Menu Chiudi

SENSO CIVICO, QUANTO PESA NELLA VITA QUOTIDIANA DEGLI ITALIANI?


Si chiama “Aspetti della vita quotidiana” ed è una ricerca di Istat che rileva periodicamente alcuni comportamenti strettamente connessi al senso civico della popolazione, quali gettare cartacce in strada, parcheggiare in doppia fila e adottare comportamenti rumorosi alla guida. Nel 2016, l’indagine ha previsto un approfondimento specifico che ha permesso di rilevare un ampio set di informazioni volte a misurare anche il rapporto dei cittadini con il sistema delle norme. Questi i risultati.

Donne e anziani più rispettosi del decoro degli spazi pubblici

Nel 2018, l’84% delle persone di 18 anni e più dichiara di non gettare in alcun caso carte per strada. Si tratta di un comportamento rispetto al quale c’è maggiore attenzione che in passato: nel 2014 tale quota ammontava all’80,5%.

Le donne si mostrano più attente alle regole di comportamento: non getta carte in terra l’87,3% delle intervistate rispetto all’80,4% degli uomini mentre i giovani sono meno rispettosi degli anziani: il 72,5% dei 18-24enni a fronte del 90% delle persone di 75 anni e più.

Anche a livello territoriale le differenze sono significative. I cittadini del Nord sono meno propensi di quelli del Centro e del Sud a questo tipo di comportamento.

Minor senso civico quando si è alla guida

Tre quarti degli automobilisti riportano di non parcheggiare in doppia fila mentre poco più della metà (54,8%) fa abitualmente attenzione a non adottare comportamenti fastidiosi come suonare inutilmente il clacson. Anche in questo caso le donne sono più attente degli uomini (rispettivamente 77,9% contro 71,8% e 57,8% contro 52,4%).

Analoghe differenze si riscontrano a livello territoriale: i cittadini del Nord-est sembrano rispettare maggiormente alcune regole del codice stradale  rispetto ai connazionali che abitano nelle Isole. Nei grandi centri urbani l’abitudine a parcheggiare in doppia fila sembra molto consolidata: scende al 58% la quota degli automobilisti che dichiara di non  farlo.

I giovani sono più inclini degli anziani alla sosta in doppia fila mentre i comportamenti rumorosi alla guida interessano più gli adulti nelle età centrali rispetto a giovani e anziani.

Intransigenti nel gettare carta in terra, meno su fedeltà fiscale e raccomandazione

I giudizi sui comportamenti attinenti alla sfera civica mostrano un quadro di generale adesione, almeno formale, alla norma sociale e giuridica condivisa: nella grande maggioranza dei casi sono infatti improntati all’intransigenza. In tal senso, più che il quadro del civismo, i dati sembrano offrire una rappresentazione del grado di diffusione della desiderabilità sociale dei vari comportamenti.

Il decoro urbano, ad esempio, è uno degli aspetti sui quali i cittadini si mostrano più intransigenti. La quasi totalità non giustifica il gettare rifiuti in terra (88,7%) (Prospetto 2). Anche laddove sono ammesse eccezioni, si tende a giustificarle con il cattivo funzionamento del servizio di nettezza urbana (mancano i cestini o sono pieni: 6,4%) oppure si minimizza la portata del comportamento (per piccole cose o se già sporco: 3,2%). Come osservato in precedenza, la sensibilità verso il decoro trova conferma anche sul fronte dei comportamenti.

A livello territoriale non si osservano grandi divari nella valutazione. La condanna verso chi getta le carte a terra è largamente condivisa sul territorio, pur se leggermente più diffusa al Nord. Centro e Isole sono i contesti dove le carenze nel sistema di raccolta dei rifiuti sono più frequentemente evocate come attenuanti di un comportamento scorretto.

