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ISTAT, ECCO I NUMERI DEI DECESSI PER COVID-19 IN ITALIA NEL PRIMO TRIMESTRE DEL 2020


  •  Il primo caso italiano di Covid-19 viene segnalato in Lombardia il 20 febbraio 2020.  L’intera epidemia è stata caratterizzata da una trasmissione locale, a parte i primi 3 casi importati dalla Cina a fine gennaio 2020. Per il contenimento dell’epidemia sono state prese misure preventive di sanità pubblica di “distanziamento sociale” inizialmente localizzate in alcune aree ristrette e via via estese a tutta l’Italia dall’11 marzo 2020 (lockdown).
  • La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 si presenta eterogenea: è stata molto contenuta nelle Regioni del Sud e nelle Isole, mediamente più elevata in quelle del Centro rispetto al Mezzogiorno e molto elevata nelle regioni del Nord.
  • Nonostante il calo dei contagi dovuto alle misure di “distanziamento sociale” intraprese dai primi giorni di marzo, le curve nazionali dei casi diagnosticati e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo negli ultimi giorni di marzo.
  • Il 52,7% dei casi (104.861) è di sesso femminile. L’età mediana è di 62 anni. Nelle fasce di età 0-9 anni, 60-69 e 70-79 anni si osserva un numero maggiore di casi di sesso maschile. Nella fascia di età >90 anni, il numero di soggetti di sesso femminile è più del triplo rispetto a quello di soggetti di sesso maschile probabilmente dovuto alla netta prevalenza di donne in questa fascia di età.
  • La letalità è più elevata in soggetti di sesso maschile in tutte le fasce di età, ad eccezione della fascia 0-19 anni. Nel 34,7% dei casi segnalati le persone erano già affette almeno da una di queste patologie: cardiovascolari, respiratorie, metaboliche, oncologiche, renali, diabete, deficit immunitari e obesità.
  • Dei 14.324 decessi registrati al 31 marzo in persone diagnosticate con Covid-19 ne sono stati considerati in questa analisi 13.710 (96% del totale), selezionati in base alla disponibilità del Comune di residenza nei dati della sorveglianza Integrata Covid-19 e alla presenza del Comune tra gli 6.866 selezionati dall’Istat.
  • Considerando il mese di marzo, si osserva a livello medio nazionale una crescita del 49,4% dei decessi per il complesso delle cause. Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. L’eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710). A causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, i dati riferiti a livello medio nazionale “appiattiscono” la dimensione dell’impatto della epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale.
  • Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156). All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre:  Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
  • Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente.
  • L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.
  • L’analisi combinata dei dati di mortalità giornaliera Istat con i dati della Sorveglianza integrata dell’Iss ha evidenziato che la mortalità “diretta” attribuibile a Covid-19 in individui con diagnosi confermata,  nel primo trimestre 2020 è stata di circa 13.700 decessi.
  • Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette.
  • Confrontando i decessi, totali e Covid-19, del 2020 con i decessi per causa del mese di marzo 2017 si nota che, fin dall’inizio di marzo, nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, il numero di morti di Covid-19 con diagnosi confermata è superiore a quello registrato nel 2017 per  altre  malattie come il diabete, le demenze e la malattia di Alzheimer. A metà dello stesso mese il numero di morti Covid-19 supera i decessi causati dall’insieme delle malattie respiratorie e dei tumori; in poco più di venti giorni i decessi quotidiani riportati alla Sorveglianza integrata Covid-19  arrivano a sorpassare il numero giornaliero di morti per tutte le cause del mese di marzo 2017. L’analisi di tutte le cause di morte del 2020 consentirà di valutare quanto l’eccesso di mortalità osservata nel 2020 sia attribuibile anche ai decessi di persone non sottoposte al test, ma certificate dai medici sulla base di una diagnosi clinica di Covid-19 (che al momento non sono conteggiate nella sorveglianza) e quanto agli effetti indiretti correlati o non all’epidemia.
Le “Tre Italie” dell’epidemia Covid-19 evidenziate dalla Sorveglianza Integrata Covid-19

In Italia dal 20 febbraio, data di inizio dell’epidemia, fino al 28 aprile 2020 sono stati segnalati al sistema di Sorveglianza Nazionale integrata, 199.740 casi positivi di Covid-19 diagnosticati dai laboratori di riferimento regionale, di cui 113.312 fino al 31 marzo 2020 (periodo di riferimento del presente Rapporto). La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 è eterogenea. Nelle Regioni del Sud e nelle isole, la diffusione delle infezioni è stata molto contenuta, in quelle del Centro, è stata mediamente più elevata rispetto al Mezzogiorno mentre in quelle del Nord la circolazione del virus è stata molto elevata.

Nelle aree a media e in quelle a bassa incidenza il numero dei casi inizia ad aumentare dalla metà di marzo raggiungendo il picco, rispettivamente, tra il 24 e il 25 marzo 2020. Per tali aree, dopo il raggiungimento del picco non si è assistito a una diminuzione costante, segno evidente che l’epidemia, anche se in maniera rallentata, è ancora corso. Va comunque sottolineato che la curva dei casi diagnosticati ha subito il rallentamento osservato soprattutto per le misure di “lockdown” intraprese prima in alcune aree del Nord e quindi su tutto il territorio nazionale dall’11 marzo.

Il 52,7% dei casi (104.861) è di sesso femminile. L’età mediana è di 62 anni (range 0-100). Nelle fasce di età 0-9 anni, 60-69 e 70-79 anni si osserva un numero maggiore di casi tra gli uomini rispetto alle donne. Nella fascia di età >90 anni, le donne sono più del triplo degli uomini probabilmente a causa della netta prevalenza femminile in questa fascia di età.

