di Marina Venturini
Matteo Renzi ha fatto i calcoli giusti. In vista del proporzionale e dell’impossibilità di avere mai un’altra possibilità di rilancio con il Pd ha scelto la strada del fai-da-te o via di fuga, o come dice lui una casa nuova per fare politica: “Italia Viva“. Lo ha detto e ne ha parlato ieri sera nella trasmissione “Porta a Porta” con Vespa. “I parlamentari li ho lasciati tutti a Zingaretti. Basta con questa cosa che se faccio una cosa io c’è sempre un retropensiero”. Riferendosi al fatto che spesso gli è stato rinfacciato di fare il burattinaio di alcuni gruppi all’interno del Pd. “E’ una balla”, risponde lui. E riguardo alla sua nuova squadra dice: “Sono più di 40 i nostri parlamentari, saranno 25 deputati e 15 senatori e ci sarà un sottosegretario, non due”. E sull’attuale legislatura da Vespa aggiunge: “Per me questa legislatura arriva al 2023 anno in cui scadrà anche il mandato del presidente della Repubblica, quindi toccherà a loro eleggere il nuovo capo dello Stato”. Pungolato su Salvini afferma di voler passare i prossimi mesi a combatterlo non a difendersi dal fuoco amico. Il simbolo del nuovo movimento sarà presentato alla Leopolda in attesa del primo impegno elettorale le politiche,sperando che siano nel 2023′, e le Europee 2024.
“Il presidente Giuseppe Conte, nel corso della telefonata ricevuta ieri sera da Matteo Renzi, ha chiarito di non volere entrare nelle dinamiche interne a un partito. Ha però espresso le proprie perplessità su una iniziativa che introduce negli equilibri parlamentari elementi di novità, non anticipati al momento della formazione del governo. A tacer del merito dell’iniziativa, infatti, rimane singolare la scelta dei tempi di questa operazione, annunciata subito dopo il completamento della squadra di governo”.
Amaro il commento del segretario Dem Nicola Zingaretti: “Ci dispiace, è un errore“. Franceschini oggi rispondendo alla domanda di una giornalista tedesca ha ammesso di non capire le dinamiche di questa scelta. E alla domanda del ministro dei Beni Culturale tedesco, Michelle Muentefering, “What’s Renzi doing now?” pare che abbia risposto in modo sibillino: “Today it’a a big problem”, riferisce Ansa.it.
Ci dispiace. Un errore. Ma ora pensiamo al futuro degli italiani, lavoro, ambiente, imprese, scuola, investimenti. Una nuova agenda e il bisogno di ricostruire una speranza con il buon governo e un nuovo PD
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) September 17, 2019
Per Renzi lasciare il Pd è stato un bene per tutti. All’indomani dell’addio di Renzi al Pd, il segretario dem, Nicola Zingaretti ammette con il Corriere che un po’ se l’aspettava, ‘per l’atteggiamento di vicinanza ma non partecipazione alla vita del partito che non ho mai compreso fino in fondo’. Si augura che la scissione non destabilizzi il governo, per quanto il rischio c’è”. Per il commissario Ue, Paolo Gentiloni il gesto di Renzi è incomprensibile: “Per me il Pd non è un episodio. È il progetto di una vita. Ci ho lavorato con Veltroni e Renzi, sono stato in minoranza con Bersani. Oggi è uno dei partiti progressisti europei più forti e aperti al futuro. In tempi così difficili, teniamocelo stretto. E guardiamo avanti”. Per Luigi Di Maio questa scissione non ha nulla di eclatante. “Nessuna sorpresa. Di certo per noi non rappresenta un problema, anche perché le dinamiche di partito non ci sono mai interessate. Lavoriamo per gli italiani, solo a loro dobbiamo dare risposte”, dice il leader del M5S, Luigi Di Maio, contattato dall’ANSA a proposto della scissione dei renziani. Ogni singolo eletto del M5S ha un solo obiettivo, risolvere le problematiche dei cittadini. E ora che il governo è al completo dobbiamo lavorare con serietà e determinazione e portare a casa altre importanti misure per il Paese come il taglio dei parlamentari”.
La nuova squadra
Il progetto verrà illustrato alla prossima Leopolda, convocata a Firenze dal 18 al 20 ottobre. La ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova sarà il capo della delegazione al governo (composta anche da Elena Bonetti, Anna Ascani e Ivan Scalfarotto) e il vicepresidente della Camera Ettore Rosato il coordinatore nazionale. L’ex segretario del Pd assicura che l’esecutivo non rischia nulla, rassicurando così gli ex compagni di Governo, Tutt’altro, racconta chi ha parlato con lui: «Questa è un’operazione che punta a fare chiarezza, il passo è stato deciso ora, e non più avanti, proprio per non destabilizzare l’esecutivo». Insomma il dado è tratto e ora dovrebbero seguire Renzi venti deputati, tra questi Maria Elena Boschi, Roberto Giachetti e Lucia Annibali, che daranno vita a un gruppo autonomo a Montecitorio, il cui presidente sarà Luigi Marattin, e quattro o cinque senatori, dalla ministra Teresa Bellanova, all’ex tesoriere Francesco Bonifazi), che per ora si potrebbero accomodare sugli scranni del Gruppo Misto assieme al leader. Si lavora sotto traccia per agganciare un piccolo drappello di parlamentari di FI e continuano i contatti con i berlusconiani che non vogliono tornare tra le braccia di Matteo Salvini. Tra i grandi assenti alcuni fedelissimi (o ex?) di Renzi. Tra questi spiccano Dario Nardella e Giorgio Gori: «Io resto nel Pd, l’ho sempre detto, penso che tutti gli altri debbano riflettere molto perché uniti siamo più forti e divisi siamo più deboli. Non credo ai partiti personali”, twitta il primo cittadino di Bergamo.
A leggere @ivanscalfarotto e @Ettore_Rosato la scissione renziana parrebbe certa. I pretesti mi paiono deboli.
— Giorgio Gori (@giorgio_gori) September 15, 2019
Vedo anch’io i rischi di un #Pd rétro ma non credo ai partiti personali.
Preferisco fare la battaglia riformista in un partito plurale e contendibile.
Il destino del progetto di #Renzi? Dipende da noi. La sfida è sull’agenda riformista: innovazione competitività, semplificazione, sostenibilità, inclusione sociale. Ogni passo indietro del #Pd gli regalerà spazio. Io gli voglio bene ma vorrei proprio evitare di spianargli la via.
— Giorgio Gori (@giorgio_gori) September 17, 2019
Della squadra non faranno parte nemmeno Debora Serracchiani, né le due neosottosegretarie Alessia Morani e Simona Malpezzi. Non si smuovono dai dem anche Luca Lotti e Lorenzo Guerini con tutta la loro corrente Base riformista. Tra i finanziatori noti di questa operazione partita a luglio con le donazioni a favore dei comitati Azione civile – Ritorno al futuro, Daniele Ferrero, primo azionista e ad di Venchi, che ha versato 100mila e Davide Serra, il finanziere con sede e residenza nella City, fondatore di Algebris.
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