di Alper Demir
Le milizie filo-turche, sostenute da Ankara, nel quinto giorno del’offensiva nel nord-est della Siria, affermano di aver conquistato la cittadina di Suluk, considerato un crocevia strategico a 10 km dal confine e dice di averla liberata dalle formazioni curde appartenenti all’organizzazione terroristica YPG e PKK . Obiettivo dell’operazione chiamata Peace Spring (Primavera di Pace) ripulire quella zona della Siria settentrionale a est del fiume Eufrate dai terroristi del PKK e dai suoi derivati siriani, del PYD / YPG.
Nella sua campagna terroristica di oltre 30 anni contro la Turchia, il PKK – elencato come organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea – è stato responsabile della morte di 40.000 persone, tra cui donne, bambini e neonati, riporta l’agenzia Anadolu.
Negativo il parere di Mustafa Akıncı dall’aprile 2015 presidente del Nord di Cipro, quarto a ricoprire questa carica e successore di Derviş Eroğlu. Akıncı non ha sostenuto l’operazione Spring Peace e ha affermato che l’operazione dovrebbe essere conclusa il più presto possibile, sottolineando che quella che viene fatta passare per un’operazione di pace in realtà è una vera e propria guerra “dove scorre il sangue” come fu l’operazione di pace del 1974, che pose fine ai massacri di turco-ciprioti.
Il vicepresidente della Turchia Fuat Oktay domenica scorsa ha biasimato Akinci per le sue osservazioni sull’operazione antiterroristica in corso nella Turchia settentrionale.
“Condanno (Ndr.: Mustafa) Akinci che ignora il fatto che l’Operazione Peace Spring si sta svolgendo contro la sanguinaria organizzazione terroristica PKK / PYD per la stabilità della regione”, ha dichiarato Fuat Oktay su Twitter. “La nostra lotta nell’operazione di pace di Cipro del 1974, è stata condotta con l’obiettivo di portare pace e prosperità nella regione e riportare la pace in Siria. Le “spiacevoli osservazioni” di Akinci non riflettono l’opinione dei ciprioti turchi”.
Secondo le ultime notizie dell’agenzia di stampa Ap, in queste ore le forze turche stanno avanzando verso la città di Ain Eissa, lungo il confine tra Turchia e Siria, per un nuovo attacco contro i curdi. La città ospita un campo con circa 12.000 persone, tra cui circa 1.000 donne straniere con legami con l’IS e i loro figli, oltre che una base di coalizione guidata dagli Stati Uniti.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede in Gran Bretagna, afferma che gli aerei da guerra turchi hanno già colpito i villaggi vicino al campo di Ain Eissa nelle prime ore di oggi. Le forze curde hanno fatto sapere che oltre 700 sostenitori dello Stato islamico sono già riusciti a fuggire.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che da subito ha fatto sapere di non sostenere operazione turca, da lui ritenuta “una cattiva idea”, ha fatto sapere che ora si aspetta che la Turchia, dopo aver “invaso” la Siria, rispetti “tutti i suoi impegni”, tra cui “proteggere i civili, le minoranze religiose, inclusi i cristiani, e assicurare che non ci sarà alcuna crisi umanitaria”. “Inoltre la Turchia”, ha aggiunto, “è ora responsabile nel garantire che tutti i combattenti dell’Isis catturati restino in prigione e che l’Isis non rinasca in nessun modo o forma. Noi li richiameremo ai loro impegni”, ha proseguito il tycoon, “ma monitoreremo strettamente la situazione”. “Fin dal primo giorno in cui sono entrato nell’arena politica, ho detto chiaro che non volevo combattere queste guerre senza fine e senza senso, specialmente se non portano vantaggi agli Stati Uniti” ha aggiunto Trump in un comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo il ritiro delle truppe Usa e l'”invasione” della Siria da parte della Turchia.
Anche il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab ha espresso “seria preoccupazione” dopo l’offensiva “unilaterale” della Turchia. Questa operazione “può destabilizzare la regione, esacerbare la crisi umanitaria e minare i progressi compiuti nella lotta contro l’Isis”, ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico in una nota, avvertendo che il Regno “non sosterrà progetti di rimpatrio di rifugiati siriani fintanto che non saranno predisposte condizioni per un ritorno volontario e sicuro”.
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