di Whang Hu
Visto il propagarsi del virus in tutto il mondo, la Cina che da dicembre è riuscita a diminuire sensibilmente i casi di contagio da Coronavirus, ora punta sul marketing per uscire a testa alta da questa brutta storia di contagio collettivo che seppure non deve e può trasformarsi in una sua colpa, è pur vero che è inverosimile che la gente possa dimenticarsi che è partita proprio da Wuhan. Per questo motivo il Partito Comunista ha realizzato un libretto di propaganda per rappresentare il suo leader, il presidente Xi Jinping, come un leader fortemente responsabile, capace fare lavorare nel migliore dei modi un esercito di operatori sanitari contro una malattia finora sconosciuta. Dottori e infermieri in prima linea per il bene comune,tra l’altro come sta accadendo anche in Italia, capaci di uno spirito di sacrificio difficile da imitare. Come lo è stato, Li Wenliang, 34 anni, il medico cinese di Wuhan che fu tra i primi a scoprire il coronavirus COVID-19. Di professione oftalmologo di 34 anni il dottor Wenliang si accorse che quei casi etichettati come SARS che arrivavano in ospedale avevano tutti un comune denominatore e che la definizione non era corretta. Aveva capito che quello che lui e i suoi colleghi avevano davanti ai propri occhi era un nuovo tipo di coronavirus. Purtroppo per lui non c’è stata l’opportunità di vedere il seguito perché Li è morto venerdì il 7 febbraio proprio a seguito di un’infezione da COVID-19 contratta il 10 gennaio.
Così ogni sera in Cina le principali notizie serali sulla TV mostrano regolarmente il presidente Xi Jinping e i suoi fratelli che impartiscono istruzioni sul Coronavirus e su come difendersene. Insomma la Cina non ci sta a prendersi la colpa della pandemia, e dopo la morte del dottor Wenliang diventato poi un eroe, secondo alcuni per avere combattuto contro il regime comunista e la “dittatura” cinese che voleva tenere nascosta la verità sull’epidemia in corso a Wuhan, ora l’dea di trasformare l’epidemia in un’opportunità, è davvero un colpo di genio. Detto ovviamente non con enfasi acclamativa. In Cina esiste un detto simile a un detto proverbio italiano:” Indica un cervo, chiamalo cavallo”. E così i cinesi hanno fatto con il Covid.19. Mica stupidi e in barba alle apparenze loro vanno oltre, perché tanto quello che conta alla fine è il risultato. Per loro. Invece per noi non conta solo di ciò che viene mostrato, ma anche ciò che viene omesso. I media statali hanno pubblicizzato all’impazzata il lancio di nuove strutture mediche costruite in una quindicina di giorni senza parlare però dei problemi delle persone incapaci di trovare un letto d’ospedale. Ma sta succedendo anche in Italia, dove non si parla delle situazioni davvero tragiche all’interno degli ospedali, soprattutto quelli del Nord, anche per non generare maggiore panico. Ma i dati sono dati. E se la crescita dei contagi nel nostro Paese in due giorni è aumentata sino al punto di contagiare quasi tremila persone, è facile intuire che non si può prendere sottogamba più nulla. La Cina ce l’ha fatta a venirne fuori anche perché i cinesi sono un popolo coscienzioso e capace di rispettare le regole. Noi siamo partiti in ritardo e all’inizio ad intermittenza. “Ma le guerre invitano le persone a mettere da parte i loro litigi e il dissenso e a riunirsi”, ha affermato David Bandurski del China Media Project dell’Università di Hong Kong. “E inoltre le guerre creano anche eroi e gli eroi sono le cose su cui la propaganda prospera”. Questo non significa che l’Italia abbia bisogno di eroi, ma solo di persone dotate di maggiore buonsenso.
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