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MES I TRE OBIETTIVI RAGGIUNTI DA GUALTIERI, PRO E CONTRO


Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia

di Andrea Gurerrini

E’ stata una giornata lunga ma positiva, è stato definito un accordo di principio che dovrà essere finalizzato in linea con le procedure nazionali quindi non è finalizzato stasera”: lo ha detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al termine dell’Eurogruppo riferendosi al Meccanismo europeo di stabilità. Tre gli obiettivi raggiunti: “la possibilità di una subaggregazione dei titoli” (nell’ambito delle clausole Cacs, ndr), le ipotesi di “condizionalità sul backstop” e “l’eliminazione dalla roadmap a riferimenti al trattamento prudenziale dei titoli sovrani”. “Io sono fiducioso che su questa base sia possibile raggiungere un consenso nella maggioranza perché complessivamente è una situazione migliore di quella di partenza”: ha sottolineato il ministro definendo “demagogia priva di fondamento la campagna di Salvini e della destra”.

Il MES è stato creato nell’ottobre del 2012 per mettere ordine negli interventi, in gran parte bilaterali, a favore della Grecia, e dare continuità ad un’istituzione (l’EFSF) che la crisi dei debiti sovrani dimostrò essere necessaria. Il MES, che ha oggi circa 160 dipendenti, è regolato da un Trattato ad hoc, richiamato nel Trattato del Fiscal Compact, ed è quindi esterno al perimetro dell’Unione Europea. Questo è un limite rilevante perché accentua il carattere intergovernativo di alcune delle decisioni più importanti dell’eurozona e perché il MES non risponde delle sue azioni al Parlamento Europeo. Il processo di riforma del MES venne avviato nelle riunioni dell’Eurogruppo e dell’Eurosummit di dicembre 2018; concrete proposte di riforma hanno ottenuta un via libera di massima nelle riunioni di questi stessi organismi nel giugno del 2019. L’approvazione definitiva dovrebbe avvenire entro dicembre

“Dato che sta partendo  una sciocca e demagogica campagna #stopMES”, scrive Fabio Galli sul suo sito, “riporto di seguito alcuni brani della mia audizione alla Camera del 6 novembre 2019, in cui argomento che il MES, pur  avendo dei limiti, è un’istituzione preziosa, in cui si manifesta un notevole livello di solidarietà dei paesi più forti, in primis la Germania, nei confronti dei paesi finanziariamente più esposti alle crisi, a cominciare dall’Italia. “Il MES è una istituzione preziosa perché ha dato un contributo decisivo per risolvere le crisi di paesi che avevano perso l’accesso al mercato. Di fatto, il MES è l’istituzione che svolge la funzione di “lending of last resort” nell’Unione Monetaria. Il solo fatto che esista è un fattore che tranquillizza i mercati e rende meno probabile il ripetersi di situazioni di crisi. In sostanza, il MES è un’assicurazione che noi paghiamo, come tutti gli altri, e che non solo ci protegge in caso di crisi, ma anche riduce la probabilità che la crisi si verifichino. Il fatto che finora l’Italia non ne abbia fatto uso non significa che l’assicurazione sia inutile; significa solo che, per fortuna o per merito, non abbiamo avuto sinistri. Il MES”, prosegue Galli, “rappresenta una notevole manifestazione di solidarietà dei paesi più solidi dell’Eurozona, a cominciare dalla Germania che è il suo principale contribuente, nei confronti dei paesi più fragili, tra cui il nostro. La solidarietà si manifesta in particolare nel fatto che, a differenza di ciò che succede con una normale assicurazione, i contributi al capitale del MES (80 miliardi di euro versati, su 704 autorizzati e attivabili con breve preavviso in caso di necessità) non sono commisurati alla rischiosità di ogni assicurato, ma dipendono esclusivamente dalle dimensioni del paese in termini di Pil e popolazione. Per questo motivo, la Germania contribuisce con la quota più elevata (pari al 26,9%), anche se la sua rischiosità, misurata dagli spread o dai CDS è la più bassa dell’eurozona. L’Italia contribuisce con una quota del 17,8% che corrisponde a 14 miliardi di capitale versato e 125 miliardi di capitale autorizzato. Questi contributi sono  svincolati dal rischio. E’ infatti del tutto improbabile che la Germania possa mai avere bisogno del MES. Se anche scoppia una crisi bancaria, la Germania, avendo un debito sotto il 60 per cento, se la cava da sé. Mettetevi nei panni dell’elettore medio tedesco: perché mai dovrebbe mettere tutti quei soldi in un’istituzione di cui la Germania non avrà quasi mai bisogno e di cui forse invece possono avere bisogno paesi cosiddetti della periferia? Quindi non ci sbagliamo: il MES è uno strumento di solidarietà, pur con i limiti di cui ho detto. Per capire l’importanza del MES”, conclude Galli, “va infine considerato che i prestiti del MES sono la porta di accesso alle OMT (Outright Monetary Transactions) della Banca Centrale Europea, quelle operazioni che furono lanciate nell’agosto del 2012 e che, assieme alle frasi di Mario Draghi circa la determinazione di difendere l’euro ad ogni costo (“whatever it takes”), ebbero un forte effetto calmieratore sui mercati. In linea di principio, le operazioni OMT sono di ammontare illimitato”. Secondo Franco Bechis, direttore de Il Tempo, il Mes che Bruxelles vuole imporci nasconde un rischio mortale per gli istituti bancari. “Ci sono otto paginette terribili allegate a quelle che il premier Giuseppe Conte ha chiamato «il pacchetto» del Mes”, precisa Bechis, “che comprende anche la revisione del fondo di risoluzione delle banche e il progetto di bilancio comune dell’Eurozona. Quelle paginette sono una vera e propria bomba sul sistema del credito italiano, e non solo su quello. Le ha scritte Olaf Scholz, vice cancelliere e ministro delle Finanze tedesco, e sono la vera ragione delle preoccupazioni mostrate in una intervista dal presidente dei banchieri italiani, Antonio Patuelli. Perché la richiesta tedesca è quella di valutare con profili di rischio gli investimenti degli istituti di credito nei titoli di Stato.

