Sono 4.908 i musei e gli istituti similari, pubblici e privati, statali e non statali, aperti al pubblico nel 2018. E’ un patrimonio composto da 3.882 musei e raccolte di collezioni (79,1%), 630 monumenti (12,8%), 327 aree archeologiche (6,7%) e 69 ecomusei (1,4%). Sono strutture disseminate in modo diffuso e capillare su tutto il territorio nazionale. Un comune italiano su tre dispone di almeno una struttura museale e ne è presente circa 1 ogni 50 Kmq e 1 ogni 12 mila abitanti.Tra musei, aree archeologiche e monumenti, le regioni con la più alta concentrazione di strutture sono Toscana (553), Emilia-Romagna (454), Lombardia (433), Piemonte (411), Lazio (357) e Veneto (304).
Roma (121), Firenze (69), Torino (49), Milano (47), Bologna (46), Trieste (41), Genova (40), Napoli (38), Venezia (37) e Siena (34) sono le prime 10 città con il maggior numero di testimonianze della ricchezza storico-culturale, architettonica e archeologica dell’Italia.Oltre che nei poli di maggiore attrazione non mancano luoghi di interesse culturale anche nei piccoli e piccolissimi Comuni italiani: il 16,1% delle strutture museali è presente in comuni con meno di 2 mila abitanti, alcuni dei quali arrivano a contare sino a 5-6 strutture, mentre il 30% è localizzato in comuni da 2 mila a 10 mila abitanti. Ampia la diffusione di musei archeologici con testimonianze delle civiltà preistoriche e antiche, di aree e parchi archeologici e di manufatti di archeologia (20%) in particolare in Sardegna, Basilicata, Molise, Sicilia e Lazio. A seguire i musei che espongono collezioni e beni di arte antica, moderna e contemporanea (17,8%), presenti soprattutto in Umbria, Toscana, Marche e Lombardia, e i musei che raccontano usi e costumi delle comunità locali attraverso collezioni etno-antropologiche (11,7%), diffusi soprattutto in Basilicata, nella Provincia di Bolzano, in Calabria, Valle d’Aosta e Piemonte. I musei di arte sacra e le chiese e i monumenti a carattere religioso musealizzati sono il 10,3% del totale, situati in larga parte nel Mezzogiorno, in Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Nonostante in numero ancora limitato (1,4%), le istituzioni ecomuseali sono una realtà emergente – a oggi presenti soprattutto in Valle d’Aosta, Piemonte, nella provincia di Trento, in Calabria e in Veneto – che testimoniano la ricchezza diffusa sul territorio e non contenibile in una struttura fisica, e la volontà crescente anche delle piccole realtà locali di preservare e promuovere la memoria storica, l’identità culturale e le risorse artistiche dei luoghi attraverso progetti che coinvolgono le comunità locali.
Quasi dieci milioni di visitatori in più rispetto al 2017
Dal 2006 al 2018 il pubblico del patrimonio culturale italiano è aumentato di quasi un terzo (32,2%), crescendo mediamente a un ritmo di oltre 2 milioni e mezzo di visitatori all’anno. In particolare, è quasi raddoppiata l’utenza dei musei, dei monumenti e delle aree archeologiche statali, passando da 34,6 milioni a 54,1 milioni di visitatori, ed è cresciuto, seppure più lentamente, anche il pubblico delle strutture non statali: da 62,7 milioni del 2006 a 74,5 milioni. Negli ultimi anni l’espansione della platea dei visitatori ha registrato una significativa accelerazione: in un solo anno i visitatori delle strutture museali italiane sono aumentati di quasi 10 milioni. Nel 2018 si registra così il numero record di 128,6 milioni di ingressi (+8% rispetto al 2017): 63,4 milioni nei musei, 51,1 milioni nei monumenti, 13,7 nelle aree archeologiche e 488 mila nelle strutture ecomuseali. Le strutture statali, 460 tra musei, aree archeologiche e monumenti musealizzati, hanno attratto, solo lo scorso anno, circa 54 milioni di visitatori (pari al 42% del totale), con un’utenza media quattro volte maggiore di quella non statale (in media quasi 120 mila persone per istituto statale contro 19 mila per istituto non statale). Le 4.448 strutture non statali (rappresentate in larga parte da istituzioni a titolarità comunale, pari a 2.037, il 41,5% del totale) non superano le 2 mila presenze nell’anno in quasi la metà dei casi (il 46,5%), svolgendo un servizio di presidio culturale spesso rivolto soprattutto alla comunità locale.
