LA PRODUZIONE DI LIBRI IN ITALIA
Tanti piccoli editori ma 5 titoli su 6 sono pubblicati dai grandi editori
Il settore della produzione editoriale italiano è caratterizzato storicamente da due forti polarizzazioni strutturali: l’una dimensionale – prevalgono operatori di piccole e piccolissime dimensioni – e l’altra geografica – con una forte concentrazione della produzione al Nord. Si osservano tuttavia segnali di un settore in trasformazione: in venti anni (1998-2018) l’editoria si ricompone in favore di una dimensione più ampia, aumentano i titoli pubblicati ma si riduce la tiratura complessiva. Sono 1.564 gli editori attivi censiti nel 2018: il 51,1% ha pubblicato un numero massimo di 10 titoli all’anno (“piccoli editori”), il 33,8% fra le 11 e le 50 opere (“medi editori”) e soltanto il 15,2% ha pubblicato più di 50 opere annue (“grandi editori”).
I grandi editori coprono quasi l’80% della produzione in termini di titoli (79,4%) e il 90% della tiratura: se i piccoli editori pubblicano in media quattro titoli all’anno, stampando ciascuno poco più di 5.500 copie, le grandi case editrici producono mediamente 254 opere librarie per una tiratura di oltre 600mila copie. Nel confronto con gli editori di medie dimensioni il vantaggio dei “grandi” è quantificabile in un rapporto pari rispettivamente a cinque a uno in termini di titoli e dodici a uno per la tiratura. Oltre il 50,0% degli editori attivi ha sede nel Nord del Paese (31,4% nel Nord-ovest e 20,8% nel Nord-est), il 29,8% al Centro e il 18% nel Mezzogiorno (12,9% al Sud e 5,1% nelle Isole). In Lombardia e nel Lazio opera il maggior numero di editori attivi (20,3% e 17,3%): due regioni che insieme ospitano il 48,1 dei grandi operatori, il 38,6% dei medi e un terzo dei piccoli. In particolare, a Milano e Roma si concentra circa un quarto degli editori attivi e il 39,7% dei grandi marchi.
In aumento l’offerta di libri, si punta sulle novità, diminuisce l’invenduto
Con 75.758 titoli pubblicati, il 2018 conferma il trend in crescita della produzione editoriale dell’anno precedente. Rispetto al 2017 si rileva un lieve aumento della produzione editoriale (+1,1% in totale; +1,2% per i grandi; +1,7% per i medi e -3,3% per i piccoli) in un mercato che punta sempre più sulla novità (61,7% di “prime edizioni”) e meno sulla longevità dei prodotti pubblicati (32,7% di “ristampe” e 5,6% di “edizioni successive”). Riprende invece la tendenza a ridurre la quantità di copie stampate: il calo della tiratura complessiva è del 2,9% rispetto al 2017 (-2,2% per i grandi, -6,9% per i medi e -17,4 per i piccoli). La “questione dell’invenduto” si ripropone anche nel 2018, sebbene il fenomeno sia in leggero calo rispetto agli anni precedenti: il 21,9% degli operatori del settore dichiara giacenza e reso per oltre la metà dei titoli pubblicati (27% fra i piccoli editori; 18,4% fra i medi; 12,2% fra i grandi).
Superspecializzati più della metà dei piccoli editori
L’editoria per adulti domina l’offerta del 2018 (78,6%), le opere scolastiche sfiorano il 13% e quelle per ragazzi non raggiungono il 9%. Queste ultime sono comunque in crescita rispetto al 2017: per l’editoria scolastica in particolare si osserva un aumento della produzione in termini sia di titoli (+2,8%) sia di copie stampate (+11,8%). Quanto ai contenuti editoriali, vi è una prevalenza di testi letterari moderni (27,8%), categoria ampia che include romanzi, racconti, libri gialli e d’avventura, nonché libri di poesia e testi teatrali: gli oltre 13mila romanzi e racconti pubblicati rappresentano da soli il 17,8% dei titoli e il 28,1% delle copie stampate. L’offerta editoriale si compone inoltre di titoli di argomento religioso/teologico (7,2%), storico (6,5%), di diritto e amministrazione pubblica (5,8%), pedagogico e didattico (4,1%). I diritti di edizione del 14,3% delle opere librarie sono stati acquistati all’estero: si tratta di oltre 10mila titoli che corrispondono a circa 41 milioni di copie (quasi un quarto della produzione complessiva), in prevalenza narrativa moderna. Ancora molto ridotta è invece la quota di opere i cui diritti di edizione sono stati venduti all’ester; si tratta dell’1,2% della produzione libraria italiana, per un totale di 5,1 milioni di copie stampate. A fronte di produzione e tiratura quantitativamente limitate, i piccoli editori sembrano orientarsi verso target di lettori molto specifici grazie a una maggiore specializzazione tematica delle proposte editoriali: il 66,8% degli editori specializzati è infatti composto da piccoli editori (il 53,3% ha una produzione tendenzialmente monotematica), solo il 10,7% da grandi case. Nella narrativa per ragazzi la quota di libri tradotti da una lingua straniera raggiunge il 43,9%, con una netta prevalenza dell’inglese (22,1%). La quota di traduzioni è invece più ridotta nell’editoria di “varia adulti” (circa il 18% dei titoli pubblicati).
