di Qiang Wu
“Chiunque sia impegnato in spinte separatiste in qualsiasi parte della Cina sarà ridotto in polvere e fatto a pezzi. Ogni forza esterna che supporta la divisione della Cina si illude”. Sono le parole, durissime, dette ieri dal premier cinese Xi Jinping al primo ministro nepalese KP Sharma Oli, secondo quanto riferito dalla tv statale cinese Cctv, durante la sua visita in Nepal. Insomma nel bel mezzo delle proteste pro-democrazia di Hong Kong, le critiche Usa sulla situazione delle minoranze musulmane dello Xinjiang e la spinta indipendentista di Taiwan, Xi ha usato toni più duri probabilmente per evitare che questo spirito di ribellione da Hong Kong, che è già una spina nel fianco, di diffonda in altri territori.
Gli obiettivi della Cina
Secondo Ken Moritsugu, direttore delle notizie dell’AP per la Grande Cina, che ha trattato le questioni asiatiche per oltre un decennio, scrive il corrispondente di Ap, Yu Bing, il presidente Xi Jinping ha un obiettivo ambizioso per la Cina: raggiungere il “ringiovanimento nazionale” come nazione forte e prospera entro il 2049, che sarebbe il 100 ° anniversario del dominio del Partito Comunista. Obiettivo questo anche di Donald Trump che continua a ripetere che vuole rendere di nuovo “grandi e primi” gli Stati Uniti.
Lo scontro tra una potenza emergente e quella dominante nel mondo è ora la più grande sfida che il Partito Comunista Cinese vuole affrontare sicuro di durare più a lungo di quello dell’Unione Sovietica che nel passato ha governato per 74 anni fino al suo crollo nel 1991 sotto il peso della stagnazione economica. Contrariamente a quello che ha fatto il Partito Comunista Cinese che ha progettato un notevole cambiamento politico, reprimendo il dissenso, trasformando il Paese in una forza economica globale. La popolazione però sta invecchiando e le ambizioni di Xi, sia economiche sia militari, si scontrano con gli interessi americani. Nel periodo di forte crescita della Cina erano molti quelli che credevano che offrendo l’opportunità a questo Paese di diventare più interdipendente, venisse così spronato ad interagire maggiormente con tutti. Invece la Cina evidentemente non aveva grandi piani di condivisione e con la sua adesione all’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, accettando di rispettarne le regole in cambio dell’opportunità di avere migliore accesso ai mercati esteri, si appropriandosi di conoscenze commerciali fino a quel momento addirittura sconosciute. Anche questo concetto ripetutamente ribadito da Trump definendo la Cina una minaccia e limitando di conseguenza l’accesso delle aziende cinesi alla tecnologia americana e imponendo dazi sui suoi prodotti in una crescente guerra commerciale che minaccia l’economia globale.
Militarmente i cinesi puntano a riconquistare il ruolo di potenza asiatica dominante, motivo per cui l’attuale collisione con gli Stati Uniti era inevitabile. “Abbiamo dormito abbastanza a lungo'”, ha dichiarato ad Ap David Zweig, ricercatore di lunga data in Cina e professore emerito presso l’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong. “La Cina ora si sente abbastanza forte da compensare quei 100 anni di umiliazioni e tornare ad essere una grande potenza”.
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