Oltre 20 milioni di visitatori in sole 4 strutture, quasi la metà stranieri
Accanto all’estrema diffusione e varietà, ulteriori caratteristiche che contraddistinguono il patrimonio culturale nazionale sono la polarizzazione dimensionale e la concentrazione dei flussi di visitatori.In cima alla classifica dei luoghi più visitati figurano il Pantheon, l’Anfiteatro Flavio (Colosseo), l’Area Archeologica di Pompei e il Museo e Parco di Capodimonte, tutte istituzioni statali che hanno registrato nel 2018 più di tre milioni di visitatori ciascuna e che insieme ne totalizzano 21,5 milioni, pari al 17% del pubblico complessivo dell’intero patrimonio culturale italiano. In media è possibile calcolare circa 29 mila visitatori per struttura espositiva, ma le differenze territoriali e per tipo di struttura sono rilevanti. Ad attrarre le maggiori quantità di pubblico (100 mila ingressi per struttura) sono soprattutto le ville, i palazzi e i monumenti di interesse storico artistico, in particolare in Friuli-Venezia Giulia e nel Lazio. Per i musei, invece, quelli di arte antica e arte moderna e contemporanea di Veneto, Toscana, Campania e Piemonte, che in media hanno registrato più di 40 mila visitatori per struttura espositiva. Gli istituti museali di Abruzzo, Molise e Marche non superano invece la soglia media di 6 mila visitatori l’anno. Ad eccezione di alcuni luoghi di rilevanza nazionale e internazionale, i visitatori delle aree archeologiche risultano in flessione. Complessivamente sono stimati in 58,6 milioni gli stranieri che, nel 2018, hanno deciso di visitare il nostro patrimonio museale (46% del pubblico totale); quasi la metà visitano i musei (45,9%), il 42% i monumenti e il 12% le aree archeologiche. Non tutte le strutture sono però adeguatamente attrezzate per accogliere il pubblico straniero: solo il 53,5% dei musei propone pannelli, didascalie e schede in lingue diverse dall’italiano e in meno dei due terzi dei casi (63,7%) possono contare su personale in grado di fornire al pubblico straniero informazioni in inglese (la quota scende al 29,9% per la lingua francese, all’11,6% per il tedesco e al 10,5% per lo spagnolo) anche se il 73,1% rende disponibile materiale informativo cartaceo tradotto in varie lingue e il 73,4% offre audioguide multilingue per una migliore fruizione delle esposizioni.
Le 10 città più visitate d’Italia
Le prime 10 città italiane con la maggiore concentrazione di visitatori (il 55,5%) sono nell’ordine: Roma, Firenze, Napoli, Venezia, Milano, Torino, Pisa, Pompei, Siena e Verona. Se Firenze offre soprattutto musei di arte antica e medioevale, monumenti di interesse storico e artistico, e importanti edifici e complessi monumentali a carattere religioso, Milano si distingue in particolare per le strutture che espongono arte moderna e contemporanea, i musei tematici e i manufatti di archeologia industriale. A Napoli l’offerta di musei è decisamente più variegata: musei d’arte e di scienza, di storia naturale e di archeologia, musei industriali e complessi monumentali a carattere religioso. A Roma, invece, spiccano per numerosità soprattutto i musei, le aree e i monumenti archeologici.
Avviata ma incompleta la digitalizzazione del patrimonio culturale
Nonostante la progressiva diffusione e applicazione delle tecnologie digitali nel mondo museale, in Italia solo un museo su dieci (10,4%) ha effettuato la catalogazione digitale del patrimonio posseduto. Di questi, circa un terzo (37,4%) ha già completato il processo di digitalizzazione, due terzi hanno avviato le attività di digitalizzazione ma hanno coperto circa il 50% dei beni e delle collezioni disponibili. L’utilizzo da parte dei musei italiani di tecnologie interattive e strumenti digitali che consentono di arricchire l’esperienza di visita e l’engagement del pubblico appare ancora limitato: solo la metà delle strutture censite (44,7%) mette a disposizione almeno un dispositivo tra smartphone, tablet, touch screen, supporti alla visita come sale video e/o multimediali, tecnologia QR Code e percorsi di realtà aumentata. Se la comunicazione e l’informazione onsite presenta ampi margini di sviluppo, la comunicazione online coinvolge un numero sempre più ampio di strutture: la metà degli istituti ha infatti un sito web dedicato (51,1%) e il 53,4% un account sui più importanti social media (come Facebook, Twitter, Instragram, ecc.). E’ raddoppiato in tre anni il numero di strutture che offrono la possibilità di comprare biglietti online – dal 6,6% del 2015 al 14% nel 2018 – mentre cresce il numero di strutture che mettono a disposizione della propria utenza la connessione Wi-Fi gratuita (dal 18,6% del 2015 al 25,1% del 2018). Il 38,4% degli istituti museali pubblica sul web link a mappe digitali e/o coordinate geografiche utili alla geo-localizzazione della struttura e un museo su dieci (9,9%) offre la possibilità di visitare virtualmente il proprio istituto.
Ancora pochi i musei accessibili a tutti
Nonostante il nostro Paese vanti alcune eccellenze assolute – come “Pompei per Tutti”, il più grande itinerario facilitato di visita mai allestito all’interno di un’area archeologica – il patrimonio museale italiano presenta ancora barriere fisiche e sensoriali che impediscono alle persone con disabilità il pieno accesso alle risorse culturali disponibili. Solo la metà dei musei italiani (il 53%) è adeguatamente attrezzato per garantire l’accessibilità degli spazi e la fruibilità delle raccolte agli utenti con disabilità; la maggior parte di questi sono presenti in Umbria (64,2%), Emilia-Romagna (61,8%), Lombardia e Lazio (entrambe 60,7%). I musei della provincia di Bolzano (39,6%), nonché quelli di Emilia-Romagna (36,9%), Lombardia (34,5%) e Toscana (33,5%) mettono a disposizione più di altri assistenza specializzata all’utenza con difficoltà di visita mentre sono ancora troppo poche le realtà museali attrezzate con dispositivi e soluzioni dedicate alle persone con disabilità sensoriale (ipovedenti e non vedenti): solo il 12,6% delle strutture censite, localizzate soprattutto nel Lazio (16,6%), in Puglia (16,5%), Veneto (16,4%) e Sardegna (15,9%).
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