di Matteo Ciacci
Ad annunciarlo lo stesso ex ministro martedì 17 dicembre. L’atto trasmesso dal tribunale dei ministri di Catania al Senato
L’atto non arriva a ciel sereno e così Matteo Salvini torna sotto i riflettori della magistratura. “A firma del presidente del tribunale dei ministri Nicola La Mantia, iscritto a Magistratura democratica, viene trasmesso al presidente del Senato che Salvini sarebbe colpevole di reato di sequestro di persona aggravato abusando dei suoi poteri. Rischio fino a 15 anni di carcere. Ritengo che sia una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del suo Paese”. Lo ha annunciato lo stesso Matteo Salvini a Rete4 mostrando una lettera della procura di Catania facendo riferimento all’inchiesta relativa ai 131 migranti che lo scorso luglio vennero trattenuti per giorni a bordo della nave Gregoretti. Esattamente come accadde per il caso Diciotti. Quella volta però il Senato della Repubblica negò l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini per il reato di sequestro di persona grazie anche all’appoggio del Movimento 5 Stelle e di Forza Italia, che votarono contro la richiesta del Tribunale dei ministri di processare il leader leghista. Ora però la situazione è diversa. Salvini è di fatto all’opposizione, e la geografia politica è totalmente cambiata. E anche se il procuratore Carmelo Zuccaro aveva chiesto l’archiviazione delle accuse contro di lui, il tribunale dei ministri di Catania ha dato parere opposto e ha deciso di portare avanti il caso. L’ accusa fa riferimento alla vicenda dei 164 migranti salvati il 1° agosto 2019 dalla nave “Open Arms”, a cui l’allora ministro dell’Interno vietò l’ingresso nelle acque italiane in applicazione delle disposizioni previste dal decreto sicurezza bis. La nave rimase 20 giorni ferma davanti a Lampedusa, poi furono i pm, in seguito a un’ispezione a bordo, a ordinare lo sbarco d’urgenza. Salvini all’epoca commentò sarcasticamente: “Mi domando se in Procura ad Agrigento non abbiano cose più serie di cui occuparsi. Usano denaro pubblico, prima o poi mi verrà voglia di chiedere conto di come lo usano. È la seconda, la terza, la quarta, la quinta inchiesta. Ho fatto quello che gli italiani mi chiedevano di fare, ho difeso i confini, inizio a essere stufo. Magari chiederemo conto a qualcuno di come utilizzano il tempo e il denaro che i cittadini italiani investono in giustizia perché temo che ad Agrigento e in Sicilia ci siano temi ben più gravi che rompere le scatole a Matteo Salvini”. Parole non certo leggere che probabilmente hanno anche urtato la suscettibilità di chi ora ha deciso di andare avanti con l’inchiesta.
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