L’OMS ha pubblicato una guida sull’adeguamento della sanità pubblica e delle misure sociali per la prossima fase della risposta COVID-19. Alcuni governi hanno suggerito che il rilevamento di anticorpi contro SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, potrebbe servire come base per un “passaporto di immunità” o un “certificato privo di rischio” che consentirebbe alle persone di viaggiare o di tornare al lavoro presupponendo che siano protette dalla reinfezione. Al momento non ci sono prove che le persone che si sono riprese da COVID-19 e hanno anticorpi siano protette da una seconda infezione.
Earlier today we tweeted about a new WHO scientific brief on "immunity passports". The thread caused some concern & we would like to clarify:
— World Health Organization (WHO) (@WHO) April 25, 2020
We expect that most people who are infected with #COVID19 will develop an antibody response that will provide some level of protection. pic.twitter.com/AmxvQQLTjM
La misurazione di anticorpi specifici per COVID-19
Lo sviluppo dell’immunità a un patogeno attraverso l’infezione naturale è un processo in più fasi che si svolge in genere nell’arco di 1-2 settimane. Il corpo risponde immediatamente a un’infezione virale con una risposta innata non specifica in cui i macrofagi, i neutrofili e le cellule dendritiche rallentano il progresso del virus e possono persino impedire che causi sintomi. Questa risposta non specifica è seguita da una risposta adattativa in cui il corpo produce anticorpi che si legano specificamente al virus. Questi anticorpi sono proteine chiamate immunoglobuline. Il corpo produce anche cellule T che riconoscono ed eliminano altre cellule infettate dal virus. Questo si chiama immunità cellulare. Questa risposta adattativa combinata può eliminare il virus dal corpo e, se la risposta è abbastanza forte, può prevenire la progressione a malattia grave o reinfezione da parte dello stesso virus.
Le prove sulle risposte anticorpali
L’OMS continua a rivedere le prove sulle risposte anticorpali all’infezione da SARS-CoV-2. (2-17) La maggior parte di questi studi mostra che le persone che si sono riprese dall’infezione hanno anticorpi contro il virus. Tuttavia, alcune di queste hanno livelli molto bassi di anticorpi neutralizzanti nel sangue e questo suggerisce che l’immunità cellulare può anche essere fondamentale per il recupero. Al 24 aprile 2020, nessuno studio ha valutato se la presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 conferisca l’immunità alla successiva infezione da questo virus nell’uomo.
Test immunodiagnostici imprecisi possono classificare erroneamente le persone in due modi. Il primo è che possono etichettare falsamente le persone che sono state infettate come negative, e il secondo è che possono etichettare come positive le persone che invece non sono state infettate.
Molti paesi stanno testando gli anticorpi SARS-CoV-2 su piccoli gruppi della popolazione. L’OMS sostiene questi studi siano fondamentali per la comprensione dell’entità e dei fattori di rischio associati all’infezione. Questi studi forniranno dati sulla percentuale di persone con anticorpi COVID-19 rilevabili, ma va anche detto che la maggior parte non è progettata per determinare se queste persone sono immuni alle infezioni secondarie.
A questo punto della pandemia, non ci sono prove sufficienti sull’efficacia dell’immunità mediata da anticorpi per garantire l’accuratezza di un “passaporto dell’immunità” o di un “certificato privo di rischio”
Le persone che presumono di essere immuni a una seconda infezione perché hanno ricevuto un risultato di test positivo possono ignorare i consigli sulla salute pubblica. Ecco perché l’uso di questi certificati può quindi aumentare i rischi di una trasmissione continua. L’OMS ha detto che non appena saranno disponibili nuove prove, aggiornerà questo documento scientifico.
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