Un’opera su quattro disponibile anche in digitale
Gli editori investono sempre più nell’offerta di titoli in formato e-book: la percentuale di opere pubblicate a stampa disponibili anche in versione digitale in soli due anni è passata dal 35,8% (circa 22mila titoli nel 2016) a quasi il 40% (più di 30mila titoli nel 2018). La versione digitale è particolarmente diffusa per i libri di avventura e gialli (82,1%), i testi di informatica (62,9%) e matematica (61,4%), i libri di attualità politico-sociale ed economica (56,1%). Sono soprattutto i grandi editori a investire nel mercato del libro digitale, i quali pubblicano oltre il 90% dei libri in formato e-book, con una copertura delle opere pubblicate a stampa del 45,8%.
Soltanto una parte minoritaria degli e-book pubblicati (13,4%) presenta contenuti o funzionalità aggiuntive rispetto alla versione a stampa della stessa opera; in larga parte sono, invece, trasposizioni digitali del testo stampato su carta. La pubblicazione di libri esclusivamente in formato e-book, cioè senza una corrispettiva versione cartacea, è poco frequente tra gli operatori osservati: riguarda solo il 5,6% (11,4% per i grandi editori). Secondo gli editori attivi la caratteristica degli e-book più apprezzata dal pubblico è il prezzo di vendita ridotto (71,7%), seguita dalla facilità di trasporto e di archiviazione dei contenuti (51%). Meno rilevante la facilità di reperimento e di acquisizione dei titoli (19,1%), la fruizione interattiva (ricerche sul testo, segnalibri, note, applicazioni per la formattazione) (16,9%) e la multimedialità (11,3%). I principali ostacoli alla diffusione degli e-book segnalati dagli editori sono, di converso, l’immaterialità del libro digitale (51,7%), l’insufficiente alfabetizzazione informatica dei lettori (38,9%) e lo scarso comfort visivo (32,6%). Anche il basso numero di lettori forti è indicato come un elemento critico (26,2% dei rispondenti). Gli editori – soprattutto i grandi – diversificano la loro offerta digitale producendo contenuti collaterali alla più collaudata pubblicazione di e-book: digitalizzano testi in catalogo (22,1% degli editori attivi: 38,8% fra i grandi, 15,4% fra i piccoli), stampano su richiesta (18,5% in media; 31,2% fra i grandi), progettano banche dati o offrono servizi Internet (9,7% in media; 12,2% fra i grandi). Fra i grandi editori cresce inoltre la produzione di audiolibri (15,2%, su un totale del 4,6% degli editori attivi, +7,8 punti percentuali rispetto al 2016) e la collaborazione con piattaforme online per la loro fruizione (12,2%, +5,4 punti percentuali). Il fatturato che deriva dalla vendita di contenuti digitali (e-book, banche dati e servizi web) resta tuttavia limitato: non supera il 10% del totale per il 92,6% degli editori, indipendentemente dalla dimensione d’impresa.
In lieve rialzo il prezzo dei libri, soprattutto nella piccola editoria
I prezzi di copertina dei prodotti editoriali registrano nel 2018 un lieve aumento rispetto al 2017: il costo medio di un libro passa da 19,65 a 20,04 euro. I titoli dei piccoli editori registrano l’incremento maggiore (+2,04 euro sul 2017; 24,08 euro il prezzo medio 2018) e i titoli dei grandi editori quello più contenuto (+26 centesimi; 19,49 euro il prezzo medio). Come per gli anni precedenti, circa la metà della produzione libraria è costituita da opere con un prezzo di copertina non superiore a 15 euro (48,0%) mentre il 27,7% dei titoli ha un prezzo compreso tra 10 e 15 euro. Relativamente più elevati i prezzi dei testi scolastici: poco più della metà (53,3%) è superiore ai 15 euro e meno di un quinto (18,0%) ha un prezzo entro i 10 euro.
