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REGGIO CALABRIA, INSEGNANTE DI RELIGIONE FINISCE IN CARCERE ACCUSATA DI CIRCONVENZIONE DI INCAPACI


I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria – su proposta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria coordinata dal Procuratore Capo, Giovanni Bombardieri nei confronti di una donna M.D., classe 1960), insegnante di religione, accusata del reato di circonvenzione di persone incapaci, commesso ai danni di sei vittime. La misura cautelare personale eseguita rappresenta l’epilogo di articolate e complesse investigazioni, anche di natura tecnica, coordinate dal Procuratore Aggiunto della Procura Repubblica di Reggio Calabria, Gerardo Dominijanni, e dirette dai Sostituti Procuratori, Roberto Di Palma e Angelo Gaglioti, e condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Reggio Calabria. La donna tratta in arresto, nativa di Reggio Calabria ma dimorante a Messina, oltre ad avere nella propria disponibilità diversi immobili siti, sia in Calabria, sia in Sicilia, era un’assidua frequentatrice di opere caritatevoli, mense dei poveri, chiese, soggiorni della Caritas e case di riposo. Nello specifico, la donna, facendosi scudo della sua professione e delle sue abitudini in termini di frequentazioni, era solita avvicinare e irretire persone psicologicamente deboli e incapaci di autodeterminarsi, spesso aventi alle spalle anche un vissuto difficile, al fine di sottrarre loro i propri beni. Durante le preliminari fasi dell’indagine, i finanzieri reggini erano stati delegati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria a svolgere accertamenti a seguito della presentazione di una denuncia presso il medesimo ufficio giudiziario da parte di un quarantatreenne reggino che, tra l’altro, riferiva di essere stato raggirato da alcuni parenti, nel tentativo di sottrargli l’eredità lasciatagli dai defunti genitori.

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Da una prima analisi della denuncia, però, già sembravano emergere delle anomalie: infatti, il primo elemento che ha insospettito i militari operanti è stata la non corrispondenza tra la calligrafia della firma del denunciante, che sembrava essere molto elementare, come quelle tipiche dei bambini alle prime armi con la scrittura, e l’articolazione e la precisione con cui, nella medesima denuncia, venivano esposti i fatti “incriminanti” nei confronti dei parenti reggini del denunciante. A comprova dei preliminari sospetti, la successiva attività investigativa, condotta attraverso numerosi sopralluoghi e appostamenti presso i luoghi potenzialmente interessati dalla vicenda (a Reggio Calabria e a Messina), ha consentito di giungere, tramite l’incrocio di vari elementi indiziari, a uno scenario completamente differente rispetto a quello inizialmente delineato dai fatti indicati in denuncia. È, infatti, emerso che, attraverso un modus operandi ormai ben consolidato (il medesimo che si stava perpetrando anche nei confronti del “denunciante” reggino), la donna si impadronisse del patrimonio immobiliare delle vittime (quantificato in svariate decine di migliaia di euro di valore complessivo), nonché del loro denaro e di ogni loro oggetto di valore, attraverso l’indotta sottoscrizione di Procure Speciali, testamenti e deleghe ad operare su conti correnti in suo favore. Inoltre, a seguito di penetranti accertamenti effettuati in sede di perquisizione domiciliare, tra l’altro, è anche emerso che la donna, per il perseguimento dei suoi fini di circonvenzione, facesse persino ricorso a rituali e pratiche esoteriche, come è emerso da evidenze testuali e oggetti trovati dai militari operanti nel corso della perquisizione, dalle istruzioni per praticare riti magici per rimuovere le negatività a talismani di vario genere il cui scopo sarebbe stato quello di assicurare una protezione duratura. Le credenze e i rituali magico-esoterici evidentemente consentivano alla donna di incidere in modo suggestivo ed ancora più penetrante sulla già debole psiche delle vittime, aggravando ulteriormente il processo di creazione di un forte ascendente sulle stesse, ai limiti dell’instaurazione di una vera e propria forma di dipendenza. Analizzato l’intero scenario delineatosi nel corso dell’attività investigativa, per la donna sono poi scattate le manette per la donna sono poi scattate le manette per la donna sono poi scattate le manette ed ora è detenuta nel carcere di Messina-Gazzi.



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