Lo spiego con semplicità: oggi quei titoli sono parte del patrimonio delle banche. Con la richiesta tedesca dovrebbero invece essere considerate dei crediti, parzialmente coperti nei loro bilanci a fondo rischi. Questo significherebbe dovere riscrivere tutti i bilanci delle banche in Europa. E scoprire istituto dopo istituto che i coefficienti patrimoniali non sarebbero in molti casi più soddisfatti, e dovrebbero essere riequilibrati da corposi aumenti di capitale

Il 19 novembre scorso il direttore del dipartimento studi economici della Ieseg school of management, Eric Dior, ha pubblicato una simulazione sull’effetto che avrebbe oggi sui bilanci delle banche europee la richiesta tedesca. Nella tabella ci sono anche dieci banche italiane, che sarebbero costrette a lanciare aumenti di capitale per un totale di 16,3 miliardi di euro.

Ipotesi praticamente impossibile in questi momenti di mercato, e che porterebbe con facilità l’Italia a dovere chiedere accesso ai fondi del Mes che garantiscono anche quello salva-banche. Probabilmente la stessa necessità avrebbero altri paesi, ma il dramma sarebbe un po’ minore per la Germania

Basta snocciolare le cifre: a Unicredit, che proprio in queste ore ha divulgato un piano di contenimento dei costi che comporta un terremoto sul personale, toccherebbe fare un aumento di capitale da 4 miliardi di euro e 156 milioni di euro. Per Intesa San Paolo il danno sarebbe minore, ma non proprio senza significato: aumento di capitale da 2 miliardi e 697 milioni di euro. Per le due più grandi banche tedesche le conseguenze sarebbero di ben altra natura. A Deutsche Bank sarebbe sufficiente un aumento di capitale da 357 milioni di euro. A Commerzbank basterebbero 460 milioni di euro.

Ma i danni più rilevanti sarebbero sopportati dalle banche medio piccole

In Italia a Iccrea servirebbe per adeguarsi un aumento di capitale da 1,2 miliardi di euro. Al Monte dei Paschi di Siena appena uscito da una cura lacrime e sangue servirebbe un ulteriore aumento di capitale da 3, 2 miliardi di euro. Altri 2 miliardi sarebbero necessari per la Popolare di Milano, e più di un miliardo di aumento di capitale sarebbe necessario anche per la popolare di Sondrio e per la popolare dell’Emilia Romagna. Insomma, una mazzata. Che alla fine si abbatterebbe anche su alcune piccole banche tedesche, come su quelle francesi e su quelle spagnole.

