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IRAQ, I MILIZIANI SI RITIRANO MA LE TENSIONI CON GLI USA RESTANO


(ph. AP / Nasser Nasser)

I miliziani appoggiati dall’Iran si sono ritirati dal complesso dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad ieri dopo due giorni di scontri con le forze di sicurezza americane, ma le tensioni tra Usa e Iran restano alte riferisce Ap. Kataeb Hezbollah, la milizia appoggiata dall’Iran, che è separata dal gruppo militante Hezbollah in Libano, sebbene entrambi siano sostenuti dall’Iran, ha obbligato il Pentagono a inviare centinaia di truppe aggiuntive in Medio Oriente e il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dovuto rinviare due viaggi uno in Europa e uno in Asia. 

L’assalto, orchestrato da centinaia di miliziani e dai loro sostenitori, che avevano fatto irruzione nel complesso dell’ambasciata, distruggendo l’area di accoglienza, rompendo finestre e facendo graffiti sui muri, per protestare contro attacchi aerei statunitensi contro una milizia appoggiata dall’Iran che nel fine settimana ha ucciso 25 combattenti, è stato biasimato dagli Stati Uniti, che hanno poi spiegato che il loro precedente assalto altro non era che la rivalsa che gli Stati Uniti avevano orchestrato in risposta all’attacco missilistico contro una base militare irachena nella città settentrionale di Kirkuk la scorsa settimana che ha ucciso un appaltatore americano. I manifestanti, scrive Ap, per prepararsi all’attacco contro l’Ambasciata, avevano installato un campo tenda durante la notte. The Popular Mobilization Forces, un gruppo ombrello di milizie alleate dello stato – molti appoggiati dall’Iran – ha invitato i suoi sostenitori a ritirarsi in risposta a un appello del governo iracheno, dicendo “il tuo messaggio è stato ricevuto”.

(ph. AP / Nasser Nasser)
(ph. AP / Nasser Nasser)
(ph. AP / Nasser Nasser)
(ph. AP / Nasser Nasser)

Nel tardo pomeriggio i manifestanti si sono trasferiti sul lato opposto del fiume Tigri, fuori dai cosiddetti Green Zone che ospitano uffici governativi e ambasciate straniere. “Dopo aver raggiunto l’obiettivo prefissato, siamo usciti trionfalmente da questo luogo”, ha dichiarato Fadhil al-Gezzi, un sostenitore della milizia. “Abbiamo strofinato il naso dell’America nella sporcizia”.

“Non ci importa di questi aerei che volano sopra le teste. Né ci interessa la notizia che l’America porterà i Marines”, ha dichiarato Mohammed Mohy, portavoce di Kataeb Hezbollah. “Al contrario, questo dimostra una sconfitta psicologica e una grande crisi mentale di cui l’amministrazione americana sta soffrendo”, ha detto, prima di ritirarsi dalla zona. Ma gli americani dicono che i raid in Iraq e Siria dimostrano che il governo americano è pronto a usare la sua forza contro l’Iran in qualsiasi momento se necessario.

(ph. AP / Nasser Nasser)
(ph. AP / Nasser Nasser)

Che cosa è accaduto prima…

La violenza è arrivata mentre l’Iran e i suoi alleati in tutta la regione hanno affrontato proteste di massa senza precedenti negli ultimi mesi anche a causa delle pesanti sanzioni statunitensi che hanno creato non pochi problemi ai conti del Paese. L’Iraq è stato attaccato dalle proteste antigovernative da ottobre alimentate dalla rabbia per la diffusa corruzione e cattiva gestione economica, nonché dalla forte influenza dell’Iran sugli affari del paese. L’Iran ha negato ufficialmente il coinvolgimento nell’attacco all’ambasciata. Il leader supremo Ayatollah Ali Khamenei ha riferito che “se la Repubblica islamica decide di affrontare qualsiasi paese, lo fa direttamente”, come dire che se l’Iran vuole attaccare un nemico non ha bisogno di mischiarsi conaltre milizie per agire. Le tensioni sono aumentate costantemente da quando l’Iran sei mesi fa ha annunciato di volere abbandonare alcuni dei suoi impegni previsti dall’accordo nucleare (N.d.R.: Jcpoa) , motivo per cui Trump ha ritirato gli Stati Uniti dagli accordi presi assieme ad altre potenze mondiali nel 2015 con l’Iran, avviando contro questo paese forti sanzioni economiche. Successivamente gli Usa a settembre hanno incolpato l’Iran del sabotaggio delle petroliere nel Golfo Persico e dell’ attacco con l’uso di droni alle strutture petrolifere saudite.  Quando l’Iran ha assalito e sequestrato una petroliera britannica, abbattuto un drone americano e attaccato i pozzi sauditi, Trump avrebbe potuto ordinare un attacco militare e invece è stato prudente, non ha risposto con un’azione militare diretta, per scongiurare un conflitto più ampio che molti temono. Do fatto c’è solo una miccia che potrebbe fare scoppiare una guerra frontale fra Stati Uniti e Iran: il programma nucleare iraniano. Il governo di Hassan Rohani ha rotto per primo l’accordo sul nucleare. Oggi, secondo fonti di intelligence, all’Iran bastano sei mesi per costruirsi una nuova bomba nucleare. E Trump ha già messo in chiaro che non esiterà a intervenire con la forza per fermarlo. (N.V)



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