, in una foto dell’11 marzo 2012, un anno dopo il terremoto e il disastro nucleare, nel punto dove prima si trovava la casa in cui viveva con i genitori e i fratelli a Higashimatsushima, nella prefettura di Miyagi. Tutti riuscirono a salvarsi perché il padre riuscì ad avvisare in tempo sua mamma e a dirle di portare i bambini alla scuola elementare di Omagari, che fungeva da riparo. ph. REUTERS / TORU HANAI

Quella di Fukushima fu una catastrofe nucleare, la più grande dopo Chernobyl nel 1986, che costrinse migliaia di persone a fuggire dalle loro case. Oltre 22.000 le persone uccise o disperse e migliaia i feriti.

A seguito del disastro, la TEPCO fu costretta a pompare tonnellate di acqua nell’impianto per raffreddare i reattori. Il governo spese $ 15 miliardi per raccogliere il terriccio radioattivo dal sito.

La centrale è ancora disattiva e si presume resti ferma almeno fino al 2030.

Si è dovuto attendere 6 anni prima che iniziasse il processo ai tre ex dirigenti della Tokyo Electric Power Company (TEPCO, Tokyo Electric Power Company, conosciuta anche come Tōden, la più grande compagnia elettrica del Giappone), e vedere sul banco degli imputati l’ex presidente, Tsunehisa Katsumata, 77 anni e gli altri due dirigenti responsabili del settore nucleare, Ichiro Takekuro, 71 anni e Sakae Muto, 67 anni accusati di negligenza professionale e ritenuti colpevoli dei tre crolli dei generatori di emergenza necessari per raffreddare i reattori nucleari che avevano funzionato male dopo il terremoto di magnitudo 9,1 e lo tsunami, che nelle stesse ore aveva colpito quell’area del Giappone.

Il processo ha anche rischiato l’archiviazione, ma una commissione di cittadini ordinari si è battuta affinché questo non accadesse. Entro la fine di quest’anno i giudici dovrebbero decidere e scrivere forse la parola fine con una sentenza su questa brutta storia. Katsumata, dopo essersi scusato per l’incidente, ha detto che “era impossibile da prevedere” un terremoto di magnitudo 9 che provoco’ lo tsunami che investi’ gli edifici della centrale nucleare, provocando il fermo dei sistemi di raffreddamento e la fusione del nocciolo dei reattori 1,2 e 3. Tuttavia e’ stato appurato che nel 2008 uno studio di una controllata della Tepco aveva avvertito sul rischio che la centrale potesse essere investita da una tsunami con onde alte fino a 15,7 metri, in base all’ipotesi avanzata da una commissione governativa della possibilità di un terremoto di magnitudo 8.

Katsumata ha negato di aver preso conoscenza del rapporto, che suggeriva la costruzione di un’adeguata barriera antitsunami, in particolare sul lato sud. Il caso poi volle che l’11 marzo 2011 le onde alte tra 14 e 15 metri non investirono la parte a sud ma quella a est.

Durante l’ultimo G20, quello del 2018, che si è svolto il 30 novembre e il 1º dicembre 2018 a Buenos Aires, in Argentina, il primo ministro giapponese Shinzo Abe aveva parlato del ruolo di primo piano del Giappone nell’affrontare le questioni climatiche e della sua intenzione di fare del cambiamento climatico un punto chiave della sua politica.

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ph. Russian crediti Presidential Press and Information Office

Peccato che nel frattempo, l’ostinata spinta di Abe per il riavvio delle centrali nucleari abbia invece provocato più che un malumore. Non soltanto per il pericolo decretato per il Paese da numerosi esperti, di un nuovo possibile disastro nucleare, ma anche per la sua mancanza di lungimiranza sul fronte dello sviluppo delle energie rinnovabili, che invece rappresentano la chiave di volta per il futuro. Basta dire che già nel 2013, secondo un rapporto dell’International Energy Agency (Iea), era stato stimato che l’energia prodotta da fonti rinnovabili fosse destinata a coprire a livello mondiale, un quarto della produzione di elettricità e un decimo del fabbisogno di calore (nel 2011 le rispettive percentuali erano del 20% e dell’8%). 

Tra le nazioni del G7, oggi il Giappone resta uno dei maggiori investitori nel carbone a livello globale e sta sovvenzionando l’esportazione di centrali elettriche a carbone anche in altri paesi come l’Indonesia e il Vietnam.

Fonti di energia non rinnovabili

La maggior parte dell’energia oggi utilizzata è ottenuta da combustibili fossili (petrolio, gas naturale,carbonee dall’uranio, che è un materiale fissile. Queste sono le cosiddette fonti di energia nonrinnovabili, destinate in periodi più o meno lunghi ad esaurirsi.

Fonti di energia rinnovabili

Le rinnovabili sono fonti energetiche diffuse, sparse, insite nella forza degli elementi, nell’acqua dei fiumi e degli oceani, nel vento e nel sole. Sono fonti di energia anche il calore del sottosuolo, le colture agricole, le correnti sottomarine e i venti d’alta quota, le onde del mare. Sono inesauribili, oltre a richiedere processi di generazione elettrica con basso impatto ambientale e produrre emissioni di CO2 minime o nulle.

Lo sviluppo delle rinnovabili quali vantaggi porterebbe?

Lo sviluppo degli impianti da fonti rinnovabili, scrive Lifegate, consentirebbe di ridurre la dipendenza dai paesi produttori di petrolio, di smettere di generare rifiuti pericolosi o difficili da smaltire, di dimenticare incidenti petroliferi, disastri in mare, rotture di piattaforme, oleodotti e condutture. La presenza diffusa delle fonti rinnovabili permetterebbe di pensare a un reticolato di generazione distribuita, che consentirebbe a sua volta di ridurre i costi per il trasporto dell’energia, di mantenere la ricchezza della produzione locale, e di non esportare capitali in Paesi lontani, in Medio Oriente o, peggio, nei Paesi che ospitano movimenti di terrorismo internazionale.

Secondo le previsioni Iea le rinnovabili arriveranno a fornire il 13,7% dell’energia primaria nel mondo per il 2030. Se i governi attueranno forme di incentivazione, arriveranno al 16%.



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