Ma per l’Italia potrebbe rivelarsi una arma letale. Perché per salvare i propri istituti di credito che non troverebbero in gran parte la liquidità necessaria a patrimonializzare i propri bilanci, sarebbe necessario andare con il cappello in mano al Mes, che secondo il meccanismo che Giuseppe Conte difende, risponderebbe: “sì, ma il vostro debito non è sostenibile. Quindi sblocchiamo i fondi che vi servono solo se ci presentate un serio piano di ristrutturazione del debito pubblico coinvolgendo anche i risparmiatori privati”.

“Sul MES”, ha scritto oggi Matteo Salvini su Facebook, “non vorrei che il rinvio al 2020 fosse un regalo alla sinistra per “scavallare” le elezioni del 26 gennaio in Emilia-Romagna. Spero si voti in primavera: gli italiani non sono scemi e non ne possono più di liti continue, tasse, sbarchi e manette”.

Giorgia Meloni, presidente Fratelli d’Italia

Preme sull’acceleratore Giorgia Meloni, che come un fiume in piena risponde per le rime al premier Conte che in questi giorni si è detto sorpreso della reazione del leader di Fratelli d’Italia. “Presidente Conte se non ci fossero di mezzo i soldi degli italiani, stamattina io mi sarei quasi divertita ad ascoltare la sua informativa, avrei trovato divertente ascoltarla mentre dice che si meraviglia di me, non mi stupisce che lei possa essere meravigliato di qualcuno che difende l’interesse nazionale e che rimane coerente, non mi stupisce. E non mi stupisce nemmeno la disonestà intellettuale di non rivolgersi alla persona seduta alla sua sinistra Luigi Di Maio il suo ministro degli esteri che su questo tema più o meno ha detto le cose che stiamo dicendo. Mi sarei divertita ad ascoltarla mentre ci ha letto 44 minuti di resoconti parlamentari sostanzialmente per smentire il suo Governo. Perché è quello che lei ha fatto stamattina. A parte che visto che ci ha letto 44 minuti di resoconti parlamentari mi sarei aspettato che dicesse anche che c’era un partito che al Senato ha votato contro la legge di delegazione europea che prevedeva al suo interno il meccanismo europeo di stabilità e che quel partito era Fratelli d’Italia, unico partito del parlamento che ha votato contro, visto che mi ha citato, mi sarei aspettata che almeno raccontasse tutta la storia con un po’ di onestà intellettuale che le gioverebbe”. Lei viene qui è sostanzialmente dice che l’unica volta che il Parlamento ha votato e ha prodotto un atto ufficiale sul tema del meccanismo europeo di stabilità di fatto lei ha detto che lei non doveva sottoscriverlo o che non doveva andare avanti sulle trattative e sugli accordi fintanto non ci fosse stato un pronunciamento ufficiale, un dibattito dedicato a questo tema. Perfetto lei viene in questa aula e ci dice io sono stato fedele a quel compito, bellissimo. Ma allora scusi perché il suo ministro dell’economia la settimana scorsa ci ha detto che il trattato ‘non è emendabile’. Perché delle 2 una… O il trattato è emendabile perché siamo ancora di fronte a un dibattito in itinere e quindi vedremo se nei prossimi giorni riusciremo anche sulla base delle indicazioni che arrivano dal suo partito di maggioranza a modificare il trattato sul quale state lavorando oppure ha ragione il ministro Gualtieri, il trattato non è modificabile che vuol dire che lo avete sottoscritto e avete dato un accordo che non eravate autorizzati a dare su questo trattato dal Parlamento italiano”. Poi la Meloni proseguendo dice: “Lei è un presidente del Consiglio che ci riempie di menzogne insieme a tutto il suo governo e le persone che mentono sono purtroppo distanti dai precetti della nostra Costituzione, che le ricordo ci richiama l’articolo 54 allo svolgimento della funzione pubblica con onore, l’onore è decisamente qualcosa di cui difettate. Allora delle tante menzogne che avete detto riguardo a questa vicenda non c’è solo il tema del metodo, c’è anche il merito perché poi di tutto questo ci avete detto…”ma sono delle modifiche minime”. E certo perché siamo tutti cretini… un trattato che richiede l’ok di tutti i Paesi membri, ha delle modifiche