Nonostante un rapporto del governo quest’anno elogi lo stato della riunificazione tedesca come “un’impressionante storia di successo”, con il PIL pro capite nell’ex Germania orientale che è passato dal 43% di quello nella Germania occidentale nel 1990 al 75% nel 2018 e un tasso di disoccupazione in calo, passato dal 18,7% del 2005 al 6,4% esattamente il mese scorso, non molto al di sopra del 5% della disoccupazione nazionale tedesca, molti ex tedeschi dell’est dichiarano di essere scontenti “e di sentirsi ancora come cittadini di seconda classe”, ha sottolineato anche il cancelliere Angela Merkel, che è cresciuta nella Germania orientale.
Circa tre mesi dopo la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), il cancelliere della Germania occidentale Helmut Kohl dichiarò di volere una rapida riunificazione tedesca. E le parole del cancelliere tedesco in quel momento sembrarono avveniristiche invece la reunion avvenne così rapidamente da non lasciare nemmeno il tempo ai tedeschi stessi di rendersene realmente conto. Uno shock per i 16 milioni di tedeschi orientali quanto per il resto del mondo. L’apertura del primo valico di frontiera avvenne a Bornholmer Strasse, a poche centinaia di metri dal pub Bornholmer Huette e per molti tedeschi dell’est, quello fu l’inizio di un sogno di libertà e prosperità.
Ma la rapida transizione in circa due anni da un sistema comunista, in cui lo stato copriva l’assistenza all’infanzia alla vecchiaia e tutto il resto, al capitalismo, fu un salto troppo grande per i tedeschi della Germania dell’Est e contribuì a innescare l’esodo dei giovani lavoratori residenti nella parte orientale in Occidente. Ancora oggi, solo 16 delle 500 migliori aziende del Paese, secondo uno studio del quotidiano Die Welt, hanno sede nella Germania dell’Est, e nessuna di queste è quotata nel DAX, il principale indice azionario della Borsa Tedesca.
Il 48% dei tedeschi orientali asserisce di non essersi sentito rappresentato nonostante la Merkel, nata nella Germania dell’Est, sia alla guida del Paese da oltre 14 anni. Secondo il sondaggio pubblicato sul giornale Die Zeit l’88% ha visto miglioramenti nei servizi e nei beni e il 54% ha ritenuto che il loro tenore di vita complessivo fosse migliorato. Il 73% ha asserito che la sicurezza del lavoro è sempre stata in bilico mentre il 70% ha invece puntato il dito sui crimini, in costante aumento di pari passo con l’aumento della povertà. Questo è il motivo per cui il partito Alternativa di estrema destra in Germania è salito al secondo posto assoluto in tre elezioni nella Germania orientale. Ora toccherà alla Merkel cambiare rotta,
Qualche giorno fa ha scatenato notevoli malumori l’intervento di Frau Merkel alla cerimonia di commiato per Mario Draghi, scrive Agi, dove la cancelliera non ha risparmiato lodi al presidente uscente della Bce quale salvatore dell’euro e garante della stabilità del Vecchio Continente. Non una mezza critica all’espansività della sua politica monetaria, una specie di tormentone in Germania, dove sovente Draghi viene dipinto come “Conte Draghila” che succhia i risparmi tedeschi a favore degli “inaffidabili” Paesi sudeuropei.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la Turingia: allo scopo di arginare il trionfo dell’ultradestra – qui guidata dal controverso Bjoern Hoecke, sovente sotto accusa per eccessiva aderenza a linguaggio e immaginario da Terzo Reich – nel cuore dell’ex Ddr ora si discute se sia plausibile mettere insieme un governo in cui coabitino i cristiano-democratici e la sinistra-sinistra della Linke, con la quale qualsivoglia ipotesi di collaborazione era stata categoricamente esclusa fino al giorno prima. Nel frattempo l’unica alternativa plausibile pare quella di puntare su un governo di minoranza guidato proprio dalla Cdu con l’Spd, i Verdi e i liberali dell’Fdp: un’idea che a molti in Germania fa tremare i polsi. Ma la cancelliera che ne dice? Niente, per ota ovviamente. Sarà una strategia?Intanto però il malcontento cresce.
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