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SRI LANKA: UNA DONNA FRA GLI ATTENTATORI


di Matthew Vannelli

È salito, com’era prevedibile, il bilancio delle vittime degli attacchi di Pasqua in Sri Lanka a 359 morti. Lo ha reso noto la polizia, aggiungendo che altri 18 sospetti sono stati arrestati nella notte, facendo salire così a 58 le persone detenute perché collegate con gli attentati. Un’agenzia di stampa affiliata allo Stato islamico, ha riferito che il gruppo terroristico ha rivendicato la responsabilità della serie di attentati avvenuti nello Sri Lanka la domenica di Pasqua. Tra i 9 attentatori, anche una donna, che ha studiato nel Regno Unito, riferisce stamattina durante una conferenza stampa Ruwan Wijewardene, ministro della Difesa e dei Mass media di Stato, membro del Parlamento per il distretto di Gampaha, nello Sri Lanka. 

Ruwan Wijewardene, ministro della Difesa e dei Mass media di Stato, membro del Parlamento per il distretto di Gampaha, nello Sri Lanka

“Crediamo che uno dei kamikaze abbia studiato nel Regno Unito e poi abbia fatto il suo post-laurea in Australia prima di tornare a stabilirsi in Sri Lanka”, ha detto Wijewardene.

Il ministro della difesa della contea, il giorno dopo l’attentato, aveva già fatto sapere che già dalle prime indagini il suo Governo era stato informato che la strage nel suo Paese erano una rappresaglia in risposta alla sparatoria del 15 marzo scorso nelle due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, opera del 28enne Brenton Tarrant, poi arrestato. Il governo della Nuova Zelanda però, nonostante la dichiarazione del ministro e quella del
gruppo terroristico che ha rivendicato nelle ore successive la responsabilità della serie di attentati avvenuti nello Sri Lanka non avendo ancora avuto informazioni così dettagliate dall’intelligence, non ha voluto sbilanciarsi dicendo di non potere ancora ufficializzare alcuna versione dei fatti, ma condannando tutte le forme di terrorismo e violenza estrema e coloro che perpetrano tali atti.

Quello che è certo è che manca una legislazione nazionale (in ogni Paese) che regoli lo scambio di informazioni tra agenzie di intelligence e quindi il fatto che nessun organo di vigilanza abbia il potere di autorizzare o meno decisioni in merito alla condivisione di dati e informazioni, rende il lavoro dell’intelligence spesso limitato a un terzo delle sue potenzialità. Purtroppo.



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