minime… Le modifiche non sono minime, il presidente Conte oggi ce lo ha confermato, che il fondo salva-Stati diventerà sempre più un fondo salva-banche e poiché tutti sappiamo che oggi le banche europee più esposte sono quelle tedesche, che erano fortemente esposte sul piano dei derivati e noi abbiamo avuto un’ Unione Europea che ha fatto una politica molto rigida con le banche esposte sul piano degli npl ‘non performing loans’ dei crediti deteriorati è molto più lasca con le banche che invece avevano molti derivati. Oggi noi abbiamo dovuto salvare le nostre banche, lo abbiamo fatto con i soldi degli italiani, anche sulla base delle norme europee molto rigide nei nostri confronti. Oggi ci sono le banche tedesche che hanno un problema di esposizione eccessiva ai derivati e la Brexit potrebbe essere il detonatore che fa saltare queste banche prima di tutte la Deutsche Bank. E allora ora arriva la Germania, che non è stata molto disponibile con le nostre banche quando erano in difficoltà, a dirci “Signori ci servono i vostri soldi per consentire al fondo salva-stati di coprire al 100% il fondo salva-banche dell’Europa’ e noi siamo tutti scemi che non abbiamo capito che mentre gli italiani le loro banche le hanno salvate con i loro soldi ora i tedeschi vogliono salvare le loro con i nostri soldi? Con la modifica su questo trattato si apre la possibilità che gli stati che dovessero accedere al fondo salva stati potrebbero essere costretti a vedere ristrutturato il loro debito. Ma l’Italia non andrà in default, non dovrà accedere al fondo salva stati, ma è evidente che se noi diciamo a chi oggi deve comprare i titoli di stato italiani che domani potremmo essere costretti a ristrutturare il nostro debito, ma io sono io l’unica imbecille che pensa che questa roba qui possa diciamo avere delle conseguenze imprevedibili per la nostra economia? Oggi quando tu compri un titolo di Stato italiano i casi sono due o l’Italia paga o l’Italia va in default, nessuno prende in ipotesi che l’Italia vada in default, per questo motivo i titoli di Stato ancora vengono acquistati. Ma se un domani l’Italia dovesse accedere al fondo Salva Stati, e atteso che il credito italiano è detenuto per il 70% dalle banche italiane, è ragionevole ritenere che quelle banche potrebbero andare in default? E che non lo sappiamo che i meccanismi europei prevedono che se le banche vanno in default pagano tutti i correntisti? E allora non è legittimo dire che risparmi degli italiani sono a rischio? No non lo dobbiamo dirlo, ce lo dobbiamo tenere per noi per fare contenti questi signori perché altrimenti siamo nazionalisti? Io voglio dire la verità”, conclude Meloni, “io pretendo la verità dalla politica e queste persone la verità non la stanno dicendo. Non la possono dire. L’Italia non ha alcun interesse a sottoscrivere questo trattato come ci viene sottoposto, la verità è che io temo che Conte abbia dato l’ok di fatto a una riforma sulla quale l’italia ha tutto da perdere in cambio della benedizione delle consorterie europee”. Se non è così se non avete svenduto gli interessi italiani per la poltrona lo vedremo quando il dibattito arriverà in aula il prossimo 11 di questo mese e vedremo cosa farà Luigi Di Maio, il M5s, il partito di maggioranza relativa all’interno del Governo, basta con i proclami, abbaiate alla luna sui giornali e poi vi nascondete con la coda fra le gambe dentro il palazzo. Se ritenete davvero, come io ritengo, che questo trattato così non si possa sottoscrivere dimostratelo quando arriveranno in aula gli atti Parlamentari che possono chiedere al governo di non sottoscrivere il Trattato perché il trattato è perfettamente emendabile e l’italia lo può ancora fermare dicendo di no ed è lei che lo decide Di Maio. Una volta tanto alzate la testa e dimostrate che la vostra poltrona vale meno dei risparmi degli italiani. Presidente Conte lei si è presentato come l’avvocato del popolo non le consentiremo di diventare Il curatore fallimentare degli italiani”.



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