di Paul O’Connor
Dopo il cordoglio per la morte del generale Qassem Soleimani, capo dell’élite Quds Force iraniana e Abu Mahdi al-Muhandis, l’Iran ora torna a parlare di vendetta e minaccia di attaccare la Casa Bianca definendo Donald Trump, un terrorista, dopo che lo stesso ha risposto alle invettive annunciando di avere intenzione di attaccare 52 nuovi obiettivi iraniani. “Possiamo attaccare la stessa Casa Bianca, attaccarli nella loro Patria. Abbiamo il potere e Dio vuole che risponderemo in un momento opportuno”, ha detto il parlamentare iraniano, Abolfazl Abutorabi. L’Iran ha anche minacciato di colpire 35 obiettivi americani nella regione, comprese le navi statunitensi, in seguito alla morte del generale Soleimani. Ieri durante i funerali, i canti inneggiavano alla morte degli americani con ritornelli che ripetevano “Death to America”. Gli iraniani hanno anche alzato le “bandiere della vendetta” rosso sangue sui minareti della riverita Moschea Jamkaran.
L’Iran anche stamattina ha minacciato di attaccare la Casa Bianca in risposta all’avvertimento di Donald Trump che qualsiasi attacco agli interessi americani nella regione scatenerà massicce ritorsioni
Abutorabi ha dichiarato che “questa è una dichiarazione di guerra, il che significa che se esiti perdi. Quando qualcuno dichiara guerra vuoi rispondere con i proiettili o con i fiori? Se lo farai con i fiori ti spareranno in testa”, ha aggiunto. Stamattina il corpo di Soleimani è stato trasportato in aereo nella città di Ahvaz, nel sud-ovest dell’Iran. Nei video mandati in onda dai media locali si è vista la bara del generale avvolta in una bandiera iraniana mentre veniva scaricata da un aereo e nel sottofondo si sentiva il canto ci continuava a ripetere: “Death to America”. Sabato, il comandante delle Guardie rivoluzionarie, il maggiore generale Hossein Salami, ha promesso “una vendetta strategica che metterà definitivamente fine alla presenza americana nella regione”.
Oggi il parlamento iracheno ha votato un decreto per espellere l’esercito americano dal paese. La risoluzione chiede espressamente la conclusione di un accordo, stilato 4 anni fa, che prevedeva l’invio di truppe americane (N.d.R. attualmente gli Stati Uniti hanno circa 5.000 truppe statunitensi schierate in diverse parti dell’Iraq ) in Iraq per aiutare il Paese nella lotta contro l’Isis. Dopo l’attacco aereo di venerdì scorso, la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha ridimensionato le operazioni e potenziato le “misure di sicurezza e difensive” presso le basi che ospitano le forze della coalizione in Iraq, ha detto un funzionario della coalizione a condizione di anonimato secondo le normative. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno inviato altre 3.000 truppe nel vicino Kuwait, le ultime di una serie di schieramenti negli ultimi mesi a causa del peggioramento della situazione di stallo con l’Iran. L’acerrimo nemico di Trump, Joe Biden, ex vice-presidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama, anche in lui in corsa per le elezioni 2020, ha criticato l’operato di Trump. Per Trump invece, che a fine ottobre con un altro raid ha provocato la morte del leader dell’ISIS Abu Bakr al-Baghdadi assaltando il suo covo, si tratta di un’ulteriore prova di forza e tenacia che spera possa portargli nuove preferenze elettorali. Un pensiero evidentemente non condiviso da tutti visto che molti americani sono scesi nelle piazze e nelle strade ieri per protestare contro le decisioni di Trump di uccidere Soleimani e dispiegare più truppe nel Medio Oriente.
Agli iraniani è stato chiesto di donare $ 1 ciascuno per mettere una taglia di $ 80 milioni sulla testa di Trump
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