di Colin Anthony Groves
Il Parlamento britannico ha riservato un duro colpo al primo ministro britannico Boris Johnson votando oggi il rinvio (alla settimana prossima) della decisione di appoggiare il suo accordo sulla Brexit con l’Unione europea. Così ora il primo ministro è tenuto per legge a chiedere all’UE di ritardare la partenza della Gran Bretagna, attualmente prevista per il 31 ottobre. E se non lo fa rischia pure di andare in carcere. Ma Johnson, che finora ha sempre detto no a questa ipotesi, ha ribadito di voler ancora rispettare la scadenza e di non volere “negoziare” un rinvio con l’UE.
Ma il numero uno di Downing Street ora ha le mani legate e non può non prendere in considerazione l’emendamento, promosso dal dissidente Tory, Oliver Letwin, che lo obbliga a prendere una proroga. Lo ha confermato lo stesso Letwin che ha affermato di essere favorevole all’accordo raggiunto dal premier Boris Johnson con l’Ue, ma di voler essere sicuro di evitare ogni rischio di no deal “per errore” sottolineando di non essere il solo a volerlo e di avere avuto il sostegno trasversale e decisivo di altri ‘ribelli’ conservatori, degli unionisti nordirlandesi del Dup e della gran parte dei deputati dei partiti di opposizione.
Come dire al voto non si scappa. I legislatori che hanno votato no all’accordo sulla Brexit fino a quando non sarà approvata la legge per attuarla sono stati 306 (mentre quelli che hanno votato si sono stati 322).
Johnson, forte del suo accordo con l’UE raggiunto all’inizio di questa settimana ha dichiarato di non essere “scoraggiato o sgomento” dal risultato e ha fatto sapere di essere intenzionato ad andare comunque avanti.
“Non negozierò un ritardo con l’UE e la legge non mi obbliga a farlo”, ha affermato il premier britannico. “Dirò ai nostri amici e colleghi nell’UE esattamente cosa ho detto a tutti negli ultimi 88 giorni del mio mandato ossia che un ulteriore ritardo sarebbe negativo per questo paese, negativo per l’Unione europea e negativo per democrazia.”
Insomma il governo non molla. Intanto il leader della Camera dei Comuni, Jacob Rees-Mogg, ha dichiarato che lunedì ci sarà un’altra riunione per parlare della legge per l’attuazione della Brexit.
Nel frattempo, la Commissione Ue che ha appreso la notizia dai media ha scritto su Twitter di essere in attesa di ricevere una risposta dagli inglesi: “Toccherà al governo del Regno Unito informarci dei prossimi passi il prima possibile”.
LA DIRETTA
Il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, ha accolto con favore il rinvio imposto a Boris Johnson sul voto sul suo deal sulla Brexit e lo ha ammonito a “rispettare la legge” anti-no deal e a chiedere ora una proroga dell’uscita dall’Ue oltre il 31 ottobre. Il Parlamento “non si farà ricattare”, ha aggiunto. Moniti sono arrivati anche dalla LibDem Jo Swinson e dall’indipendentista scozzese Ian Blackford, che hanno detto che se Johnson non rispetterà la legge e quindi non chiederà la proroga, “sarà portato in tribunale”.
Johnson ha rivendicato i meriti dell’accordo, indicato come “un nuovo modo per andare avanti” nel rispetto di quanto deciso nel referendum del 2016 dove ha vinto lo scetticismo nei confronti dell’Europa, con il desiderio però di non rompere i legami definitivamente con i Paesi dell’Unione. “Un accordo”, ha detto, “che “rimuove il backstop“, “ci ridà il controllo” e che in particolare garantisce sia l’intesa di pace irlandese sia il legame fra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito”. Un rinvio sarebbe “insensato, costoso e corroderebbe profondamente la fiducia pubblica“, ha affermato. Un altro rinvio dopo tre anni e mezzo di attesa non ha senso, ha insistito, quando sul tavolo c’è “un nuovo grande accordo” che può essere approvato. Il popolo anti-Brexit è sceso per la terza volta in piazza a Londra per la People’s Vote March con l’obettivo di invocare un secondo referendum sull’uscita dall’Unione Europea. Secondo gli organizzatori, alla marcia sta partecipando “un milione di persone”.
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