di Colin Anthony Groves
La Camera dei Comuni ha bocciato la mozione presentata dal governo di Boris Johnson per imporre un iter sprint al completamento del processo di ratifica dell’accordo sulla Brexit, processo avviato oggi con l’approvazione in prima lettura del pacchetto di leggi attuative del Withdrawal Agreement Bill. Lo stop sui tempi rappresenta un duro colpo per il premier Tory e di fatto fa svanire il suo obiettivo di un’uscita concordata del Regno dall’Ue il 31 ottobre, aprendo le porte a possibili elezioni anticipate. Il premier britannico Boris Johnson ha annunciato “una pausa” nel processo di approvazione della legge sulla Brexit dopo lo stop imposto alla Camera dei Comuni su un iter sprint. Johnson ha elogiato la Camera per l’approvazione in prima lettura della legge, ma ha deplorato la frenata sui tempi. E ha aggiunto di voler attendere ora che sia Bruxelles a prendere una decisione sull’eventuale concessione di una proroga oltre il 31 ottobre, senza negoziarla. “Comunque usciremo dall’Ue e usciremo con questo accordo”, ha concluso.
Il 17 ottobre il governo britannico e i leader europei avevano raggiunto un accordo sulla Brexit , un accordo che Theresa May non era mai riuscita a ottenere, suo malgrado, durante il suo mandato. Vero è che giunti a pochi giorni dall’uscita del Regno Unito dalla Gran Bretagna i tempi e le priorità sono cambiate e sicuramente hanno giocato a favore di Johnson che in questa fase ha avuto l’opportunità di battersi con avversari più disposti a fare concessioni, visto che la Brexit è agli sgoccioli, pur non rinunciando ad alcune tutele, per evitare un’uscita senza accordo, come si paventava prima del 17 ottobre, e senza proroghe. Insomma il timore di un’uscita senza accordi, ossia di una Brexit no deal ha sicuramente incentivato tutti a essere maggiormente propositivi. Cosa prevede il testo? Tra i tanti quello che ha fatto più discutere è stato il compromesso sui confini irlandesi che lascerebbe l’Irlanda del Nord nell’unione doganale dell’Ue, ipotesi guardata ovviamente con orrore dai pochi ma rilevanti deputati del Democratic unionist party: una forza di destra protestante nordirlandese che appoggia il governo Johnson e non ha nessuna intenzione di accettare un accordo che “spacchetti” Belfast dal resto della Gran Bretagna. Il 19 ottobre Johnson si è presentato alla Camera dei Comuni, per l’occasione aperta di sabato, con l’obiettivo di far approvare con un voto secco l’accordo sottoscritto a Bruxelles. Purtroppo per lui, non è andata così. I deputati hanno approvato con uno scarto di 16 voti (322 contro 306) un emendamento che ha obbligato Johnson a chiedere un rinvio della Brexit di tre mesi rispetto alla data originaria del 31 ottobre, in osservanza del Benn act (una legge che imponeva al premier di domandare una proroga se non si fosse raggiunta una intesa entro il 19 ottobre, come appunto è successo). Il 21 ottobre Johnson ha annunciato che si sarebbe ripresentato alla Camera per far votare il testo bloccato due giorni prima. Lo ha fatto, ma lo speaker John Bercow ha respinto la proposta di un nuovo voto facendo notare che si trattava dello stesso testo. Il 22 ottobre Johnson ha tentato di far approvare sia il suo testo di accordo sia un iter accelerato per arrivare al sì definitivo entro il 24 ottobre. Ma il Parlamento ha chiesto una proroga, per non decidere in tutta fretta il destino one way del Regno Unito.
Ora i leader Ue dovrebbero concedere il rinvio della Brexit al gennaio 2020, una dilazione di tre mesi rispetto all’ipotesi di uscita fissata al 31 ottobre 2019. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva già scritto via Twitter prima del voto a Londra che lo scenario di una Brexit no-deal «non sarebbe mai stata la decisione» dei capi di stato Ue.
Quindi la linea dei leader europei dovrebbe restare questa, a meno che non emergano i veti di paesi già riottosi alle troppe concessioni a Londra come per esempio la Francia. Intanto nel Regno Unito aleggia la minaccia, prima del verdetto della Camera dei Comuni, di una convocazione per il voto anticipato. L’intenzione di Johnson ora è incassare una maggioranza più solida e archiviare così il nodo Brexit.
Il presidente del Parlamento europeo Davis Sassoli dopo il voto di Westminster ha dichiarato: “Dopo il voto del Parlamento Britannico e l’annuncio del Primo Ministro Boris Johnson di bloccare la procedura di ratifica, sul tavolo resta la richiesta del governo britannico di una estensione fino al 31 Gennaio. Penso sia raccomandabile, come richiesto dal Presidente Donald Tusk, che il Consiglio Europeo l’accetti. Tale estensione permetterà al Regno Unito di chiarire la propria situazione e, per quanto riguarda il Parlamento europeo, di esercitare le proprie prerogative”.
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