di Marina Ceravolo
Quattro ore di vertice a Palazzo Chigi a chiudere l’intesa di governo sul Def. La riunione convocata in nottata dal premier Giuseppe Conte vede attorno al tavolo, con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, i capi delegazione Luigi Di Maio (M5s), Dario Franceschini (Pd), Roberto Speranza (Leu), Teresa Bellanova (Iv) e il sottosegretario Riccardo Fraccaro (M5s). Il tavolo di discussione si apre con il no perentorio di Di Maio e Renzi. Il leader di Italia Viva ha detto non accetterà una “rimodulazione” delle aliquote che surrettiziamente metta le mani nelle tasche degli italiani e traccia una linea netta da non oltrepassare, facendo notare che una “rimodulazione” che potrebbe tradursi in una tassazione attorno ai 5-6 miliardi. Quindi dove sarà possibile trovare i fondi per scongiurare aumenti selettivi dell’Iva, senza fare salire il deficit oltre il 2,2% del Pil?
Oggi pomeriggio è stato convocato un Consiglio dei ministri per approvare la Nota di aggiornamento al DEF (detta anche “NADEF”), che si presenta sempre in autunno e quest’anno, anche per le vicissitudini patite dal Governo, è stata presentata con qualche giorno di ritardo sulla scadenza del 27 settembre. Il DEF, invece si presenta ad aprile, è il documento che contiene le intenzioni di spesa e le previsioni di crescita e di indebitamento del governo, insieme alla descrizione sommaria delle principali misure che il governo stesso intende introdurre. L’ultimo DEF era stato scritto dal ministro dell’Economia del primo governo Conte, Giovanni Tria che ieri intervistato da Fabio Fazio a a “Che tempo che fa” ha detto che confida nel fatto che il nuovo ministro dell’economia Roberto Gualtieri terrà conto del lavoro di chi lo ha preceduto soprattutto perché sa benissimo che le soluzioni già vagliate erano già state oggetto di confronto con la Commissione, quando il governo Conte 1 aveva varato l’assestamento del bilancio (7,6 miliardi). Tria ha poi ricordato la sua precedente intenzione di proporre una qualche rimodulazione dell’Iva, specie per le aliquote agevolate, che avrebbe potuto dare un gettito di circa 8 miliardi da impiegare nella riduzione delle tasse sulle persone. “In questo modo”, secondo l’ex ministro dell’Economia, “la finanza pubblica, contenendo il deficit intorno al 2%, avrebbe tranquillizzato i mercati e avrebbe potuto dare una spinta alla crescita. Non dimentichiamo, infatti”, precisa il ministro, “che un moderato aumento dell’IVA, oltre ad essere raccomandato dalla UE, non avrebbe effetti inflazionistici, mentre la riduzione delle tasse sul lavoro avrebbe potuto davvero dare nuovo slancio ai consumi’’.
Gualtieri ha già dichiarato che la prossima manovra sarà intorno ai 30 miliardi di euro e sarà espansiva, non restrittiva «perché avrebbe un effetto negativo sull’economia», anticipando che le difficoltà da superare saranno quelle legate alla ricerca di coperture per evitare l’aumento automatico dell’IVA, previsto per l’anno prossimo da una clausola contenuta nella scorsa legge finanziaria, e per il taglio del cuneo fiscale, ovvero la tassazione sul lavoro, e per le “spese indifferibili”, in particolare gli aumenti di spesa per reddito di cittadinanza e quota 100, le due più importanti misure approvate dal primo governo Conte. Tutto questo cercando di rispettare i vincoli di bilancio UE, con un possibile aumento del deficit fino al 2,1 per cento del PIL, rispetto a quello programmato dell’1,6 per cento.
Per quanto riguarda l’IVA, l’ipotesi è quella di rivedere le aliquote, in particolare quella su alcuni beni e servizi più a rischio evasione, fissando un’IVA più alta per i pagamenti in contanti e più bassa per i pagamenti con carte di credito e bancomat, che sono tracciabili. Su questo fronte c’è anche chi continua a premere affinché il deficit venga alzato dal 2,2% ad ora ipotizzato, fino al 2,3% o 2,4% per liberare risorse che evitino di alzare l’Iva.
Per il taglio del “cuneo fiscale”, cioè la differenza tra quanto spende un’impresa per ogni lavoratore e quanto il lavoratore percepisce in busta paga, le ipotesi sono o una riduzione del credito di imposta o un taglio dei contributi a carico dei lavoratori, per far crescere le buste paga e rilanciare i consumi.
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