La scarsa qualità del servizio è riportata come giustificazione del mancato pagamento del biglietto sui mezzi pubblici dal 7,4% dei cittadini, anche se è alta la quota di chi non giustifica tale comportamento (85,4%). Da segnalare che proprio gli assidui fruitori dei servizi di trasporto sono meno intransigenti sul mancato pagamento del biglietto (75,6%). Il legame più evidente tra pagamento e qualità della prestazione di un servizio sembra quindi in grado di indurre differenze nella percezione del comportamento.

Minore intransigenza si rileva per i comportamenti alla guida: parcheggiare in divieto (il 74,8% non lo ritiene mai ammissibile) è più tollerato che usare il cellulare quando si è alla guida (79,6%). Nella prima circostanza la brevità della sosta (8,3%) e il non costituire ostacolo alla circolazione (8,4%) sono le principali circostanze portate a giustificazione del comportamento scorretto, seguite dalla insufficienza dei parcheggi (6,7%). L’uso del cellulare alla guida è giustificato principalmente per telefonate urgenti (14,4%), molto meno negli altri casi.

Per i comportamenti alla guida le graduatorie territoriali si invertono: i residenti al Sud sono più intransigenti di chi risiede al Nord, anche se, come già rilevato, parcheggiare dove è vietato è un comportamento che proprio gli abitanti del Sud adottano più diffusamente.

La contrapposizione tra intransigenti e tolleranti si osserva anche, a parità di età, tra uomini e donne: queste ultime sono più severe sull’inammissibilità di alcuni comportamenti che riguardano la quotidianità.

Il divario di genere si attenua tra le persone di 65 anni e più, età in cui l’intransigenza aumenta anche tra gli uomini.  

Le distanze di giudizio legate all’età variano a seconda dei comportamenti presi in esame, con gli anziani molto più intransigenti per il viaggiare senza biglietto e l’uso del cellulare alla guida; per altri aspetti, come gettare a terra cartacce le differenze si attenuano.

Il ricorso alla raccomandazione e l’infedeltà fiscale appaiono come elementi particolarmente critici nel rapporto tra cittadini e rispetto delle regole: meno di 7 persone su 10 le ritengono inammissibili.

Sulla ricerca del lavoro è particolarmente rilevante la quota di persone di 14 anni e più che ritengono giusto in alcuni casi farsi raccomandare (28,3%). La giustificazione più diffusa è la mancanza di alternative per ottenere un posto di lavoro (19,6%) mentre l’8,7% lo valuta un comportamento ammissibile se lo si merita.

Dal punto di vista territoriale, la pratica clientelare nella ricerca del lavoro è leggermente più accettata al Nord che al Sud e nelle Isole: la differenza  è riconducibile soprattutto alle quote più elevate di coloro che ritengono ammissibile la raccomandazione in presenza di merito (10,1% contro circa il 7%). La distanza territoriale è ancora meno evidente per chi ammette la raccomandazione come estrema ratio (se non c’è altro modo, 19-20%).

La raccomandazione è valutata con maggiore indulgenza tra i 18 e i 34 anni, una fascia di età in cui generalmente ci si affaccia nel mondo del lavoro; tra questi il 63% circa approva la pratica clientelare; più intransigenti giovanissimi (68%) e anziani (74%).

Tra i giovani, la minore intransigenza si associa a sentimenti di rassegnazione o a ragioni di merito: il 22,6% dei 18-24enni ritiene che sia giusto ricorrere alle raccomandazioni se non c’è altro modo per avere un lavoro e il 12% circa quando si è convinti di meritarlo (16,5% e 6,8% tra i più anziani). Quote più elevate di persone che considerano giusto farsi raccomandare per ottenere un posto di lavoro si rilevano poi tra i disoccupati (34,9%).

L’area della fedeltà fiscale è quella che registra il più basso livello di intransigenza: per il 29,3% delle persone è accettabile non pagare le tasse in alcuni casi. Tra le giustificazioni addotte, la bassa qualità dei servizi erogati (22%) e la presenza di evasione fiscale (5,4%) ma anche motivazioni di principio (“i soldi sono di chi se li guadagna”, 2%).