Librerie indipendenti e store online i canali di distribuzione sui quali puntare
Su una scala da 0 a 10 (con 10 punteggio di massima efficacia), le tre modalità di distribuzione ritenute più strategiche dagli editori sono le librerie indipendenti (7,7 il punteggio medio), i canali di distribuzione online (7,2) e gli eventi come fiere, festival e saloni della lettura (6,8). La grande distribuzione organizzata (supermercati, grandi magazzini) e i punti vendita generici (edicole, cartolerie, autogrill, uffici postali) sono considerati canali di distribuzione relativamente meno efficaci per accrescere la domanda e ampliare il mercato editoriale (rispettivamente 5,0 e 4,9 il punteggio medio). Anche rispetto ai canali di commercializzazione effettivamente praticati, al primo posto figurano le librerie indipendenti (punteggio 6,0), seguite dall’online (5,7): in entrambi i casi sono canali preferiti soprattutto dai grandi editori (punteggi pari a 7,2 e 7,5). Il 24,9% degli editori attivi aderisce a una associazione di settore (54,0% i grandi; 28,4% i medi; 13,9% i piccoli), soprattutto per essere informati e aggiornati sulle novità normative e commerciali (49,9% in media; 56,3% tra i grandi editori), ma anche per fare rete con operatori della medesima dimensione d’impresa (33,5% in media; 38,0% fra i medi editori) e riuscire a rappresentare con maggiore forza le proprie istanze nei confronti delle istituzioni (23,1%). Meno rilevanti, fra le motivazioni, la possibilità di ricevere consulenze su temi di interesse come adempimenti amministrativi, diritto d’autore, fisco, relazioni sindacali (17,1% in media; 20,3% tra le grandi case) e la maggiore facilità di partecipazione a fiere nazionali e/o internazionali (17,6% in media; 23,3% fra gli editori medi).
Impaginazione e grafica parti integranti dell’attività editoriale
Gli editori svolgono un’ampia gamma di attività propedeutiche, funzionali e/o collaterali alla pubblicazione in senso stretto, che accompagnano tutto il processo di produzione di un’opera, dalla sua ideazione e progettazione fino alla stampa: esaminano e valutano i manoscritti proposti (74,5%), si dedicano allo scouting editoriale per la ricerca di nuovi autori (44,4%), supportano gli autori nella redazione dei manoscritti e ne curano la revisione (editing, peer-review, normazione dei contenuti) (75,2%), correggono le bozze (84,7%) e curano l’impaginazione, la grafica e la realizzazione della copertina (87,6%). La differenza tra grandi e piccoli editori è evidente per tutte le attività, particolarmente per quelle di scouting editoriale (70,5% per i grandi; 35,9% per i piccoli) e di traduzione (80,6% per i grandi, 42,8% per i piccoli). Interessante osservare come le attività di traduzione siano le uniche per le quali è più elevata la percentuale di editori che esternalizzano il servizio (33,6% in media).
Metà degli editori presenti in saloni e festival letterari
Le attività di produzione editoriale si arricchiscono sempre più di nuovi contenuti e competenze. Oltre la metà degli editori attivi ha partecipato nel 2018 a saloni o festival letterari in Italia e/o all’estero (52,0% in media; 73,4% grandi; 65,2% medi; 36,9% piccoli); il 38,9% (oltre la metà dei grandi) ha pubblicato anche riviste e/o periodici oltre ai libri e il 41,1% (46,0% fra i grandi) si è dedicato all’organizzazione di convegni, conferenze, seminari o festival letterari. Il 27,8% (35,0% fra i medi editori), infine, organizza nel corso dell’anno iniziative di educazione alla lettura nelle scuole, nelle biblioteche o nelle librerie. Sempre per quanto riguarda l’organizzazione di attività collaterali alla produzione editoriale, non sono trascurabili le quote di editori che effettuano attività di self-publishing (21,0% in media, senza differenza tra piccoli, medi o grandi), organizzano corsi formazione (16,3% in media; 24,9% grandi; 14,4% piccoli), realizzano – direttamente o indirettamente – prodotti gadget non book (18,6% in media; 34,2% grandi; 13,6% piccoli) o si dedicano alla commercializzazione di prodotti editoriali di altri editori (17,9%; 26,2% grandi e 15,3% piccoli). Un quinto dei grandi editori partecipa a saloni e festival non letterari (sul 25,4% in totale).
