di Patrizia McCarthy
L’intervista con Vincenzo Spera, attuale presidente – al secondo mandato – di Assomusica, l’associazione alla quale aderiscono oltre 120 imprese che realizzano l’80% dei concerti in Italia, oltre che membro della Consulta dello Spettacolo del MIBACT e del consiglio di presidenza Agis, riesco a fissarla dopo un paio di tentativi, (N.d.R.: perché lui è perennemente impegnato), al telefono. Lo chiamo per parlare della querelle nata per gli spettacoli di musica dal vivo riguardo i siti di secondary ticketing e della sua esperienza ultra quarantennale nei panni di promoter, che ha raccontato anche nel libro autobiografico “A un metro dal palco” scritto assieme all’amico di una vita, il giornalista Renato Tortarolo.
Anche Assomusica è intervenuta per arginare il fenomeno dei secondary ticketing. Che cosa avete fatto?
«Assomusica ha presentato un esposto all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e all’Antitrust (Agcm) per chiedere di sanzionare i siti di secondary ticketing, segnalando all’Agcom le maggiorazioni fino a 15 volte e oltre dei prezzi ufficiali dei biglietti sui siti ‘Viagogo, StubHub e MyWayTicket per alcuni concerti come i tour di Jovanotti, Laura Pausini, Biagio Antonacci, Elisa, The Giornalisti e Jack Savoretti. Un esempio? Per il tour di Jovanotti ‘Jova Beach Party‘ a fronte di un biglietto con posto unico fissato a 52 euro per la data del 28 agosto a Lignano Sabbiadoro, su Viagogo si può arrivare fino a 300 euro, cioè 6 volte in più (+500%). Per altre date (6 e 27 luglio 2019) su MyWayTicket si possono toccare anche i 402 euro e su StubHub anche i 960 euro (+1.750%)».
Dal primo di luglio, grazie all’emendamento approvato nell’ultima legge di bilancio
del Governo come strumento di contrasto al fenomeno del secondary ticketing i
biglietti per i concerti dal vivo saranno nominativi. Pensa sia una buona
soluzione?
«No perché per i concerti dal vivo, i costi dei biglietti aumenteranno, cambiare il nome dell’utilizzatore non sarà una procedura veloce e si creeranno più code agli ingressi per i controlli. Quest’emendamento rischia di generare soltanto un grande caos. Per attuare i necessari controlli, gli organizzatori dovranno aprire i cancelli molto tempo prima, impegnando più personale su più turni. Questi costi saranno pagati dai cittadini che acquisteranno il biglietto, aumenteranno code e tempi di attesa, specie in occasione di grandi manifestazioni. I consumatori non potranno più regalare un biglietto a un familiare, amico o parente. Le procedure per il cambio del nominativo non saranno semplici e immediate e potranno comportare ulteriori costi. In poche parole riteniamo che le misure disposte, invece di perseguire l’attività criminosa di alcuni soggetti e/o imprese che sono la causa del fenomeno e che su di esso lucrano ingentemente, colpiscano fortemente i consumatori e gli organizzatori di spettacoli dal vivo, comportando ricadute negative, certe, sull’intero settore».
Lei vanta un’esperienza nella musica ultra quarantennale, quando ha capito che il suo futuro sarebbe stato nella musica nelle vesti di promoter?
«È stato un biglietto a cambiarmi la vita. Per festeggiare la fine della quinta liceo ho organizzato un mega party noleggiando una nave che doveva partire da Salerno per approdare a Napoli. Costo del biglietto 10mila lire. Mi dissero che ero un pazzo e che nessuno avrebbe mai pagato tanto. Invece fu un successo. Da quel momento, credo si sia insinuata nella mia mente l’idea, seppur all’epoca ancora latente, di organizzare eventi. Salvitelle il luogo dove sono nato il 10 giugno del 1952, essendo un paese piccolo, ha solleticato la mia curiosità a guardare oltre e poi l’amore per la musica ha fatto il resto. Con l’autostop dopo il liceo sono andato ovunque assistendo a piccoli e grandi eventi musicali. E all’età di 22 anni quando mi sono trasferito a Genova sapevo una sola cosa: che la mia vita sarebbe ruotata attorno ai concerti».
Lei ha avuto anche la fortuna di incontrare i più importanti promoter di concerti in Italia e nel mondo. David Zard, Franco Mamone, Francesco Sanavio…sono stati grandi maestri che cosa le hanno insegnato?
