Il governo Tory di Boris Johnson rivede la sua strategia per cercare di arrivare a elezioni anticipate a breve, dopo le sconfitte in serie patite ieri alla Camera dei Comuni sulla legge anti-no deal promossa dagli oppositori di una hard Brexit e sulla prima mozione per la convocazione delle urne. Lo segnala una fonte del Labour, riferendo di aver ricevuto rassicurazioni sulla volontà dell’esecutivo di non ostacolare più il passaggio ulteriore dell’odiato testo anti-no deal ai Lord, in corso in queste ore, in modo da consentirne la piena approvazione in pochi giorni. Il premier insiste di non voler chiedere alcun rinvio della Brexit. Ma la disponibilità a facilitare l’iter della legge anti no deal mira evidentemente a ottenere dalla Camera quell’ok alle elezioni negato ieri. Un ok che Jeremy Corbyn e alcuni laburisti sembrano giudicare inevitabile a stretto giro, una volta varata la legge, ma che altri chiedono tuttavia di rinviare a novembre. Chiamata in causa varie volte in questi giorni la Commissione europea, ha reso necessario l’intervento della sua portavoce, Mina Andreeva, che ha precisato che “non farà speculazioni” su eventuali nuovi periodi di estensione della permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, ricordando che se tale richiesta dovesse arrivare da Londra, “saranno i 27 Paesi dell’Unione a decidere all’unanimità se concederla o meno, e che dovrà essere avanzata sulla base di motivi validi”. Stamattina Johnson ha sparato a zero sul leader dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn, prendendo di mira le sue esitazioni sulla convocazione di elezioni anticipate di fronte allo stallo sulla Brexit: “Un insulto codardo alla democrazia”.
Il discorso proseguirà oggi in Parlamento e secondo la Bbc rappresenterà di fatto il primo comizio elettorale del premier Tory, alla ricerca d’un via libera verso le urne anche se Boris continua a dire di no, ossia che non vuole elezioni anticipate. Tra i colpi di scena della giornata anche l’addio di Jo, fratello minore filo-Ue del premier Boris, che ha annunciato oggi le sue dimissioni dall’incarico di viceministro accettato dopo l’ascesa del primogenito a Downing Street, e la sua uscita dal gruppo Tory alla Camera dei Comuni in dissenso dalla linea sulla questione di possibile divorzio no deal da Bruxelles. Jo Johnson, che si era già dimesso una prima volta dal governo di Theresa May sul dossier Brexit, ha fatto sapere di sentirsi “lacerato tra la famiglia e l’interesse nazionale”. Nel suo messaggio di addio, Johnson junior riconosce di non essere in grado di risolvere il conflitto interiore fra la lealtà alla sua famiglia e le sue idee rispetto al futuro del Paese. Per questo annuncia in effetti non solo le dimissioni dal governo o dal gruppo, ma anche la rinuncia al seggio parlamentare e , almeno per ora, l’interruzione della sua carriera politica. A dire la sua si aggiunge anche la sorella di Boris che scrive su Twitter che in famiglia evitano l’argomento persino a tavola, e che sono tutti contro un no deal.
I’m afraid to say this is rubbish. I said last night at a charity do that the family avoids the topic of Brexit especially at meals as we don’t want to gang up on the PM! https://t.co/IDXB1DrEN0
— Rachel Johnson (@RachelSJohnson) September 5, 2019
Ironico il commento di Nigel Farage , il leader del partito Brexit , sulla decisione di Jo Johnson di ritirarsi.
Jo Johnson Standing Down https://t.co/d91zygUYpA pic.twitter.com/gOpt0jXq4b
— Guido Fawkes (@GuidoFawkes) September 5, 2019
Jacob Rees-Mogg , il capo dei Comuni, ha appena detto ai parlamentari che lunedì il governo terrà un secondo voto per le elezioni anticipate.Ieri c’è stato un voto che è stato approvato , ma senza la maggioranza dei due terzi necessaria al voto per portare a elezioni anticipate. Non solo il fratello minore di Boris, ma anche Dame Caroline Spelman, l’ex segretaria ambientalista conservatrice, ha dichiarato che si fermerà anche se alle prossime elezioni. Anche ieri si è ribellata per appoggiare il disegno di legge Benn progettato per escludere una Brexit senza affare. Downing Street ha respinto l’affermazione attribuita a Michel Barnier, il principale negoziatore dell’UE sulla Brexit, secondo cui i colloqui con il Regno Unito si trovano in “uno stato di paralisi”. Il portavoce del primo ministro ha detto: Non mi risulta quindi respingerei completamente tale valutazione. Entrambe le parti concordano di continuare i colloqui domani dopo discussioni costruttive ieri. Abbiamo visto dai leader dell’UE che c’è la volontà di trovare e concordare soluzioni ai problemi che abbiamo con il vecchio accordo”.
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