LA LETTURA DI LIBRI IN ITALIA
Ragazze teen-ager le lettrici più affezionate
Nel 2018 rimane sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente il numero di lettori[i]di libri. A partire dall’anno 2000, quando la quota di lettori era al 38,6%, l’andamento è stato crescente fino a toccare il massimo nel 2010 con il 46,8% per poi diminuire di nuovo fino a tornare, nel 2016, al livello del 2001 (40,6%), stabile fino al 2018. Nel 2018 la quota più alta di lettori continua a essere quella dei giovani. La quota di lettori tra i 15 e i 17 anni è pari al 54,5% nel 2018, in crescita rispetto al 47,1% del 2016. Tra uomini e donne c’è un divario rilevante. Nel 2018 la percentuale delle lettrici è del 46,2% e quella dei lettori è al 34,7%. Il divario si manifesta dal 1988, anno in cui risultavano lettori il 39,3% delle donne rispetto al 33,7% degli uomini. Nel 2018 si osserva tuttavia un aumento significativo di 4,2 punti percentuali tra i maschi da 25 a 34 anni. In assoluto, il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 19 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno). La quota di lettrici scende sotto il 50% dopo i 55 anni mentre per i maschi è sempre inferiore al 50% in tutte le classi di età.
Al Nord legge una persona su due, in Sicilia solo una su quattro
La lettura risulta molto più diffusa nelle regioni del Nord: ha letto almeno un libro il 49,4% delle persone residenti nel Nord-ovest e il 48,4% di quelle del Nord-est (Tavola 56). Al Sud la quota di lettori scende al 26,7% mentre nelle Isole si conferma una realtà molto differenziata tra Sicilia (24,9%) e Sardegna (44,7%).
La tipologia comunale è un ulteriore elemento discriminante. L’abitudine alla lettura è molto più diffusa nei Comuni centro dell’area metropolitana, dove si dichiara lettore poco meno della metà degli abitanti (49,2%) mentre la quota scende al 36,1% nei Comuni con meno di 2mila abitanti. Anche il livello di istruzione si conferma elemento determinante: legge libri il 73,6% dei laureati (75,0% nel 2015), il 46,7% dei diplomati e solo il 26,5% di chi possiede al più la licenza elementare. La lettura è poi fortemente influenzata dall’ambiente familiare: i bambini e i ragazzi sono certamente favoriti se i genitori hanno questa abitudine. Ad esempio, tra i ragazzi sotto i 18 anni legge il 74,9% tra chi ha madre e padre lettori e solo il 36,2% tra coloro che hanno entrambi i genitori non lettori.
Resistono i lettori forti
Nel 2018, poco meno della metà dei lettori (46,5%) dichiara di aver letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; si tratta dei così detti “lettori deboli” tra i quali si ritrovano la metà dei lettori maschi (50,2%) e delle persone tra 11 e 17 anni (48,6%), gli individui con al più la licenza media (52,6 %) e i residenti nel Sud (58,7%). Solo il 14,3% si annovera tra i “lettori forti” (con almeno 12 libri letti nell’ultimo anno), valore stabile rispetto al 2017. La maggiore propensione delle donne alla lettura si ritrova anche nell’intensità della lettura: il 15,3% dichiara di leggere in media un libro al mese contro il 12,9% degli uomini.
Una famiglia su dieci non ha libri in casa
Nel 2018 una famiglia su dieci non ha alcun libro in casa, valore costante da quasi un ventennio. Anche nei casi in cui è presente una libreria domestica, il numero di libri disponibili è molto contenuto: il 31% delle famiglie possiede non più di 25 libri e il 64% ha una libreria con al massimo 100 titoli. Tra le persone che dichiarano di disporre di oltre 400 libri in casa, circa una su cinque (23,1%) non ne ha letto nemmeno uno.
Anche per la lettura, confermato il divario digitale tra Nord e Sud
Negli ultimi anni si sta progressivamente diffondendo anche in Italia il consumo di prodotti editoriali digitali. Nel 2018, circa 4 milioni 800mila persone hanno dichiarato di aver letto e-book e/o libri online (l’8,4% della popolazione di 6 anni e più, pari al 20,6% dei lettori) (Tavola 59). Se si aggiungono anche coloro che hanno scaricato libri on-line, il numero sale a 6 milioni 280mila, ossia l’11% della popolazione di 6 anni e più, dato in crescita rispetto all’8,2% del 2015[i].
È pari a circa 21 milioni 340mila, invece, la quota di lettori di libri cartacei (il 37,3% della popolazione di 6 anni e più, pari al 91,9% dei lettori), mentre sono circa 490mila gli utilizzatori di audiolibri (circa l’1% della popolazione di 6 anni e più e il 2,1% dei lettori).
