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NELLE MIRE DI USMAN KHAN, L’ATTENTATORE UCCISO SUL LONDON BRIDGE, ANCHE BORIS JOHNSON, IL DECANO DI ST. PAUL E I DUE RABBINI DELL’AMBASCIATA AMERICANA E DELLA BORSA


di Colin Anthony Groves

Aveva 28 anni, e il 10 marzo 2020 avrebbe compiuto 29 anni, Usman Khan l’attentatore che ieri sul London Bridge ha accoltellato i passanti uccidendone due e ferendone altri tre, prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia. Khan era stato rilasciato in libertà vigilata l’anno scorso, per reati di terrorismo.

Condannato nel 2012 è stato rilasciato nel dicembre 2018 “su licenza”, dopo aver scontato sei anni, anziché 8, previsti dalla successiva sentenza della Corte di Appello del 2013

Secondo alcune fonti Khan indossava un’etichetta elettronica e una finta giacca suicida durante l’attacco. Diversi media britannici invece hanno riferito che indossava un braccialetto elettronico alla caviglia. Prima dell’attacco Khan stava partecipando a un evento a Londra ospitato da ‘Learning Together‘, un’organizzazione con sede a Cambridge che lavora per il recupero e reinserimento sociale dei carcerati.

In questo frame parte del video reso disponibile da @HLOBlog, Usman Khan, dopo avere pugnalato diversi passanti, è circondato dalla polizia sul London Bridge, a Londra, venerdì 29 novembre 2019. Usman indossava un finto giubbotto esplosivo ed è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dai primo agenti arrivati sul London Bridge, ha riferito la polizia e il sindaco della città. (@HLOBlog tramite AP)

Finito in carcere per essere stato condannato per reati di terrorismo, incluso il complotto per l’attacco alla London Stock Exchange (la Borsa di Londra) nel 2010, ispirato da Al Qaeda, per fortuna poi sventato dall’MI5 (ossia il servizio di sicurezza , noto anche come MI5, Military Intelligence, Sezione 5, che è l’ agenzia nazionale di controspionaggio e di sicurezza del Regno Unito) e dalla polizia, Khan faceva parte di una banda di nove estremisti di Stoke-on-Trent, a Cardiff e a Londra, anche loro condannati dal tribunale di Woolwich e finiti in prigione nel febbraio 2012. 

Tra i primi obiettivi elencati dagli estremisti, nel loro elenco scritto a mano, c’era quello di fare esplodere una bomba nei bagni della London Stock Exchange e nello Stoke pub al 103 di Stoke Rd, nel Guildford. E sotto, scritti a mano, sempre elencati in ordine sparpagliato avevano scritto i nomi e gli indirizzi dell’allora sindaco di Londra, Boris Johnson, del decano della Cattedrale di St Paul e dei due rabbini, dell’ambasciata americana a Londra e della Borsa, evidentemente anche loro divenuti obiettivi sensibili per il gruppo estremista islamico

Il premier Boris Johnson
(Jessica Taylor / House of Commons via AP)

Nelle motivazioni scritte 7 anni fa dal giudice Justice Wilkie nella sentenza del 9 febbraio 2012 n° T20117593 , si legge anche che Khan assieme ad altri due imputati, Nazam Hussain e Mohammed Shahjahan, aveva pianificato di istituire una “struttura di addestramento militare terroristica”, nelle aree tribali amministrate dal governo pakistano (Fata), su terreni di proprietà della sua famiglia nel Kashmir, una regione situata a nord del subcontinente indiano fra India e Pakistan. Khan era un sostenitore di Al-Muhajiroun, il gruppo guidato da Anjem Choudary, un islamista britannico, già condannato per aver invitato il sostegno allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante e considerato il “più estremista, prolifico e pericoloso attivista sociale e politico del Regno Unito”.

Nella sentenza si legge che ad Usman Khan, Mohammed Shahjahan e Nazam Hussain era stato affidato il compito di viaggiare e partecipare a riunioni operative, di organizzare raccolte fondi per l’addestramento terroristico per aiutare i compagni a viaggiare all’estero e a impegnarsi nella formazione per atti di terrorismo

Mohammed Chowdhury, Shah Rahman, Abdul Miah e Gurukanth Desai invece avevano il compito di procurarsi il materiale esplosivo per poi compiere l’attentato alla London Stock Exchange

Il giudice Wilkie, scrisse che la banda aveva intrapreso una “battaglia a lungo termine nel terrorismo” che avrebbe anche potuto provocare atrocità in Gran Bretagna. Wilkie precisò: “Era previsto da tutti tutti che alla fine loro e le altre reclute potessero tornare nel Regno Unito come terroristi addestrati ed esperti disponibili per eseguire attacchi terroristici in questo paese”. Gli uomini erano per lo più cittadini britannici a parte due nati in Bangladesh. Tutti gli imputati, salvo Mohibur Rahman, si sono dichiarati colpevoli



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