di Jodi Kani
L’11 febbraio 1990, esattamente 30 anni fa, il pomeriggio di una domenica con il cielo sereno, che milioni di neri sudafricani stavano aspettando da decenni, esattamente da 27 anni, dalla prigione di Victor Verster al fianco della moglie Winnie Madikizela, con la mano destra alzata e il pugno chiuso, uscì Nelson Mandela. Magro, invecchiato, i 27 anni di prigionia però non gli avevano tolto quel carisma che assieme a tutto il resto lo avevano trasformato in un eroe nazionale. Mandela, l’uomo dallo sguardo buono, nonostante i soprusi, le angherie, era riuscito a conquistare così tanto il consenso del pubblico da trasformarlo in un’arma a suo favore contro il sistema discriminatorio di segregazione razziale dell’apartheid. Così dopo la sua liberazione, l’African National Congress (Anc) diventò legale. E alle prime elezioni libere e multietniche che si svolsero nel 1994, la vittoria se la aggiudicò l’Anc con la conseguente elezione di Mandela come presidente della Repubblica. Iminathi, che ora ha 35 anni, ricorda quel giorno come fosse oggi. “Per me quell’11 febbraio fu davvero un giorno memorabile. Rivedere quell’uomo così positivo, sereno, forte dopo quasi 30 anni di carcere, mi diede la forza di cambiare vita e fare delle scelte che altrimenti non avrei mai fatto”. Sì perché Mandela finalmente un uomo libero, da quel momento non cambiò solo la vita a Iminathi, ma a tutto il Sudafrica regalandogli quella dignità che sembrava perduta per sempre. Anche Sibusiso ricorda quel giorno come fosse oggi: “Esattamente quel giorno io ho compiuto 40 anni e devo dire che la vita non poteva riservarmi nessun regalo così altrettanto speciale quanto la liberazione di Nelson che aveva dedicato la sua vita a combattere la politica di segregazione razziale istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta in vigore fino al 1991”.
Ma a trent’anni dalla scomparsa di Mandela come se la passa il Sud Africa?
Attualmente il Sudafrica è il paese più industrializzato del continente, con il suo prodotto interno lordo (PIL) che sale da 139,8 miliardi di dollari nel 1994 a 368,9 miliardi di dollari nel 2018, secondo la Banca mondiale. “La crescita record che il paese ha visto dopo l’apartheid è stata in parte dovuta al boom dei prezzi globali delle materie prime. In media, l’economia è cresciuta del 3% circa ogni anno”, ha detto l’economista Azar Jamine ad Al Jazeera. La transizione verso la democrazia ha permesso anche al Sudafrica di intraprendere progetti infrastrutturali prendendo in prestito fondi da istituzioni finanziarie internazionali prima negati. Anche il Sud Africa però è stato colpito da una forte recessione che ha visto triplicare il numero dei disoccupati negli ultimi 10 anni. E anche se il Fondo monetario internazionale ha dichiarato che per il 2021, prevede una crescita dell’1,0 per cento, i numeri risultano in calo in calo rispetto a una stima precedente che prevedeva una crescita dell’1,4 per cento. Questo perché il paese nonostante il grande lavoro portato coraggiosamente avanti da Mandela, è ancora diviso da profonde disuguaglianze, viste da molti come uno dei lasciti dell’apartheid. “La disuguaglianza è persistente e aumentata dal 1994”, ha dichiarato la Banca mondiale in un rapporto del 2018 . Va anche detto però che il Sudafrica ha compiuto progressi nella riduzione della povertà dalla sua transizione verso la democrazia mentre ha fatto passi da gambero sul fronte assistenza sanitaria, edilizia abitativa e istruzione. Nel 2018, scrive Al Jazeera, il governo ha speso $ 13,6 miliardi, ovvero il 12 percento del budget del Paese , per l’assistenza sanitaria . Una cifra che ha segnato un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’assistenza sanitaria rimane fuori portata per molti sudafricani. Tutta colpa della corruzione nel sistema sanitario diventata un boomerang per i più poveri.
Parlando del vertice FT Africa di Londra dell’anno scorso, Cyril Ramaphosa, l’attuale premier del Sud Africa, in carica dal 2018, ha dichiarato che il Sud Africa a causa della corruzione ha perso $ 34 miliardi, circa un decimo del PIL del paese, durante il decennio in cui il suo predecessore, Jacob Zuma, era al potere. Un miglioramento, seppur lieve, risulta il comparto dell’istruzione che sempre secondo i dati della Banca Europea, registra l’87% delle iscrizioni alla scuola elementare. “Abbiamo compiuto progressi significativi nel rendere l’istruzione accessibile ai poveri. Circa l’80% delle scuole sono scuole gratuite e in tutto il Paese nelle scuole ogni giorno vengono serviti nove milioni di pasti “, ha detto Ramaphosa l’anno scorso. Ma gli analisti dicono che la grande pecca del sistema educativo del paese è quella di non riuscire a preparare i laureati per il mercato del lavoro.
Un altro passo avanti è stato quello relativo alla ridistribuzione della terra. Durante il periodo dell’apartheid alla maggioranza nera del paese venivano negati i diritti di proprietà ai sensi delle leggi sulla segregazione dell’apartheid. Ad oggi si può dire che ci sono stati dei progressi, seppur lenti, seppure il traguardo dell’uguaglianza sia ancora lontano visto che la maggior parte dei terreni agricoli è ancora di proprietà di agricoltori bianchi, che rappresentano meno del 10 percento della popolazione di 58 milioni, secondo un audit del 2017 del suolo. Ora il prossimo obiettivo del governo è quello di proporre leggi sulla riforma agraria entro la fine di marzo. Un passo importante, e non solo questo, che il governo deve affrontare rapidamente se vuole mantenere le sue promesse.
Scopri di più da WHAT U
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.