La BCW (Burson Cohn & Wolfe) un paio di giorni fa ha annunciato di essere stato proclamata vincitore, nella categoria Limited Memory, Product or Service – Large Company, del programma Artificial Intelligence Excellence Awards del Business Intelligence Group per la sua campagna adv per conto del cliente Boehringer Ingelheim che ha creato un AI chatbot che ha chiamato Tabatha per aiutare le persone a vivere meglio l’impatto che l’asma ha nella loro vita quotidiana. Un contatto “non umano” che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per restituire un dialogo strutturato all’utente finale. E rispondere in maniera automatica a domande specifiche.
Ma che cosa sono gli AI chatbot? “I chatbot”, spiega Ai 4 Business, “sono soluzioni software progettate per simulare una conversazione umana. Il termine deriva da “chatterbot” coniato nel 1994 da Michael Mauldin, il creatore del ChatBot Verbot, per descrivere i programmi di conversazione. Spesso i chatbot sono anche definiti “agenti intelligenti”, ma ce ne sono di numerose varianti. Alcuni si limitano a eseguire la scansione delle parole chiave che arrivano come input per elaborare una risposta con le parole chiave più corrispondenti, quindi con un funzionamento simile ai motori di ricerca. Altri, sono in grado di simulare il comportamento umano attraverso avanzati sistemi di riconoscimenti e analisi del linguaggio naturale”.
«Vogliamo portare l’intelligenza in ogni cosa, dappertutto, e per chiunque», ha detto Satya Nadella Ceo, di Microsoft, azienda che ha recentemente lanciato la chatbot “Zo” in grado di costruire sofisticati colloqui uomo-macchina. Ed è proprio attraverso strumenti di intelligenza artificiale (IA) di Microsoft che la School of Management del Politecnico di Milano ha sviluppato FLEXA, innovativa e rivoluzionaria piattaforma digitale di personalised e continuous learning, un digital mentor in grado di individuare e selezionare specifici contenuti, utili per il percorso di studi di ciascun utente.
Recentemente al Politecnico di Milano si è discusso di nuovo sull’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sull’occupazione. Sicuramente subiranno dei cambiamenti i lavori meccanici e ripetitivi, come quelli svolti dagli operai alla catena di montaggio e alla guida delle auto. Ma anche alcune attività nella ristorazione e nei supermercati. Passi da gigante l’automazione li sta facendo nel campo dei servizi. Secondo alcuni studi, entro il 2030 non ci saranno più call center “umani”, mentre in Giappone molti robot sono già operativi nell’assistenza agli anziani.
Però l’intelligenza artificiale, riporta il sito del Politecnico di Milano, ha anche dei limiti che in molti casi le impediscono di sostituirsi al lavoro umano. Kai-Fu Lee, noto esperto di intelligenza artificiale, imprenditore proprio in questo settore e autore del recente volume AI Superpowers: China Silicon Valley and the New World Order, ha individuato quattro debolezze dell’IA nella performance lavorativa:
- l’IA non può creare, concettualizzare o gestire una pianificazione strategica complessa;
- l’IA non può svolgere lavori complessi che richiedono una precisa coordinazione di mani e occhi;
- l’IA non può far fronte a spazi sconosciuti e non strutturati, specialmente quelli che non ha precedentemente osservato;
- l’IA, diversamente dagli umani, non può interagire con empatia e compassione (intesa come sensibilità), e quindi è improbabile che gli umani optino di interagire con un robot apatico per i tradizionali servizi di comunicazione.
Quali saranno le professioni che saranno immuni dall’invasione robotica, almeno nei prossimi 15 anni? Kai-Fu Lee, ha stilato una lista che ne cita almeno 10: psichiatria, terapia fisica, medicina, ricerca e ingegneristica nel campo dell’intelligenza artificiale, scrittura di fiction, insegnamento, avvocatura, scienza e ingegneristica nel campo dei computer, scienza, management. In tutte queste professioni l’IA potrà essere di aiuto, ma solo in senso collaborativo per la gestione di certi dettagli tecnici.
«Non vi è alcun dubbio che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale richiederà aggiustamenti e una grande dose di sacrifici», ha affermato Kai-Fu Lee, «ma disperarsi invece che prepararsi per ciò che è in arrivo è improduttivo e, forse, pure incauto». E poi ha aggiunto: «Dobbiamo ricordarci che la nostra capacità umana di avere compassione ed empatia sarà un bene prezioso per la forza lavoro del futuro, e che le attività che dipendono dalla cura, dalla creatività e dall’istruzione rimarranno vitali per la nostra società».
«Io credo che il miglior modo per avvicinarsi all’intelligenza artificiale sia ricondurla alle teorie che spiegano l’innovazione e l’imprenditorialità», ha concluso Federico Frattini, Associate Dean of Digital Transformation di MIP Politecnico di Milano e ideatore di FLEXA, «prendendo spunto da ciò che sosteneva l’economista austriaco Joseph Schumpeter quasi un secolo fa a proposito dei grandi cambiamenti che hanno avuto un impatto sull’economia e sulla società: “si creano nuove opportunità, nascono nuove aziende e nuove professionalità, altre evolvono e altre ancora, inevitabilmente, spariscono. Non possiamo certo opporci alle forze creative che hanno cambiato la società nel corso dei secoli”».
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