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IRAQ, LE PROTESTE CONTINUANO SENZA SOSTA, OLTRE 40 MANIFESTANTI SONO STATI UCCISI


I manifestanti in piazza
(ph. AP / Khalid Mohammed)

di Mark Sangalli

Come in Bolivia, come Israele anche in Iraq molte sono le persone che dall’inizio di ottobre sono scese in piazza a Baghdad e nel sud, prevalentemente sciita per protestare contro un governo che definiscono irrimediabilmente corrotto, denunciando la crescente influenza dell’Iran negli affari di stato iracheni. Ogni giorno il numero delle persone che vengono uccise aumenta. Oggi, dopo l’incendio di ieri del consolato iraniano, la polizia ha ucciso 40 manifestanti. L’Iran ha condannato l’incendio del suo consolato nella città santa di Najaf e la violenza è continuata per tutta la notte nel sud dell’Iraq, dove le forze di sicurezza hanno ucciso 36 manifestanti e ne hanno feriti 245. La crescente violenza e la pesante risposta contro i manifestanti da parte di un governo ampiamente sostenuto dall’Iran hanno intensificato le tensioni. Servono grandi sforzi per attuare le riforme elettorali e anticorruzione. Il governo ha fatto sapere che sono stati creati comitati di crisi per rafforzare il coordinamento tra il Primo Ministro Adil Abdul-Mahdi e i governatori nelle province colpite dalle proteste “con l’obiettivo di fare rispettare la legge”. Almeno 350 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza, che usano abitualmente munizioni vive e gas lacrimogeni per disperdere la folla.

L’Iran ha chiesto una risposta “responsabile, forte ed efficace” al rogo del suo consolato, ha fatto sapere Abbas Mousavi, un portavoce del ministero degli Esteri, con un comunicato inviato all’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna. Il ministero degli Affari esteri iracheno ha condannato l’attacco, affermando che è stato perpetrato da “persone al di fuori dei veri manifestanti” che cercano di danneggiare le relazioni tra i paesi. La provincia di Najaf è il quartier generale dell’autorità religiosa sciita del paese guidata dal Grand Ayatollah Ali al-Sistani. Ha ampiamente supportato le richieste dei manifestanti, schierandosi con loro chiedendo ripetutamente ai partiti politici di attuare riforme serie. L’influente religioso sciita Muqtada al-Sadr, riporta Ap, ha invitato il governo iracheno a rassegnare le dimissioni “immediatamente per fermare il massacro”, mentre implorava i manifestanti di mantenere la pace.”Se il governo non si dimetterà, questo sarà l’inizio della fine dell’Iraq”, ha avvertito. A Nassiriya, 31 manifestanti sono stati uccisi durante la notte e la conta dei feriti è arrivata a 215 . Amnesty International ha denunciato la violenza, definendola un bagno di sangue che “deve fermarsi ora”. A Bassora, le forze di sicurezza sono state dispiegate nelle strade principali della città per impedire ai manifestanti di organizzare sit-in su strade importanti. L’autorità di regolamentazione dei media irachena si è attivata per sospendere nove canali televisivi. Al canale locale Dijla TV, racconta sempre Ap, martedì è stata sospesa la licenza per impedirle la copertura delle proteste: la redazione è stata chiusa, le attrezzature sono state confiscate e i giornalisti sono stati minacciati. 

Il gruppo estremista dello Stato Islamico, nel frattempo, ha rivendicato la responsabilità degli attentati coordinati di martedì in tre quartieri di Baghdad che hanno ucciso cinque persone. Gli attentati, avvenuti lontano da piazza Tahrir dove si sono riuniti i manifestanti, sono stati il ​​primo apparente attacco coordinato dall’inizio delle proteste antigovernative.



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