di Colin Anthony Groves
Paul Huntsman, editore del Salt Lake Tribune, è riuscito a trasformare, la società editrice cui fa capo il suo celebre quotidiano, in un ente no profit. Un’operazione singolare perché apparentemente in contrasto con i trend e gli obiettivi di numeri (di copie vendute e di guadagno) che si pone di prassi chi fa i giornali. Ma che in realtà nasconde un piano B, quello di potere richiedere detrazioni fiscali per donazioni a sostegno del suo giornale. Anche perché Huntsman, figlio del ricco industriale Jon Huntsman, non è certo uno sprovveduto. Quando ha acquistato il Tribune nel 2016 dall’hedge fund che lo aveva gestito, aveva le idee chiarissime. Voleva mantenerlo in vita. “Sono sorpreso, francamente, di essere il primo a fare questo tipo di operazione”, ha detto Huntsman ad Ap. “Non sono un giornalista. E mi sono domandato perché non c’era nessuno che facesse qualcosa di simile, invece di attendere l’arrivo dell’aiuto di un altro”. Nel 2011 il Tribune aveva uno staff di 148 persone che oggi è sceso a 60. “Si è trattato solo di cercare di capire un percorso verso la sostenibilità, piuttosto che capire un tasso di rendimento”, ha detto. Huntsman ha affermato di essere felice di condividere la sua esperienza con altri editori nella speranza che l’idea di Tribune possa diffondersi ed essere utile in tutto il settore.”Abbiamo bisogno di un buon giornalismo”, ha detto ad Ap. “Dobbiamo continuare a sostenerlo nel nostro stato e speriamo che altri lo vedano allo stesso modo.”
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