«Zard era un maestro nel gestire il rapporto con l’artista e la pressione mediatica del suo pubblico. Aveva rapporti internazionali solidi e un know-how invidiabile. Mi diceva: “Con gli americani e gli inglesi se sbagli paghi e se vinci guadagni”. Mamone era meno estroso ed estroverso di David, ma sapeva sempre fare quadrare i conti. In ogni caso aveva portato in Italia grandi della musica come Cat Steven e i Rolling Stones. Sanavio invece era specializzato nella musica nera e sapeva come conquistarne gli artisti. Grazie a Zard ho conosciuto Bill Graham, leggendario impresario del rock americano, che ha fatto la fortuna di Santana, Bob Dylan e i Rolling Stones. Un guru nel nostro settore. Se entravi in collisione con lui eri perduto per sempre».
Una regola base per fare bene il mestiere di promoter?
«Non devi mai pensare di proporre quello che piace a te. Una delle logiche che hanno guidato la mia attività è stata offrire sempre generi completamente diversi e spesso antitetici».
Ci racconti qualche aneddoto su qualche personaggio partendo da Joe Cocker e Tina Turner, due artisti che lei è riuscito a portare in Italia agli inizi della sua carriera
«Joe Cocker è un musicista adorabile e molto timido. In Italia più che dai monumenti è sempre stato attratto dal cibo e soprattutto dal vino, per lui superlativo, da nord a sud senza distinzione. Tina invece è una donna scatenatissima sul palco, ma molto riservata nella vita».
E su Franco Battiato?
«Battiato è stato un precursore dei suoi tempi. Siciliano, viveva perlopiù a Milano sempre assieme alla mamma. Se gli telefonavo rispondeva sua madre e se lui chiamava me, era facile che rispondesse la mia. Insomma il nostro era un rapporto davvero molto famigliare. Battiato non ha mai smesso di cercare strade diverse per non essere scontato».
Fabrizio De André…
«Molti dicevano che era scorbutico. Io dico che era una persona schietta, per niente ipocrita. Poteva ferirti dicendoti in maniera diretta quello che pensava, ma ti faceva maturare. Lo scontro però prima o poi era inevitabile. Era un uomo molto imprevedibile. Una sera non so che cosa sia successo, mentre stava provando un pezzo al Palasport di Genova fece a pezzi la sua chitarra. All’epoca seguiva una dieta molto drastica. Non mangiava nulla per tutto il giorno poi alle tre di notte era capace di svuotare un frigorifero. Dori Ghezzi la sua compagna invece era un punto di riferimento per tutta la famiglia. Amabile ed equilibrata quanto fosse cocciuto e irascibile Fabrizio. Un giorno suo figlio Cristiano pesco un dentice meraviglioso. Fabrizio dettò regole ferree a tutti per cucinarlo. Ad oggi non ricordo un pesce cucinato meglio».
Pino Daniele…
«Pino veniva dalla Napoli povera, quella più disastrata. Ma se ne teneva lontano, non perché voleva rinnegare le sue origini, ma perché ne voleva raccontare il riscatto con tutte le sue bellezze e miserie».
Paolo Conte…
«Conte è stato l’artista che ha alzato la barriera più alta fra vita privata e professionale. Per me non si è mai integrato nel mondo dello showbusiness».
Giorgio Gaber…
«Di lui ricordo che era una persona amabile, ironica, con la quale era bello ma anche impegnativo discutere. Tra l’altro con Genova aveva un legame particolare, visto che per anni ha mantenuto una solida collaborazione con l’Assemblea Musicale Teatrale».
Claudio Baglioni…
«È come un romanzo, ne leggi 100 pagine e te ne mancano mille. Precursore dei tempi, ha creato per primo le scene dinamiche nei suoi show e la comunity fans. È stato il primo a fare concerti da solo negli stadi. E poi sul piano fisico è molto forte. I suoi show durano sempre più degli altri. Ascolta i consigli, ma raggiunge i suoi obiettivi con le sue idee».
Joan Baez…
«Ricordo che eravamo a cena in un noto ristorante di Genova, e forse per una battuta leggermente misogina del mio amico Sanavio, lei si arrabbiò molto con lui e sbottando gli disse: “Fucking bastard fascist”. Per fortuna lui riuscì a mantenere il controllo e la buttò sul ridere non vanificando gli sforzi fatti fino a quel momento per convincerla a venire in Italia a fare un concerto».
Eric Clapton…
«Per il suo concerto – all’epoca non esisteva ancora la commissione di vigilanza – solo a Milano vendetti 17mila biglietti. Al Palasport di Genova si presentarono in 30mila. Rischiavamo il blocco del concerto. Ebbi l’idea di proporre al funzionario in servizio di dividere quelli che avevano il biglietto e quelli senza. E in questo modo riuscimmo a filtrare quasi 10mila persone e a scongiurare il peggio».
