di Paolo Silesi
Tracciare i contagi con un’app dal nome induttivo “App Immuni”, che dovrebbe essere testata in alcune regioni pilota per poi essere estesa a tutto il territorio italiano, questo dovrebbe essere il sistema da utilizzare per il tracciamento dei contagi da COVID-19 nel nostro Paese. Progettata da Bending Spoons insieme ad altri enti come il centro medico Santagostino di Luca Foresti, Immuni è l’applicazione scelta dal Governo italiano per tracciare il contagio da Coronavirus. Essa avrà un ruolo importante nella gestione della fase successiva di quest’emergenza, ossia quella di riapertura, come ha spiegato il commissario Domenico Arcuri che ha già firmato il contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing con la società sopra menzionata, come si può leggere nell’Ordinanza n.10/2020 pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Ma come funziona l’app Immuni? Questa app è stata selezionata dal Ministero dell’Innovazione, tra le oltre 300 proposte arrivate, e sfrutta la tecnologia Bluetooth, che consente a due dispositivi, come per esempio, a cellulari, tablet, pc, di comunicare tra di loro a brevi distanze: da qui l’uso del termine “software di contact tracing” o di tracciatura dei contatti, indicata nel suddetto documento come «una delle azioni di sanità pubblica utilizzate per la prevenzione e il contenimento della diffusione di molte malattie infettive» e ritenuta «un elemento importante all’interno di una strategia sostenibile post-emergenza e di ritorno alla normalità». Quindi nella pratica attraverso questa app sarà possibile rilevare se due persone sono state troppo vicine (e quindi a rischio contagio). Questo tipo di rilevamento consentirebbe di risalire più facilmente alle catene di contagio, contribuendo ad interromperle più velocemente oltre a promuovere il mantenimento della distanza sociale tra gli utenti.
La tecnologia in questione sembra inoltre la più adatta a tutelare la privacy degli utenti, poiché il Bluetooth andrebbe solo a rilevare l’eventuale avvicinamento tra due cellulari (ad una distanza di circa 1 metro). Ovviamente un tale sistema risulterebbe efficiente in ottica di contenimento e prevenzione dei contagi soltanto nel caso in cui ci sia un’adesione volontaria massiccia da parte della popolazione. Una stima “accurata” della vicinanza tra dispositivi mobili tramite segnali Bluetooth, senza l’uso della geolocalizzazione: è uno dei principi cardine pubblicati dalla Commissione Ue, ed elaborati in collaborazione con i governi, per lo sviluppo delle app di tracciamento della diffusione del virus. “L’installazione delle app deve essere volontaria”, afferma Bruxelles, ribadendo che i dati “devono essere trasmessi in forma anonima e aggregata”. Tra i requisiti chiave, l’interoperabilità delle app tra Stati membri. “I Paesi Ue stanno convergendo verso un approccio comune” con “soluzioni che minimizzano il trattamento dei dati personali e riconoscono l’interoperabilità tra le app” in vista della “riapertura delle frontiere interne Ue”, scrive Bruxelles nel suo documento. Le app, spiega la Commissione Ue, dovrebbero “stimare con sufficiente precisione” (circa 1 metro) “la vicinanza” tra le persone per rendere efficace l’avvertimento dell’aumentato rischio se si è venuti in contatto con una persona positiva al Covid19. Per questo, possono essere utilizzati “il Bluetooth o altre tecniche efficaci”, evitando la geolocalizzazione. “I dati sulla posizione dei cittadini non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio” sottolinea Bruxelles, precisando che l’obiettivo delle app “non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole”. Tracciare i movimenti di un individuo, si legge ancora nel documento, citato da Ansa, “violerebbe il principio per minimizzare la raccolta dei dati e creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy”. Per mantenere l’anonimato, è previsto che le app utilizzino un “ID anonimo e temporaneo” che consenta di stabilire un contatto con gli altri utenti nelle vicinanze” e di registrare e archiviare i dati crittografati dei reciproci ID. I governi devono poi assicurarsi che le app presentino l’indicazione dello Stato membro in cui sono registrate, seguire protocolli di interoperabilità e garantire che i cittadini che si spostano da un Paese all’altro beneficino ovunque di app certificate.”È importante che si stia procedendo con la scelta del contact tracing come parte della strategia per condurre in sicurezza la ‘fase due’. Ma un terreno tanto delicato, che riguarda i diritti e le libertà costituzionali delle persone, non può essere affrontato esclusivamente con lo strumento dell’ordinanza commissariale”, ha commentato il capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio. “Il commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri ha firmato un’ordinanza per la concessione gratuita di un’app di tracciamento digitale che dovrebbe aiutare a rintracciare individui potenzialmente infetti prima ancora che emergano sintomi. Benché l’installazione dell’app sia volontaria, quando si entra nella sfera del trattamento dati, soprattutto quelli sanitari, occorre andarci con i piedi di piombo perché il rischio è sempre molto alto. Per questo è assolutamente impensabile che basti una semplice ordinanza per diffondere il software: un passaggio in Parlamento è d’obbligo. Chi gestirà i dati? Come viene garantita la privacy dei cittadini? Auspico che almeno su questa materia il Governo provveda subito ad avviare il confronto con il Parlamento”, ha scritto su Facebook Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.
In Cina un Qr code indica lo stato di salute degli utenti
fonte: Cnn
In Cina già da tempo fanno uso di app che offrono agli utenti che vogliono usarla la possibilità di sapere se una persona con la quale siamo stati in contatto è stata infettata o meno. Si chiama Alipay Health Code, è un app cinese e funziona semplicemente perché è un ricco database dove gli utenti gli utenti hanno inserito i propri dati anagrafici compresa la loro anamnesi meglio se si aggiunge anche quella familiare che altro non è che il report storico del proprio stato di Salute. Queste informazioni ovviamente non vengono inserite senza alcun controllo dai singoli individui, vengono vagliare una a una dalle autorità competenti e poi ad ogni utente viene assegnato un qr code verde, giallo o rosso a seconda dello stato di salute. Sarà il colore a stabilire se essi potranno entrare nella metro, in un ristorante o andare a lavoro: se è verde sono liberi di proseguire, se è giallo o rosso non possono entrare. Anche in Cina l’uso dell’app non è ancora obbligatorio, ma secondo quanto riportato dal New York Times, in città è diventato praticamente impossibile spostarsi senza far vedere il proprio QR Code. A chiunque sia stato attribuito il codice giallo può essere richiesto per esempio di restare a casa per sette giorni, mentre in caso di codice rosso può essere chiesto di non farlo per due settimane.
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