di Layla Al-Haddad
Quanto scritto da Donald Trump nei giorni scorsi su Twitter riguardo il fatto che sia arrivato il momento per gli Stati Uniti di riconoscere l’annessione delle alture del Golan da parte di Israele, sta ancora facendo discutere. “Dopo 52 anni è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere pienamente la sovranità di Israele sulle alture del Golan, che è di importanza strategica strategica e di sicurezza per lo Stato di Israele e la stabilità regionale!”
Un annuncio inaspettato, ma molto gradito dal primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu, che a meno di tre settimane dalle elezioni israeliane ha voluto ringraziare Trump anche lui scrivendo su Twitter. “In un momento in cui l’Iran cerca di usare la Siria come piattaforma per distruggere Israele, il presidente Trump riconosce con audacia la sovranità israeliana sulle alture del Golan. Grazie Presidente Trump! ”
Per capire però il significato e l’importanza della dichiarazione di Trump, occorre fare un passo indietro nella storia. Israele conquistò le alture del Golan nel 1967 durante la guerra dei sei giorni, dopo aver sconfitto le forze siriane. Nel 1999, durante i negoziati con Hafez al-Assad, il padre di Bashar al-Assad, Israele arrivò al punto di restituire questo lembo di terra alla Siria, ma poi i colloqui non ebbero esito positivo.
Sulle alture del Golan attualmente vivono circa 27.000 drusi, una piccola minoranza araba, per la maggior parte residenti in Israele, ma che non si sentono cittadini israeliani a pieno titolo perché divisi tra i due fronti, quello israeliano e quello siriano, proprio per la posizione scomoda quella di questa zona da sempre contesa e che fa da spartiacque tra la Siria e Israele. Così mentre i vecchi che vivono sulle alture del Golan continuano ancora a giurare fedeltà alla Siria, più per paura che per affezione a questo paese, alcuni giovani ora hanno deciso di cambiare rotta e di integrarsi con la società israeliana, imparando l’ebraico e accettando di vivere per sempre sotto il controllo israeliano.
Gli Stati Uniti e tutte le altre nazioni occidentali hanno sempre rifiutato di riconoscere la sovranità israeliana nel Golan, ma ora l’avvicinamento di Trump a Netanyahu, sta facendo capire che qualcosa sta cambiando nella storia di questo Paese. E non solo.
Netanyahu, che è in corsa per conquistare il suo quinto mandato, sta puntando per la sua campagna elettorale sulla rinnovata “amicizia” di Trump. Basta girare nel centro città, per vedere che tra i suo tanti manifesti elettorali, ce ne sono alcuni in cui è assieme a Trump mentre sorridono e si stringono la mano.
Le elezioni parlamentari in Israele per eleggere i 120 membri della Knesset, il parlamento israeliano, per un periodo di quattro anni, quest’anno si terranno il 9 aprile. La prossima settimana i due leader si incontreranno alla Casa Bianca, dove si prevedono ulteriori sviluppi. Questa volta non solo con il lancio di tweet.
I sondaggi al momento mostrano il Likud, ossia il partito di Netanyahu in vantaggio rispetto agli avversari del Partito Laburista Israeliano di Isaac Herzog e del HaTnuah di Tzipi Livni, in corsa alle elezioni parlamentari in un’unica lista quella di “Unione Sionista“.
Ora nelle intenzioni di Trump c’è quella di giocare il ruolo di mediatore per i colloqui di pace tra Israele e i palestinesi. Ma poiché i palestinesi hanno interrotto tutti i contatti politici con gli Stati Uniti per protestare contro la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, l’obiettivo sembra ancora piuttosto difficile da raggiungere.
Anche perché nel frattempo sono ricominciati gli scontri tra Hamas, la storica organizzazione palestinese che dal 1987 combatte contro lo stato di Israele, il cui obiettivo è quello di tornare alla condizione pre-coloniale con l’istituzione di uno Stato palestinese disconoscendo di fatto quello israeliano, e gli Israeliani.
Malgrado l’annuncio giunto da Hamas (N.d.R. pubblicato sul sito ufficiale di Hamas) di un cessate il fuoco mediato dall’Egitto, sono proseguiti nella notte i combattimenti fra Israele e le milizie palestinesi di Gaza.
Dalla Striscia sono stati lanciati verso Israele una sessantina di razzi che non hanno provocato vittime. Da parte sua Israele ha colpito 15 ”obiettivi terroristici”. Nelle localita’ israeliane vicine a Gaza le scuole oggi sono rimaste chiuse, per ragioni prudenziali.
Di ritorno dagli Stati Uniti, Netanyahu ha detto: «Hamas deve sapere che non esiteremo ad entrare e fare tutti i passi necessari collegati ai bisogni di sicurezza di Israele» e poi ha anticipato che al suo ritorno in Israele previsto fra qualche ora, si recherà subito al ministero della difesa a Tel Aviv.
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