Stamattina un attacco aereo ha colpito un centro di detenzione per migranti nel quartiere di Tripoli a Tajaura, che ospitava un totale di 616 migranti uccidendo almeno 40 persone e ferendone a decine, hanno riferito funzionari del Ministero dell’Interno libico. Il portavoce del ministero della Sanità Malek Merset ha pubblicato le foto dei migranti portati in ambulanza negli ospedali. I filmati che circolavano online e che dicevano provenire dall’interno del centro di detenzione per migranti mostravano sangue e parti di corpo mescolate alle macerie e oggetti dei feriti. Secondo la testimonianza di due migranti che hanno parlato all’Associated Press a condizione di rimanere anonimi per timore di rappresaglie, pare che il raid aereo in realtà avesse come obiettivo un laboratorio che ospitava armi e veicoli e un hangar adiacente in cui erano detenuti circa 150 migranti, per lo più sudanesi e marocchini. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia ha condannato l’attacco aereo.
L’offensiva di Lna
Ad aprile, l’LNA, ossia l’ autoproclamato Esercito Nazionale Libico, con a capo Khalifa Belqasim Hafter (a volte chiamato Hifter , Haftar, Huftur, in araba , خليفة بالقاسم حفتر), ha lanciato un’offensiva contro il debole governo di Tripoli. Hifter però pur controllando gran parte dell’est e del sud della Libia, la scorsa settimana ha subito un duro colpo quando le milizie alleate con il governo di Tripoli hanno recuperato la città strategica di Gharyan, a circa 100 chilometri dalla capitale, che era una delle principali vie di rifornimento della LNA.
I combattimenti per Tripoli hanno riportato la Libia allo status del 2011 ossia quando tra il febbraio e l’ottobre di quell’anno ebbe luogo la prima guerra civile in Libia che vide opposte le forze lealiste di Mu’ammar Gheddafi e quelle dei rivoltosi, riunite nel Consiglio nazionale di transizione. Il paese, dopo aver vissuto una prima fase di insurrezione popolare sull’onda della cosiddetta primavera araba conobbe in poche settimane lo sbocco della rivolta in conflitto civile. Gheddafi alla fine fu catturato e ucciso senza un regolare processo dai ribelli del CNT segnando con la sua morte, almeno formalmente, la fine della guerra civile.
Obiettivo di Hifler, ripristinare l’ordine
Hifter, pur essendo nato e vissuto essenzialmente in Libia, ha trascorso quasi due decenni degli Usa ed è, quindi, un cittadino degli Stati Uniti. Tornato in Libia nel 2014 per difenderne le sorti ora dice di essere determinato a ripristinare la stabilità nel paese nordafricano, sostenuto dall’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Arabia Saudita, mentre i suoi rivali, principalmente islamisti, sono sostenuti dalla Turchia e dal Qatar. La sua campagna contro i militanti islamici in tutta la Libia dal 2014 gli ha fatto guadagnare un crescente sostegno internazionale da parte dei leader mondiali che ora mostrano preoccupazione perché la Libia di fatto, dopo l’omicidio di Gheddafi, è diventata un rifugio per gruppi armati e un importante punto di passaggio per migranti diretti in Europa.
Gli avversari temono un ritorno all’epoca dittatoriale
I suoi avversari però lo vedono come un aspirante autocrate e temono un ritorno a un dominio dittatoriale, come ai tempi di Mu’ammar. Attualmente almeno 6.000 migranti provenienti da Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan e altre nazioni sono rinchiusi in dozzine di strutture di detenzione in Libia gestite da milizie accusate di tortura e altri abusi. La maggior parte dei migranti è stata arrestata da guardie costiere libiche finanziate dall’Unione europea e addestrate mentre tentavano di attraversare il Mar Mediterraneo in Europa. I centri di detenzione hanno cibo limitato e altri rifornimenti per i migranti, che hanno compiuto viaggi spesso difficili in balia di trafficanti abusivi che li trattengono per ottenere un riscatto dalle famiglie a casa.
Più di 3.000 migranti sono in pericolonei centri di detenzione al confine con la Libia e l’Etiopia
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dichiarato che più di 3.000 migranti sono in pericolo perché sono detenuti in centri di detenzione vicini alla linea di confine tra le forze di Hifter e le milizie alleate con il governo di Tripoli.
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