Boris Johnson invia le TRE lettere dell’UE: una (non firmata da lui) chiede di ritardare la Brexit oltre il 31 ottobre, la seconda chiarisce che la prima proviene dal Parlamento, non dal governo, e la terza esorta Bruxelles a NON concedere una proroga
Ieri poco prima della mezzanotte ben tre lettere sarebbero state inviate dal governo a Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo.
La prima è stata la lettera richiesta dal Benn Act, per chiedere all’UE di ritardare la Brexit oltre la scadenza del 31 ottobre, ma non firmata da Boris Johnson. La seconda era una lettera di accompagnamento, scritta da Sir Tim Barrow, rappresentante permanente del Regno Unito a Bruxelles, che chiariva che la prima lettera proveniva dal Parlamento, e non dal governo.
La terza esorta Bruxelles a non concedere una proroga
Lo storico lotto di corrispondenza, inviato da Sir Tim sia in formato cartaceo che elettronico, in pratica altro non era che la risposta ribelle del Primo Ministro alla stretta del Parlamento che ieri non gli ha confermato il supporto sperato rinviando la decisione alla prossima settimana. Così ora in questa grande partita a scacchi tra Johnson e i suoi avversari, il primo ministro con la prima missiva, non firmata, che faceva riferimento al Ben Act, ha “salvato la faccia”, visto che ha sempre dichiarato che non avrebbe mai inviato alcuna lettera, e si è messo al sicuro da eventuali implicazioni legali che gli avrebbero fatto perdere molto di più se non lo avesse fatto. “I nostri avvocati hanno permesso un’interpretazione ristretta dei termini. Siamo completamente autorizzati a farlo”, ha detto una fonte senior del governo ieri sera, al Daily Mail. Downing Street spera che altri leader dell’UE diranno no a all’estensione.
Una fonte, riferisce sempre il Daily Mail, che le probabilità che passi il si all’estensione sono a “circa il 50%”, aggiungendo che “Macron sembra particolarmente incline a non voler concedere un’estensione, e la speranza è che anche la Merkel sia della stessa idea”.
Ieri sera, l’ufficio del presidente francese ha effettivamente segnalato che non avrebbero sostenuto un’estensione, che i funzionari hanno affermato che “non è nell’interesse di nessuno”. Aggiungendo che ora tocca al parlamento britannico dire se lo approva o lo rifiuta. Ci deve essere un voto sui fondamenti”. L’aspettativa è che l’UE ritarderà qualsiasi decisione in merito a una proroga fino al 28 ottobre, in pratica appena 72 ore prima della data prevista per la Brexit, giorno in cui è previsto un vertice speciale per parlare dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, con la speranza per Johnson di avere avuto nel frattempo il consenso dei Comuni per l’accordo siglato con l’Eu. Dopo essere tornato a Downing Street dal dibattito di ieri, Johnson riporta sempre il Daiy Mail, ha trascorso la serata a telefonare agli altri leader dell’UE per parlare con loro del contenuto della sua prima lettera. “La richiesta di ritardo non è mia”, ha detto loro. “È una richiesta del Parlamento. Io non voglio alcun ritardo”.
A confermare l’uscita del Regno Unito dall’Ue il 31 ottobre, ci ha pensato stamattina Michael Gove, il ministro britannico incaricato dal premier Boris Johnson di coordinare l’intensificazione dei preparativi per portare il Paese fuori dall’Unione europea senza un accordo. Gove ai giornalisti che gli hanno chiesto se poteva garantire la Brexit a fine mese, ha risposto: “Sì, questa è la politica che abbiamo stabilito”. E poi: “Abbiamo i mezzi e le capacità per farlo”.
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