Mentre tutto il mondo si muove vorticosamente per trovare e offrire mere e pratiche soluzioni alle emergenze provocate dalla pandemia di COVID-19, dappertutto già approvate, i deputati del Parlamento europeo stanno ancora discutendo su cosa fare per aiutare il “sistema Europa”. E solo ieri nella sessione plenaria straordinaria, hanno adottato tre proposte definendole “urgenti”, che ora vi illustreremo sinteticamente e che sono state votate in via definitiva – in meno di due settimane dalla presentazione delle proposte da parte della Commissione! – per aiutare persone e imprese ad affrontare la crisi.
Le proposte approvate sono:
- L’estensione del Fondo di solidarietà dell’UE per le emergenze sanitarie pubbliche. Le misure renderanno disponibili fino a 800 milioni di euro per i Paesi europei nel 2020. Le operazioni ammissibili al Fondo saranno estese, per includere il sostegno in una grave emergenza sanitaria pubblica, e sostenere l’assistenza medica, oltre a misure per prevenire, monitorare o controllare la diffusione di malattie. La proposta è stata adottata con 671 voti favorevoli, 3 contrari e 14 astensioni.
- L’Iniziativa d’investimento in risposta al coronavirus. Questa iniziativa è destinata a canalizzare al più presto 37 miliardi di euro dai fondi UE per i cittadini, le regioni e i Paesi più colpiti dalla pandemia del coronavirus. I fondi saranno diretti ai sistemi sanitari, alle PMI, ai mercati del lavoro e alle altre parti vulnerabili delle economie degli Stati membri UE. La proposta è stata adottata con 683 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.
- La sospensione temporanea delle norme UE sulle bande orarie (slot) negli aeroporti. Ciò permetterà alle compagnie aeree di non effettuare voli a vuoto durante la pandemia. Con la sospensione temporanea, le compagnie non saranno obbligate a utilizzare gli slot di decollo e atterraggio previsti, così da poterli mantenere nella prossima stagione. La regola “use it or lose it” sarà quindi abolita per l’intera stagione estiva, dal 29 marzo al 24 ottobre 2020. La proposta è stata adottata con 686 voti favorevoli, 0 contrari e 2 astensioni.
“Ci saremmo aspettati una più forte assunzione di responsabilità dai leader. Ora abbiamo due settimane di tempo per lavorare, sperando che si sciolgano le riserve e vengano date risposte”, questo è il primo commento del Presidente del Parlamento europeo David Sassoli alle conclusioni del Consiglio, rilasciato oggi durante la partecipazione alla rubrica “Los Desayunos” del canale UNO di RTVE, in collegamento da Bruxelles. “Ci sono le istituzioni europee che stanno combattendo per difendere i nostri cittadini, le nostre vite e la nostra democrazia”, ha continuato Sassoli, “nessuno può uscire da solo da questa emergenza. Per questo la miopia e l’egoismo di alcuni governi va contrastata. Voglio essere molto chiaro: I governi nazionali non sono l’Europa. Abbiamo bisogno che i nostri paesi spendano tutto quello che debbono spendere. Per fare questo serve uno strumento comune per garantire il debito. Deve crescere rapidamente tra i nostri governi la coscienza che l’Europa non uscirà da questa crisi come è entrata. C’è ancora una consapevolezza troppo bassa di questo. Le Istituzioni europee lo hanno capito. E’ ora che lo capiscano anche i governi” ha concluso il Presidente dell’europarlamento”.
Le misure adottate entreranno in vigore nei prossimi giorni, una volta pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Nella plenaria di giovedì 26 marzo, gli eurodeputati hanno votato per rendere disponibili ai paesi membri 37 miliardi di euro dei fondi strutturali dell’UE per la lotta al Coronavirus
Da dove arrivano i 37 miliardi?
La decisione riguarda i fondi strutturali e d’investimento europei che sostengono lo sviluppo delle regioni, i pescatori e gli interventi di politica sociale, tra cui la riconversione professionale dei lavoratori disoccupati.
Ogni anno da questi fondi gli stati membri ricevono prefinanziamenti per l’attuazione di progetti. Se questi prefinanziamenti non vengono usati del tutto, la parte inutilizzata deve essere restituita al bilancio dell’UE l’anno successivo.
I paesi europei avrebbero dovuto restituire circa 8 miliardi in prefinanziamenti non utilizzati per il 2019. La Commissione europea aveva proposto agli stati di non restituire questa cifra e utilizzarla invece per nuovi progetti volti a mitigare gli effetti dell’emergenza di COVID-19
I finanziamenti per i progetti vengono in parte dagli stati membri e in parte dai fondi dell’UE. La percentuale dei costi coperti dal budget dell’Unione varia a seconda dei casi: se un progetto riguarda una regione meno sviluppata, il contributo dell’UE arriva fino all’85% della somma totale del finanziamento. Gli 8 miliardi che i paesi europei potranno tenere consentiranno loro di coprire una maggiore percentuale di finanziamenti per i propri progetti, mentre il resto dei fondi arriverà dal bilancio dell’UE. Secondo la Commissione, un’ulteriore cifra pari a 29 miliardi di euro in co-finanziamenti dell’UE può essere aggiunta agli 8 miliardi, per un totale di 37 miliardi da distribuire tra i paesi europei come investimenti. Per l’Italia, l’investimento totale (collegato alla liquidità liberata non dovendo rimborsare i prefinanziamenti non spesi nell’ambito dei Fondi strutturali e di investimento) sarebbe di più di 2,3 miliardi di euro.
Gli 8 miliardi dovranno essere restituiti intorno al 2025, dopo la conclusione dei programmi inclusi nel bilancio del periodo 2014-2020. All’Italia destinati 2,3 miliardi di euro
La proposta della Commissione europea era stata pubblicata il 13 marzo e doveva essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio e immediatamente trattata dalla Commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento. La procedura d’urgenza di fatto ha permesso di passare al voto in plenaria senza una relazione o con una relazione orale da parte della commissione competente. Il 17 marzo, al momento della ricezione della proposta, il presidente della Commissione per lo sviluppo regionale Younous Omarjee ha detto: “Dobbiamo rispondere il prima possibile, convogliando tutti gli strumenti disponibili sotto la politica di coesione per mitigare la situazione catastrofica causata dall’epidemia. Qualsiasi ritardo risulterebbe in una maggiore perdita di vite umane e maggiori difficoltà per le regioni, le aziende e i cittadini europei”.
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