I giovani adulti (25-34 anni) sono più inclini a giustificare l’evasione fiscale – circa il 33,5% la considera accettabile in alcune circostanze – rispetto gli anziani (23,4%).

Oltre la metà dei cittadini ammette deroghe ad almeno un comportamento

Considerando il complesso dei comportamenti presi in esame, il quadro di sostanziale adesione alla norma sembra riguardare una quota di cittadini decisamente più ridotta: a ritenerli sempre ingiustificabili è solo il 42,4%. Più della metà della popolazione di 14 anni e più ammette dunque possibilità di deroga almeno per qualche comportamento.

In particolare, il 29,3% ammette eccezioni in relazione al pagamento delle tasse; una quota simile  (28,3%) per la raccomandazione, a conferma della particolare criticità di questi aspetti. Seguono, con percentuali più basse, parcheggiare dove non è consentito e l’uso del cellulare alla guida.

Considerate più gravi le violazioni alle norme sulla circolazione stradale

In merito al giudizio sulla gravità dei comportamenti di devianza ciò che ha implicazioni più dirette e certe per la persona è sanzionato maggiormente[1]. I comportamenti ritenuti più gravi, in ordine di importanza, sono quelli relativi alla sicurezza sulla strada (guida in stato di ebrezza, passare con semaforo rosso, non indossare il casco) e alla corruzione, rispetto ai quali è certamente più forte il senso di riprovazione sociale. Meno rilevanti in ordine di gravità i comportamenti che chiamano in causa il rispetto per la “cosa pubblica” (scrivere sui muri, sui mezzi pubblici, affissione selvaggia di annunci e avvisi).

La massima gravità viene attribuita al guidare dopo aver bevuto, passare con il rosso, non indossare il casco (rispettivamente 87,2%, 79,0% e 78,2% dei rispondenti); percentuali più basse si rilevano per chi giudica grave non allacciare le cinture di sicurezza (59,0%) e usare il cellulare alla guida (52,6%). Questo ultimo comportamento è, quindi, fortemente sottovalutato in termini di gravità.

Per i comportamenti afferenti il rapporto con la sfera pubblica i cittadini ritengono molto grave lasciare dove capita rifiuti ingombranti (70,6%) ma sono meno severi riguardo le scritte sui muri o sui mezzi pubblici (58,2%) e l’affiggere annunci, avvisi e pubblicità su pali, cassonetti, ecc. (41,4%).

L’intransigenza è maggiore nei confronti del voto di scambio e della corruzione: il 76,1% e il 72,5% assegnano un giudizio di gravità massimo a Ottenere regali/favori/denaro in cambio del voto alle elezioni e Offrire regali/denaro a un dipendente pubblico per ottenere favori. Queste percentuali sono più basse nelle regioni del Sud Italia (67,4% e 69,7%).

Rispetto alla gravità attribuita ad alcuni comportamenti si registrano differenze più marcate tra giovani e anziani su alcuni comportamenti rispetto ad altri, come ad esempio nell’uso del cellulare alla guida e passare con il semaforo rosso (intransigenza più diffusa tra gli anziani di quasi 25 punti percentuali rispetto ai giovani).

Anche per quanto riguarda voto di scambio e corruzione di un dipendente pubblico, gli anziani esprimono giudizi più rigorosi dei giovani e, soprattutto, dei giovanissimi.

Lo stesso accade per gli atti di vandalismo (scrivere sui muri, sui mezzi pubblici) e di affissione selvaggia.

Quanto alle differenze di genere, la quota di donne che attribuiscono la massima gravità ad alcuni comportamenti alla guida è sempre più elevata di quella degli uomini. I divari maggiori, in termini di gravità percepita, si osservano nell’uso delle cinture di sicurezza (62,8% delle donne contro 54,8% degli uomini) e rispetto all’utilizzo del cellulare alla guida senza auricolare o vivavoce (rispettivamente circa il 56% delle donne e il 50% degli uomini).