I Clash…
«Era il 1980 ed erano al top del successo. Durante la loro esibizione cominciarono a incitare i fan dicendo “Vieni su, vieni su…” e il risultato fu che molti spettatori li presero sul serio cominciarono a salire per davvero sul palco. A quel punto la band andò nel panico, scappò dal palco e si chiuse in un camerino. Con fatica li convinsi a tornare sul palco e dissi al funzionario della sicurezza di lasciarli salire sul palco ma poi di buttarli giù dall’altra parte. Così il concerto ebbe un lieto fine».
Frank Zappa…
«Frank viaggiava sempre con una guardia del corpo corpulenta. Quando veniva a Genova voleva sempre andare a mangiare in un ristorante nell’angiporto, dove cucinavano piccoli granchi appena raccolti a Sestri Levante. Il proprietario del locale ne faceva un sugo squisito. Quando arrivò a Palermo poiché il mio amico Sanavio sapeva che lui aveva origini siciliane, gli raccontò che la città avrebbe fatto uno spettacolo in suo onore con i fuochi di artificio che invece quella sera erano dedicati a Santa Rosalia, patrona di Palermo. Zappa ci credette e lusingato decise di ricambiare l’accoglienza suonando assieme al suo amico italiano Massimo Bassoli, all’epoca direttore della rivista Rockstar, un brano decisamente sopra le righe: “Tengo ‘na minchia accussi”. L’invasione dei fan nella zona riservata sotto il palco fece bloccare per ben due volte, l’ultima definitivamente, il concerto. Il risultato fu che Zappa non poté più suonare ci si dovette accontentare dei fuochi di artificio per Santa Rosalia Un disastro che per fortuna non rovinò il mio rapporto con Frank».
Peter Gabriel…
«Per lui era indispensabile avere nei camerini musica “ambient”, e una massaggiatrice che lo aiutasse ad affrontare le fatiche del palco più rilassato».
Elton John…
«Era il 2004, l’anno in cui Genova è stata capitale della cultura. Riuscii ad organizzare un concerto memorabile con Elton John, ma ricco di imprevisti. Non è mai stato un segreto che Elton abbia una personalità davvero bizzarra. Mentre volava da Londra a Genova il suo manager mi chiamò per dirmi che Elton al suo arrivo voleva comprare degli orologi Rolex. Non era possibile al suo arrivo andare in un negozio. Dovevo trovare un gioielliere disposto a fargli vedere vari esemplari nel camerino. Alla fine riuscimmo ad accontentarlo ed Elton comprò i Rolex preferiti. Ma gli imprevisti non finirono qui. Quando Elton arrivò all’aeroporto di Genova venne scortato dalla Polizia fino alla zona della Fiera. Quale fu il problema di questo viaggio pazzesco? Che non voleva fermarsi ai semafori.Insomma un viaggio all’insegna della suspence».
Ad un tratto la telefonata si interrompe per pochi secondi. Nella sua macchina Spera fa salire i suoi bambini Mariaantonietta e Marco stefano, gli amori più grandi, assieme alla moglie Danaury, della sua vita. Si sentono le loro voci in lontananza mentre chiacchierano sul sedile posteriore dell’auto. Spera per pochi secondi parla con loro.
E poi riprende il discorso con me. «Sono bambini grandiosi, con una marcia in più. Ti sorprendono ed è incredibile quello che riesci a imparare da loro”. E nell’intonazione della sua voce colgo un’emozione davvero fuori dal comune. Così attendo alcuni secondi e poi riparto con l’intervista.
Bob Geldof…
Geldof doveva esibirsi davanti alla stazione Brignole. Il suo palco doveva sorgere in mezzo agli alberi a 12 metri di altezza. Purtroppo il palco per via delle fronde degli alberi poteva ergersi solo fino a 8 metri. Il suo manager mi disse che se non fossimo riusciti a garantire quell’altezza, lo show poteva ritenersi concluso. Gli inglesi sorridevano, qualcuno riteneva già finito tutto. Ma io non mi arresi e non gliela diedi vinta. Feci intervenire degli operai con due possenti gru che riuscirono a sollevare la copertura del palco e a calarlo dall’alto all’altezza desiderata.
In ultimo gli ricordo il concerto a Genova degli Spandau Ballet, quando ha dovuto recuperare last minute un calcio-balilla per tutta la band e una cyclette per Gary Kemp. Per Spera davvero quisquilie last minute.
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