di Mara Tahirović
I sopravvissuti alla guerra in Bosnia, tra cui madri che hanno perso mariti e figli nel massacro di Srebrenica, ieri hanno protestato a Sarajevo, esortando il Comitato Nobel ad annullare la decisione di assegnare il premio Nobel 2019 in letteratura allo scrittore austriaco Peter Handke. I manifestanti si sono radunati fuori dall’ambasciata svedese nel centro di Sarajevo portando con sé striscioni con slogan comparando Handke al serbo Slobodan Milosevic e ai leader della guerra serba bosniaca Radovan Karadzic e Ratko Mladic. Tutti e tre gli ex leader serbi, furono processati per genocidio prima che un tribunale delle Nazioni Unite gestisse i crimini di guerra della guerra della Bosnia del 1992-95. Milosevic è morto nel 2006 prima della fine del suo processo, mentre Karadzic e Mladic sono stati condannati e incarcerati a vita.
Handke, 76 anni, ha ricevuto molte critiche per la sua vigorosa difesa dei serbi durante le guerre degli anni ’90 che hanno devastato i Balcani quando la Jugoslavia si è praticamente disintegrata. Nel 2006, ha anche parlato al funerale di Milosevic , definendolo “un uomo piuttosto tragico” e nonostante le sentenze della Corte delle Nazioni Unite, Handke ha persistentemente negato che il massacro di Srebrenica del 1995 in Bosnia sia stato un genocidio.
Donne musulmane bosniache i cui mariti e figli vennero uccisi a Srebrenica durante gli scontri, ora si sono unite alla protesta, mostrando foto di Handke e un cartellone con scritto: “Assegnare il nobel a Handke significa avvalorare i crimini di guerra” .
Il manifestante Murat Tahirovic , sopravvissuto ai campi di tortura serbi di Bosnia, scrive Ap, ha esortato il Comitato Nobel a cambiare idea. Dicendo: “(Handke) ha sostenuto i criminali di guerra, non merita il (Nobel)”.
La protesta, scrive ancora Ap, è stata programmata durante i tre giorni della visita ufficiale dei principi di Svezia, Victoria e Daniel, che sono arrivati ieri. Il massacro di Srebrenica è stato un genocidio di oltre 8mila musulmani bosniaci, per la maggioranza ragazzi e uomini, avvenuto nel luglio 1995 nella città di Srebrenica e nei suoi dintorni, durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina.
La strage fu perpetrata da unità dell’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina guidate dal generale Ratko Mladić, con l’appoggio del gruppo paramilitare degli “Scorpioni”, in quella che al momento era stata dichiarata dall’ONU come zona protetta e che si trovava sotto la tutela di un contingente olandese dell’UNPROFOR. I fatti avvenuti a Srebrenica in quei giorni diedero una svolta decisiva al successivo andamento del conflitto. Una sentenza della Corte internazionale di giustizia del 2007, nonché diverse altre del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY), hanno stabilito che il massacro, essendo stato commesso con lo specifico intento di distruggere il gruppo etnico dei bosgnacchi, costituisce un “genocidio”. Tra i vari condannati, in particolare Ratko Mladić e Radovan Karadžić (all’epoca presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) sono stati condannati in due momenti diversi dall’ICTY, il primo all’ergastolo ed il secondo a 40 anni di reclusione. La Corte penale internazionale dell’Aia ha poi applicato la pena dell’ergastolo anche a Karadžić.
Dall’11 luglio 1995, ogni anno decine di migliaia di sopravvissuti al massacro si riuniscono fuori Srebrenica per commemorare il crimine e seppellire i resti delle vittime appena riesumati e identificati. All’evento partecipano in genere anche leader internazionali.
Munira Subasic, che ha perso marito e figlio nel massacro, ha dichiarato che le madri del gruppo delle vittime di Srebrenica hanno scritto una lettera alla regina svedese come “compagni madri” per farle sapere del sostegno di Handke ai criminali di guerra serbi durante le guerre jugoslave degli anni ’90 e hanno invitato la regina svedese a visitare Srebrenica per le commemorazioni del prossimo luglio, in occasione del 25 ° anniversario del genocidio.
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