Si mantengono elevate le differenze anche sull’uso del casco e sulla guida dopo aver assunto alcol (con una forbice di circa 5 punti percentuali a favore delle donne) anche se tendono a ridursi in alcune fasce di età: ad esempio sull’uso del casco, i giovanissimi tendono a sottovalutarne la gravità anche a parità di genere. Tra i più anziani, sia uomini che donne, diminuisce invece la percezione di gravità rispetto al guidare dopo aver bevuto alcol.

Sui comportamenti afferenti la sfera pubblica, le differenze di genere sono meno evidenti, le donne sono più intransigenti degli uomini, ma gli scarti si mantengono intorno ai due punti percentuali. L’aspetto che invece differenzia maggiormente uomini e donne è l’infedeltà fiscale che risulta più grave per le donne rispetto agli uomini (55,9% contro 51%). Le differenze sono meno marcate solo tra i giovani di 18-24 anni che si mostrano complessivamente più tolleranti sull’argomento.

Su questo aspetto inoltre si osservano consistenti differenze per età: quote inferiori al 50% fino ai 44 anni, con valori intorno al 43-44% tra i 18-34enni e quote più alte, pari al 62,5%, tra le persone di 65 anni e più.

Quasi la metà dei cittadini non chiederebbe la ricevuta fiscale o lo scontrino

L’area della fedeltà fiscale si conferma come problematica per i cittadini anche in situazioni concrete. A fronte di una richiesta di erogazione di una prestazione professionale in nero, il 56,1% degli intervistati insisterebbe per avere la ricevuta, il 27,5% accetterebbe se conviene e il 13,8% pagherebbe per evitare discussioni.

Analogamente, nel caso della mancata emissione di uno scontrino da parte di un esercente di un servizio commerciale, sei persone su 10 (61,6%) insisterebbero per avere lo scontrino, il 19,4% non ci farebbe caso e il 16,5% non direbbe alcunché per evitare discussioni. Nel Sud è diffuso un atteggiamento di accettazione (pagherebbe per evitare discussioni il 18,7% una prestazione in nero e il 20,3% un bene o servizio senza scontrino) mentre nel Nord-est un atteggiamento di convenienza (il 32,1% pagherebbe in nero una prestazione se convenisse). Nel Centro-nord più del 20% ammette di non far caso alla mancata emissione dello scontrino.

Se si considerano i comportamenti in situazioni concrete, si assottigliano a pochi punti percentuali le differenze per età nel caso del pagamento di una prestazione in nero, situazione che i più giovani sperimentano più raramente. Nel caso del pagamento di un bene o servizio, il 45-46% dei giovani (14-24 anni) ammette di pagare senza ricevuta fiscale perché non ci fa caso o per evitare discussioni, contro il 31,5% degli adulti di 45-54 anni e il 35,4% degli anziani di 65 anni e più.

Un terzo dei cittadini ritiene inutile denunciare la corruzione

Osservando percezione e atteggiamenti nei confronti della corruzione e della possibilità della denuncia, il rapporto dei cittadini con questo fenomeno si mostra più articolato e complesso di quanto emerge dai giudizi di gravità.

Un quarto delle persone di 14 anni e più considera la corruzione un fatto naturale e inevitabile (il 25,8% si dichiara molto o abbastanza d’accordo con tale affermazione); sei persone su dieci ritengono pericoloso denunciare fatti di corruzione e oltre un terzo (36,1%) lo ritiene inutile.

La percezione dell’inevitabilità della corruzione è di poco più elevata al Sud (27,9%) mentre nei confronti della denuncia i residenti del Nord ritengono in misura maggiore che sia pericolosa (66,7% degli abitanti del Nord-ovest e 64,7% di quelli del Nord-est) o inutile (37,2% e 38,6%).