La lettura di libri in formato digitale (in modo esclusivo o complementare a quella di libri cartacei) è più diffusa tra i giovani lettori di 15-34 anni e molto meno nelle fasce di età successive, quasi sparendo dopo i 75 anni. Viceversa, la lettura esclusiva di libri cartacei è più diffusa tra i bambini fino a 10 anni, diminuisce via via a partire dalla fascia di età successiva, per poi crescere nuovamente tra gli over 44.
La lettura esclusiva di libri cartacei è più elevata tra le lettrici (80,6% contro il 75,2% dei lettori), mentre quella di e-book/libri online tra gli uomini (10,8% contro il 5,8% delle lettrici). Tali differenze di genere sono più marcate nelle fasce di età centrali, e più contenute nelle altre.
Considerando l’accesso ai libri in formato digitale, il tradizionale digital divide territoriale che differenzia il Nord e il Sud Italia sembra confermato: l’attività di lettura di questi prodotti riguarda, infatti, una quota di persone che va tra il 10,9% del Nord-Ovest e il 5,5% del Sud. Si confermano anche le differenze legate alla dimensione comunale: la lettura di e-book/libri on line risulta più diffusa nei Comuni centro delle aree metropolitane (11,5%), rispetto ai Piccoli centri (7% nei Comuni fino ai 2mila abitanti).
Frequentatori delle biblioteche soprattutto bambini e giovani fino ai 24 anni
Nel 2019, il 15,3% della popolazione di 3 anni e più è stato in biblioteca almeno una volta nell’ultimo anno; si tratta di circa 8 milioni e 650mila persone. L’abitudine è più diffusa tra i bambini e i giovani tra 6 e 24 anni (38,5% tra 6 e 14 anni, 35,3% tra 15 e 19, 36,1% tra 20 e 24 anni). Già a partire dai 25 anni, invece, i frequentatori delle biblioteche diminuiscono significativamente (16% tra i 25-34enni) per scendere sotto il 10% dopo i 54 anni.
Le donne vanno in biblioteca più degli uomini: 17,2% contro 13,2%. Le maggiori differenze di genere si riscontrano tra i giovani di 15-19 anni; in questa fascia d’età il 43% delle ragazze dichiara di essere stata in biblioteca, rispetto al 28,4% dei ragazzi. Tra i 20 e i 24 anni, il 42,2% delle ragazze usufruisce della biblioteca contro il 30,3% dei ragazzi.
Oltre un terzo di coloro che vanno in biblioteca (il 35,4%) vi si è recato 10 o più volte nel corso dell’anno, il 10,4% tra le 6 e le 9 volte e il 54,2% 1-5 volte. I frequentatori più assidui (10 o più volte in un anno) sono i ragazzi tra i 20 e i 24 anni (58,2%), seguiti da quelli di 25-34 anni (41,4%).
Nella fascia tra 6 e i 14 anni, dove si riscontrano le quote maggiori di frequentatori di biblioteche, solo un quarto dichiara una frequenza più alta. In questa fascia d’età la modalità prevalente è “1-5 volte nell’anno” (Tavole 62 e 62 segue).
Biblioteche più affollate in Trentino Alto-Adige, meno in Sicilia
Le biblioteche sono più frequentate nelle regioni del Nord-est (21,7% della popolazione) e del Nord-ovest (19,8%); segue il Centro che si attesta al 14,1%. Le percentuali minori si riscontrano nel Mezzogiorno (Isole 9,1% e Sud 8,6%) (Tavola 64). Le regioni con la più alta quota di frequentatori di biblioteche sono il Trentino Alto-Adige (35,4%) e la Valle d’Aosta (32,7). Seguono a grande distanza la Lombardia e l’Emilia Romagna (21,6%), il Veneto (19,6%) e il Friuli-Venezia Giulia (19,2%). Le quote più basse si osservano in Sicilia (6,9%), Campania (7,7%) e Calabria (8,0%). Il Trentino Alto-Adige e la Valle d’Aosta, oltre a presentare le quote più alte di utenti di biblioteche, si distinguono anche per le proporzioni maggiori di utenti assidui (circa 5 persone su 10). Le motivazioni che spingono le persone ad andare in biblioteca sono “prendere in prestito libri” (57,1%) e “leggere e studiare” (40,1%), sostanzialmente le stesse per uomini e donne, anche se emergono alcune differenze di genere, soprattutto rispetto al prestito dei libri: dichiarano questa motivazione il 61,3% delle donne rispetto al 51,4% degli uomini.
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