di Patty Williams
Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook ha lanciato un appello in una lettera aperta pubblicata dal Washington Post, il quotidiano di proprietà di Jeff Bezos, il guru di Amazon, per sollevare il problema della mancanza di regole adeguate per proteggere il web dai contenuti dannosi. Scottato dagli ultimi scandali che hanno travolto Facebook sia sul fronte della protezione dei dati degli utenti sia su quello della diffusione delle fake news per interferire sul voto degli americani nel 2016, Zuckerberg ha detto che occorre lavorare assieme con tutti gli stati per mettere a punto un modello che deve essere quello della General Data Protection Regulation dell’Unione europea per proteggere la privacy della gente e per garantire la portabilità dei dati”.
In attesa di una legislazione che metta dei freni ai contenuti dannosi, l’azienda fondata nel febbraio 2004 nell’università Harvard di Cambridge, nel Massachusetts in vista delle elezioni europee di fine maggio, ha deciso di rafforzare le regole sulle pubblicità politiche. Lo ha scritto il vicepresidente Richard Allan, numero due della compagnia americana, in un post annunciando l’introduzione di nuovi strumenti per evitare che le inserzioni siano usate da Paesi esteri per interferire nelle elezioni, come accaduto con i post di troll russi durante le Presidenziali Usa del 2016), e aumentare la trasparenza degli spot politici.
Quindi nella pratica, gli inserzionisti per pubblicare post elettorali a pagamento, dovranno essere autorizzati nei loro Paesi, dimostrando la loro identità e la residenza. Nelle inserzioni sarà specificato chi ha pagato per pubblicarle, quanto ha pagato e quante persone le hanno viste. Chi non si sarà registrato entro metà aprile, si vedrà bloccare gli spot. Le pubblicità saranno conservate in un archivio online consultabile per 7 anni.
Queste nuove misure cautelari si applicano non solo agli spot elettorali, ma anche ai post che trattano argomenti molto politicizzati e in grado di incidere sul voto, come l’immigrazione. “La copertura mediatica delle elezioni – assicura Facebook – non sarà toccata dalle nuove misure. Gli articoli giornalistici sui temi politici, anche se sponsorizzati sul social, saranno distinti dagli spot elettorali”.
E mentre Facebook mette dei paletti sulle sponsorizzazioni politiche, il premier Giuseppe Conte, alcuni giorni fa ha affrontato un tema molto più delicato, il “revenge porn”, scrivendo un post su Facebook: «La settimana prossima il Parlamento sarà chiamato a votare le norme sul “revenge porn”, vale a dire sulla diffusione di video e immagini attinenti alla sfera di intimità sessuale di una persona senza il suo consenso. Sono condotte indegne che offendono la dignità della persona, il più delle volte donna, e violano le più elementari regole di convivenza civile. Alcune forze di opposizione hanno già presentato un testo, anche le forze di maggioranza e il governo stesso sono pronti: sarebbe importante che queste norme fossero votate subito, da tutti i parlamentari, donne e uomini, di tutte le forze politiche, maggioranza e opposizione. Una battaglia di civiltà deve trovarci tutti uniti… contro gli incivili».
Ora occorre solo aspettare per verificare se si riuscirà a passare dalle parole ai fatti.
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