Gli abitanti dei piccoli centri considerano più grave la corruzione di un dipendente pubblico (75% circa nei comuni fino 10mila abitanti) e il voto di scambio (79% circa) in confronto a chi vive in un’area metropolitana. Al tempo stesso, chi vive nei piccolissimi centri fino a 2mila abitanti e nella periferia dell’area metropolitana appare più pessimista e rassegnato: più del 26% giudica la corruzione naturale e inevitabile, oltre il 63% ritiene che denunciare sia pericoloso e più del 39% che sia inutile, rispetto a chi vive nel centro delle aree metropolitane dove si riscontrano valori inferiori alla media nazionale.

Un giovane su tre considera la corruzione inevitabile

I giovani esprimono un atteggiamento leggermente meno negativo di adulti e anziani nei confronti della utilità della denuncia.

Per alcuni comportamenti, il livello di istruzione fa la differenza nella percezione di gravità e nell’atteggiamento di conseguente condanna. Gli scarti maggiori a favore dei più istruiti si osservano rispetto ai giudizi di massima gravità attribuiti ai comportamenti corruttivi e al voto di scambio (con scarti a favore dei più istruiti di 6-8 punti percentuali). Tra i più giovani, la disponibilità di maggiori risorse culturali favorisce gli atteggiamenti di condanna.

Un terzo dei cittadini considera poco o per niente grave copiare a scuola

Tra i comportamenti esaminati rientra anche il copiare a scuola. Quasi il 70% delle persone di 14 anni e più lo giudica un atto molto grave o abbastanza grave. Il giudizio di gravità è largamente condiviso sul territorio. Tassi leggermente inferiori alla media si riscontrano al Centro (66,8%) e nelle Isole (68,1%). Copiare a scuola è ritenuto soprattutto un danno a scapito di chi copia (34% circa) e in generale un comportamento che danneggia tutti, perché contro le regole (29% circa). Appena l’8% circa ritiene che si tratta di un comportamento che lede il ruolo istituzionale dell’insegnante. Poco più di una persona su dieci, invece, pensa che il copiare a scuola non danneggi alcuno, ritenendolo un comportamento ammissibile. Anche rispetto alle opinioni in merito non si riscontrano particolari divari territoriali, quanto piuttosto differenze tra giovani e anziani.

Anche in questo caso le donne si mostrano più intransigenti: il 71,5% lo ritiene molto o abbastanza grave rispetto al 67,9% degli uomini. Il divario di genere è più accentuato tra giovani e giovanissimi e diminuisce progressivamente con l’età: la percezione di gravità del comportamento passa dal 49,4% degli adolescenti al 76% circa dei 55-64enni. Considerando le differenze tra chi è iscritto a un percorso di studi e chi ne è fuori, tra questi ultimi la percentuale dei più intransigenti è di poco sopra il valore medio (71,4% contro 69,7%); viceversa, il grado di intransigenza scende al 51,6% tra gli iscritti alla scuola secondaria di II grado).

L’atteggiamento di condanna per chi copia è più diffuso tra chi ha livelli di istruzione elevati (74,3% dei laureati contro 67,7% di chi ha al massimo la licenza media). Tuttavia giovani e giovanissimi si mostrano più indulgenti rispetto ai più anziani anche a parità di titolo di studio.

Un quinto delle persone che hanno meno di 24 anni ritiene che il copiare a scuola non danneggi alcuno. Su questa affermazione si registra il divario di genere più marcato. Anche a parità di età, gli uomini sono meno intransigenti delle donne, specie se hanno meno di 34 anni.

Nella percezione di giustificabilità e gravità di alcuni comportamenti ciò che emerge è quindi il gap tra giovani e adulti, con i primi più permissivi, quasi disincantati, e i secondi più intransigenti. Ciò sembra riflettere dinamiche classiche – giovani trasgressori e anziani conformisti – e verosimilmente qualche difficoltà nella trasmissione inter-generazionale dei valori. In tal senso, anche la scuola sembra faticare ad adempiere pienamente al ruolo istituzionale di volano della cultura civica tra le giovani generazioni.




Scopri di più da WHAT U

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!

Scopri di più da WHAT U

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere