di Colin Anthony Groves
I resti del comandante iraniano Qassem Soleimani sono arrivati nella sua città natale di Kerman per la sepoltura oggi, il giorno dopo che milioni di iraniani in lutto riunite nella capitale Teheran e nella città di Qom si sono unite in una processione funebre per le strade di Kerman, dove si sono sentiti cori che anche con gli autoparlanti gridavano vendetta contro gli Usa e inneggiavano “dead to America”. E oggi si scrive la parola fine ai tre giorni di lutto per il comandante della Forza Quds, assassinato venerdì in un attacco aereo americano nella capitale irachena, Baghdad. Soleimani, 62 anni, negli anni Ottanya è diventato un eroe nazionale per le missioni condotte nella guerra Iran-Iraq. Trump ha giustificato il suo gesto dicendo che Soleimani rappresentava una minaccia ancora maggiore per i nemici dell’Iran. E ha difeso l’uccisione di Soleimani minacciando ulteriori azioni di ritorsione se l’Iran prendesse di mira cittadini o beni statunitensi.
Fine dell’egemonia americana
Parlando con Al Jazeera dalla capitale iraniana, il professor Foad Izadi dell’Università di Teheran ha affermato che l’uccisione di Soleimani ha “ringiovanito lo spirito di rivoluzione, lo spirito di resistenza e lo spirito di lotta contro gli oppressori” nel paese. “Il generale voleva porre fine all’egemonia degli Stati Uniti in Medio Oriente, nonché al sostegno che forniscono a Israele”, ha spiegato Izadi, “ora ci sarà un’ondata di politiche anti-americane. Nonostante le persone in Iran debbano affrontare pressioni economiche, ciò che è più importante per loro è la ‘sicurezza del Paese’. Quando colpisci un generale il cui compito era proteggere i confini, vai troppo oltre”, ha concluso Izadi. Khamenei ha promesso “una vendetta severa” per l’omicidio, mentre altre figure filo-iraniane nella regione, incluso il capo del movimento libanese di Hezbollah Hassan Nasrallah, hanno anche promesso ritorsioni. L’assassinio di Soleimani ha dato una svolta alla drammatica escalation di tensioni tra Stati Uniti e Iran che già si erano acuiti con la decisione degli Stati Uniti del 2018 di ritirarsi da un accordo nucleare firmato nel 2015 tra l’Iran e le potenze mondiali, perché l’Iran aveva manifestato l’intenzione di non volere più attenersi ai protocolli sottoscritti sul nucleare. Sebbene non sia chiaro in che modo o quando l’Iran possa rispondere, è oramai sicuro che qualsiasi risposta giunga alla fine del periodo di lutto, non sarà certamente indolore per gli Usa.
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