(Senza firma perché oggi i nomi che si devono ricordare sono quelli delle vittime)
Tante sono state le volte che fin da piccola ho percorso il ponte Morandi con mia madre alla guida, avanti e indietro, e ogni volta che ci passavo sopra mi sembrava di percorrere il ponte di Brooklyn, esattamente com’era da noi genovesi veniva familiarmente chiamato quel ponte, per la sua maestosità, per la sua foggia che ti dava l’impressione di sentirti ancora più in alto, sospeso fra cielo e terra, per me all’epoca in una dimensione quasi idilliaca.
Poi è arrivato quel maledetto giorno, allo scoccare delle 11,36 del 14 agosto il ponte crolla. Io ero a Milano, e proprio quel giorno avrei dovuto passare di lì per andare da alcuni amici che abitano nella riviera di Ponente e al cimitero di Staglieno, dove ora è sepolta mia madre. Ricordo che ero in giro con i miei due cani e guardai impietrita le prime immagini sul cellulare che venivano pubblicate da coloro che abitavano nei dintorni, luoghi a me familiari avendo vissuto a Genova per tanto tempo, e poi dai Tg.
Tutto vero purtroppo, anche se in quel momento non mi sembrava possibile che fosse potuta accadere una tragedia del genere. Poi le grida della gente, anzi dei genovesi, prima attoniti e poi disperati che dicevano: “È crollato il ponte, il ponte è crollato. Non ci credo”, perché a nessuno sembrava possibile che un pezzo del ponte Morandi, all’apparenza così granitico e maestoso, potesse sbriciolarsi in pochi secondi. Le cronache, e anche chi forse in quel momento di dolore senza avere certezze poteva evitare di continuare a pubblicare video gridando al complotto, hanno seguito passo dopo passo l’evolversi della situazione. Hanno parlato delle vittime, ossia di quelle famiglie, donne, uomini, ragazzi, ragazze e bambini, che hanno perso la vita passando quella mattina alle 11,36 sul Ponte Morandi. Di chi ha perso la casa e tuttora non ha ancora trovato una soluzione ai suoi problemi. Dei famigliari delle vittime ai quali è rimasto solo il ricordo straziante di quei momenti sui quali la magistratura sta ancora indagando, per i troppi “ma” e i tanti “se” ai quali si dovrà dare una risposta. Non soltanto perché sia un dovere della magistratura farlo, ma per rispetto di quelle 43 persone che non ci sono più e non possono raccontarci purtroppo più nulla e di chi le piange ancora oggi come allora. Perché il dolore non passerà mai, ma avere delle risposte certe forse aiuterà chi oggi le ricorda con tanto affetto a lenire il ricordo della loro mancanza. Come ha detto oggi una rappresentate dei famigliari delle vittime in chiesa: “Noi abbiamo perso un pezzo del nostro cuore che non potrà più esserci restituito, 43 persone innocenti hanno perso la vita ed è così assurda la loro morte che non possiamo rassegnarci ed accettarla”, ha detto emozionata. “Stiamo sopravvivendo da un anno e vorremmo provare a vivere nuovamente, ma è come una montagna infinita da scalare, non possiamo pensare di non abbracciarli più, di non vedere più i loro sorrisi, ma per la loro memoria dobbiamo avere grande determinazione nella ricerca della verità, perché quanto accaduto inaccettabile i nostri cari hanno avuto un’unica colpa, essere in quel preciso istante, in quel preciso luogo, la loro è stata una condanna a morte senza possibilità di appello. Come cittadini” ha proseguito, “non possiamo accettare che eventi di questo tipo possano accadere. Siamo stati nostro malgrado gli attori di una delle tante tragedie che si sono consumate in questo Paese e non possiamo restare inermi e chiediamo ai nostri rappresentanti qui intervenuti numerosi un segnale concreto affinché i cittadini possano sentirsi tutelati, i nostri rappresentanti devono gestire con la massima attenzione l’affidamento di beni pubblici al contempo dovrà essere potenziata la vigilanza. I beni demaniali sono costruiti col