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LA RIVELAZIONE DI UN DOCUMENTO SEGRETO CHE PROFILA SCENARI APOCALITTICI SULLA BREXIT “NO DEAL”, FA ARRABBIARE N°1 DOWNING STREET


di Colin Anthony Groves

Il documento segreto sul futuro apocalittico della Gran Bretagna in caso di una Brexit senza accordo, diffuso da un ex ministro per “influenzare i colloqui” tra Boris Johnson e “i leader europei” di questi giorni, e pubblicato dal Sunday Times, ha fatto andare su tutte le furie Boris Johnson. Il numero 1 di Downing Street non ha ovviamente gradito il fatto che rivelazione sia arrivata proprio alla vigilia di una serie di appuntamenti cruciali per il governo di Londra. Johnson, infatti, volerà mercoledì a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel e il giorno dopo sarà a Parigi per un colloquio con il presidente Emmanuel Macron. Il documento, ha rivelato una fonte di Downing Street alla Bbc era stato elaborato “quando i ministri stavano facendo ostruzionismo su ciò che andava fatto per prepararsi all’uscita e i fondi non erano disponibili”. Michael Gove, il ministro delegato dal per intensificare preparativi dei piani di emergenza in vista dell’eventuale hard Brexit, getta acqua sul fuoco commentando su Twitter che il documento in questione si riferisce al “peggiore dei casi”.

Ma che cosa dice il documento?

Il documento diramato descrive in dettaglio i preparativi nell’ambito dell’Operazione Yellowhammer, sostiene che lo scenario più probabile potrebbe essere quello da gravi ritardi estesi alle forniture di medicinali e carenze di alcuni alimenti freschi, combinati con aumenti dei prezzi, se il 31 ottobre ci sarà una Brexit senza accordo. E non solo. Nel documento si parla anche di un ritorno a un confine duro sull’isola d’ Irlanda. Per quale motivo? Il Regno Unito con il ritiro dall’Unione Europea, deciso con il referendum il 23 giugno 2016, renderebbe Irlanda del Nord confinante con l’Irlanda attraverso un confine esterno dell’UE. Tuttavia, seppure il governo irlandese, il Regno Unito e i rappresentanti dell’UE abbiano dichiarato di non desiderare un confine duro in Irlanda, tenendo conto delle “sensibilità” storiche e sociali che attraversano l’isola, il futuro sembra paventarsi ben diverso. Nel settembre 2016, Davis Davis, il segretario di Stato britannico per l’uscita dall’Unione europea, aveva dichiarato che il governo britannico avrebbe evitato un ritorno a un “hard border” tra il Regno Unito e la Repubblica d’Irlanda. Al momento l’obiettivo di entrambi i governi è quello di dare la priorità alla protezione di un confine aperto tra la Repubblica e l’Irlanda del Nord e la conservazione dell’area di viaggio comune. Ma tra i rischi della “Brexit no deal” è annoverata anche l’incapacità dei porti di fare fronte a controlli extra, la chiusura di molte aziende, (quella di due importanti raffinerie è stata data già per certa) con la conseguente perdita di posti di lavoro e un’economia in costante recessione. L’Associazione per il trasporto merci (ALS), scrive The Guardian, ha reagito in modo allarmato all’idea della carenza di carburante in particolare, affermando che questi scenari non erano stati paventati dal governo. “Questa è la prima volta che l’industria viene a conoscenza di minacce alle forniture di carburante, una situazione particolarmente preoccupante, in quanto ciò influenzerebbe la circolazione delle merci attraverso il Paese, non solo da e verso l’Europa, e potrebbe mettere a rischio posti di lavoro in tutto il settore commerciale dell’isola”, ha detto un portavoce.

Jeremy Corbyn è già pronto al “je accuse” nei confronti di Boris colpevole a suo avviso, di “provocare la crisi che il nostro Paese affronterà questo autunno” perché vuole trasformare il Regno Unito in un paradiso fiscale in stile americano sulle rive dell’Europa. Resta inteso che il leader del Partito Laburista è pronto a sostenere le richieste di oltre 100 parlamentari affinché il parlamento venga richiamato per discutere la gravità della situazione con obiettivo proporre se stesso come traghettatore nelle vesti di primo ministro fino a quando non si terranno le elezioni generali.

Kwasi Kwarteng, ministro dell’energia, parlando del documento decretato con Sky News ne ha sottolineato gli scenari eccessivamente allarmistici. Nel contempo, i consulenti di Downing Street, a The Guardian, affermano privatamente che i leader dell’UE non offriranno alcuna concessione a un nuovo accordo a meno che non siano sicuri che il Parlamento non sia in grado di bloccare una Brexit senza accordi, che sarebbe il fallimento nei negoziati dell’UE. Al momento i ribelli conservatori e i parlamentari dell’opposizione che lavorano per fermare una Brexit senza accordi e affermano che Johnson ha deliberatamente impostato l’asticella troppo alta nelle sue richieste affinché l’UE rompa il backstop.

L’accordo proposto dalla May all’Eu

L’accordo sulla Brexit discusso da May e Eu – quello poi bocciato dal Parlamento britannico – prevedeva che dopo il 29 marzo il Regno Unito entrasse in un periodo di transizione di due anni (prolungabile), durante il quale tutte le attuali regole europee sarebbero dovute restare in vigore, al fine di dare l’opportunità e il tempo ai britannici di concludere complicati accordi commerciali per regolare i loro rapporti post-Brexit. Tra l’altro, durante i negoziati degli ultimi mesi, entrambe le parti si erano dette d’accordo sul fatto che una delle priorità dei futuri trattati dovesse essere quella di evitare a tutti i costi la creazione di un “confine rigido” tra Irlanda e Irlanda del Nord, che dopo la Brexit diventerà anche il confine tra Regno Unito e Unione Europea. Non soltanto per motivi economici – il gran passaggio di merci e persone attraverso il confine Irlanda-Irlanda del Nord – ma anche e soprattutto politici. Questo il motivo per cui il Regno Unito e UE avevano inserito nell’accordo il “backstop”, che nella sostanza, era un accordo che prevedeva che il Regno Unito potesse restare nell’unione doganale a tempo indefinito, a meno che le due parti non si fossero accordate per una sua uscita, oltre che regole speciali per l’Irlanda del Nord, con l’obiettivo di integrarla maggiormente nel “mercato unico europeo” rispetto al resto del Regno Unito.

Boris no vuole il “backstop”

Boris Johnson, nei prossimi incontri con Merkel e Macron, pare sia deciso ad accettare solo un nuovo accordo che abbandoni il backstop, che a suo avviso potrebbe intrappolare indefinitamente il Regno Unito in un’unione doganale. Per saperne di più ora occorre solo aspettare qualche giorno.



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