di Frank Vannelli
“Siamo molto soddisfatti di aver negoziato questo nuovo accordo” sulla Brexit”. queste le parole del premier spagnolo Pedro Sanchez al termine dei lavori del Consiglio europeo. “Con questa intesa assicuriamo che ci sia una Brexit ordinata, garantiamo a vita i diritti dei cittadini spagnoli ed europei che vivono nel Regno unito, preserviamo l’integrità del mercato interno rispetto agli accordi del Venerdì Santo e vengono anche mantenuti gli impegni di Londra per quanto riguarda il bilancio finanziario” dell’Ue”, ha spiegato il premier: “Ora tocca al parlamento britannico ratificare questo accordo che ha raccolto l’appoggio dei Paesi membri al Consiglio europeo”. “Sulla questione molto sensibile di Gibilterra, la Spagna comincerà dei negoziati bilaterali con il Regno unito”, ha poi sottolineato, “dobbiamo avere approccio più costruttivo possibile per risolvere questo contenzioso storico su Gibilterra”.
Insomma Boris giovedì dopo aver siglato un accordo dell’ultimo minuto a Bruxelles concordando un confine doganale nel Mare d’Irlanda, come dice Sanchez, ora dovrà passare sotto le forche caudine del Parlamento per ottenere (o meno) la convalida dell’accordo. Molti sono coloro che affermano che a strada verso la ratifica sia in discesa, ma c’è anche chi invece fa notare, come scrive The Guardian “che nonostante le reazioni positive del governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney e le dichiarazioni di sostegno di numerosi parlamentari laburisti, i piani di Johnson oggi siano stati messi in discussione da un gruppo interpartitico guidato da Oliver Letwin e Hilary Benn. In pratica, i parlamentari conservatori e i laburisti presenteranno un emendamento che consentirà al parlamento di negare la sua approvazione fino a quando non sarà approvata la legislazione per l’attuazione della Brexit”.
A quanto pare i laburisti dovrebbero sostenerlo, come anche i conservatori ribelli tra cui Philip Hammond e David Gauke, quindi è probabile che l’accordo passi. Letwin nel frattempo ha voluto fare sapere che il suo piano non è quello di bloccare un accordo. Da notare è anche che se Johnson si fosse assicurato il sostegno della maggioranza dei parlamentari, non avrebbe superato il test stabilito dall’atto di Benn, che obbliga il Primo Ministro a chiedere una proroga del periodo in modo da evitare una Brexit No Deal.
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