sudore dei cittadini onesti e non possiamo permetterci che siano loro stessi la causa della morte di persone innocenti“.”Chiediamo”, sottolineato, “anche ai cittadini che hanno partecipato al nostro dolore di essere vigili e attenti sempre e di mantenere viva la coscienza civile per stimolare azioni concrete della classe politica. Nel nostro Paese la parola dovrà essere prevenzione, non vogliamo che altre famiglie debbano piangere i loro morti per qualche nuova strage assurda. La nostra lotta per questo con le altre famiglie del comitato della rete Nazionale comitati “Noi non dimentichiamo” è il nostro obbligo morale per la loro memoria. Noi chiediamo con forza la modifica di norme di legge affinché i processi siano brevi perché le famiglie possano trovare pace, chiediamo che nessun reato di tale gravità possa essere trascritto, chiediamo che in casi come questo, che dovessero avvenire in futuro, una nuova legge possa consentire in automatico e da subito la creazione di un’unità di crisi che gestisca le emergenze economiche le esigenze di supporto psicologico e tutto il necessario per far percepire a coloro che hanno subito una tale barbarie la vicinanza delle istituzioni affinché nessuno si senta più solo. Vogliamo giustizia, se in uno stato democratico mancasse la giustizia non avrebbe senso la sua esistenza e le vittime continuerebbero morire ogni giorno. Per questo ringraziamo con tutto il cuore la magistratura e gli inquirenti che stanno lavorando con tenacia nella ricerca della verità e auspichiamo che non siano lasciati soli. Li ammiriamo per la forza e la determinazione che stanno dimostrando nell’espletamento del loro lavoro che ci scalda il cuore. Ringraziamo con tutta la nostra anima tutti coloro che hanno lavorato un anno fa con un cuore enorme in condizioni non facili i Vigili del fuoco, la Protezione Civile, le pubbliche assistenze, la Croce Rossa, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Finanza, l’Esercito, la Prefettura, tutte le polizie locali al completo, il comune di Genova e la regione Liguria, il personale ospedaliero, i volontari e tutti coloro che si sono impegnati con grande fatica. Ringraziamo i cittadini che oggi è in questo anno passato hanno speso parole buone pensieri dolci per noi e le nostre famiglie. Ringraziamo quei giornalisti impegnati e seri che hanno tenuto alta l’attenzione su questa “Vergogna Nazionale”. Noi continueremo a lottare con l’umiltà di semplici cittadini, ma con la determinazione affinché questo dolore così grande nel nostro cuore non possa affievolirsi se non sarà direzionato verso un orizzonte positivo, cercando di restituire un po’ dell’affetto che abbiamo ricevuto e cercando con determinazione la verità e il cambiamento, perché noi queste 43 vittime non le dimenticheremo mai… (N.d.R. segue un lungo applauso). Come Nazione non possiamo buttare amare la nostra forza Dobbiamo solo avere il coraggio e l’onestà di ritrovarla”.
Il video con le foto delle vittime è stato realizzato dall’emittente Primo Canale
Le 43 vittime
Mirian Rosca
Cristian Cecala
Dawna Munroe
Kristal Cecala
Roberto Robbiano
Samuele Robbiano
Ersilia Piccinino
Carlos Jesus Erazo Truji
Stella Boccia
Marta Danisi
Edy Bokrina
Marjus Djerri
Elisa Bozzo, (La Ely)
Axelle Nèmati Alizée Plaze
Nathan Gusman
Melissa Artus
Alberto Fanfani
Vincenzo Licata
Luigi Matti Altadonna
Mirko Vicini
Francesco Bello
Bruno Casagrande
Andrea Cerulli
Anatoli Malai
Andrea Vittone
Claudia Possetti
Manuele Bellasio
Camilla Bellasio
Giovanni Battiloro
Antonio Stanzione
Gerardo Esposito
Matteo Bertonati
Giorgio Donaggio
Alessandro Robotti
Alessandro Campora
Giovanna Bottaro
Angela Zerilli
Gennaro Sarnataro
William Pouza
Juan Ruben Figueroa Carrasco
Leyla Nora Rivera Castillo
Juan Carlos Pastenes
Henry Diaz Henao
Scopri di più da WHAT U
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.