I dati ISTAT sui decessi: forte aumento a partire dalla fine di febbraio 2020

Una delle conseguenze più drammatiche degli effetti della epidemia riguarda l’incremento complessivo dei decessi. D’altra parte il dato dei morti riportati alla Sorveglianza integrata Covid-19 fornisce solo una misura parziale di questi effetti, essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi microbiologica di positività al virus. Si tratta, pertanto, di un indicatore influenzato non solo dalle modalità di classificazione delle cause di morte, ma anche dalla presenza di un test di positività al virus. Una misura più universale dell’impatto dell’epidemia sulla mortalità della popolazione è data dall’eccesso dei decessi, per il complesso delle cause, risultanti dal confronto, a parità di periodo, del dato del 2020 con la media dei decessi del quinquennio precedente (2015-2019). In tal modo si assume implicitamente che la diffusione dell’epidemia produca un aumento dei decessi anche non direttamente riferibili alla sorveglianza Covid-19, ovvero al numero di casi positivi deceduti.

Considerando il periodo 20 febbraio-31 marzo, si osserva a livello medio nazionale una crescita dei decessi per il complesso delle cause del 38,7%: da 65.592 a 90.946, rispetto allo stesso periodo della media del quinquennio 2015-2019 (Tabella 2). L’eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati segnalati alla sorveglianza Covid-19 (13.710). Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per i quali possiamo, con i dati oggi a disposizione, solo ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (nei casi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni possibile conseguenza della malattia scatenata dal virus in persone non testate come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza), ed infine una mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette. Va tenuto presente che, a causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, i dati riferiti a livello medio nazionale appiattiscono la dimensione dell’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale. Lo studio dell’andamento della mortalità totale associato all’epidemia -Covid-19 non può prescindere dalla distribuzione dei casi per infezione da SARS-CoV-2, e dalla sua distribuzione differenziale sul territorio. La classificazione delle province in tre classi di diffusione dell’epidemia permette di assumere nei confronti di un fenomeno che è fortemente localizzato il punto di osservazione più adeguato a coglierne tutta la portata in termini di eccesso di mortalità direttamente o indirettamente associato all’epidemia.

Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino (Tabella 2). Nell’insieme di queste province i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati nel mese di marzo 2020 rispetto alla media riscontrata a marzo nel quinquennio 2015-2019. Considerando il periodo 20 febbraio-31 marzo 2020 i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituito dai morti positivi al Covid-19 (12.156). Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del centro-nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause è molto più contenuto: da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti positivi al Covid-19 (1.151). Infine nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% rispetto alla media del quinquennio precedente.

Considerando l’andamento dei decessi per il complesso delle cause nel primo bimestre del 2020, rispetto al 2015-2019, e quello nel mese di marzo 2020, si può constatare come in quest’ultimo mese ci sia una importante “rottura” delle tendenze alla diminuzione della mortalità ravvisabile a inizio 2020. Anche quando non si ha una netta inversione di tendenza, infatti, la diminuzione dei decessi a marzo 2020 è comunque molto più contenuta rispetto ai due mesi precedenti. A livello regionale è in Lombardia che si riscontra l’inversione più marcata: si passa da una diminuzione dei decessi del 7,5% nel biennio gennaio-febbraio 2020 – rispetto alla media nello stesso periodo 2015-2019 – ad un aumento del 185% nel mese di marzo, seguono l’Emilia –Romagna, con un aumento del 70%, il Trentino Alto-Adige (65%), e le Marche la Liguria e il Piemonte, con incrementi dell’ordine del 50%.

All’interno della classe di province ad alta diffusione dell’epidemia, le più colpite hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (370%), Brescia (290%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%). Relativamente all’eccesso di decessi per il complesso delle cause registrato tra il 20 febbraio 2020 e il 31 marzo, rispetto allo stesso periodo del 2015-2019, i decessi della sorveglianza integrata Covid-19 sono una quota variabile. Tale proporzione è ad esempio circa il 46% in alcune delle province più colpite della Lombardia (Bergamo, Cremona, Lecco). Valori di questa quota superiori al 60% invece si registrano a Lodi, Mantova e Pavia mentre a Piacenza la quota è tra le più alte della classe di province ad alta diffusione dell’epidemia (68,6%).

Per una valutazione complessiva dell’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale occorre continuare a monitorare l’evoluzione del fenomeno nelle prossime settimane/mesi. Molte delle province che sono nella classe a media diffusione sono state interessate dall’epidemia con alcune settimane di ritardo rispetto alle province della classe ad alta diffusione. Non è dunque sufficiente l’analisi dell’andamento dei decessi di marzo per cogliere il fenomeno dell’incremento in queste aree. Il consolidamento dei dati di mortalità e di sorveglianza dell’epidemia Covid-19 per il mese di aprile consentirà la costruzione di misure più accurate. Analoghe considerazioni possono valere nel caso di alcune delle province a bassa diffusione, che presentano incrementi della mortalità complessiva nel mese di marzo 2020 superiori al 5%, pur in presenza di un numero ancora contenuto di decessi diagnosticati Covid-19. È il caso di alcune province della Puglia, e in particolare quella del suo capoluogo (13,1%), così come di alcune province della Sicilia e della Sardegna.

L’eccesso di mortalità per età e genere

L’eccesso di mortalità registrato a marzo del 2020 è ancora più accentuato negli uomini. Si tratta di un dato molto rilevante perché oltre a rivelare un fatto ormai noto attraverso i dati della Sorveglianza, mette in luce come la dimensione del fenomeno della super-mortalità maschile, in relazione all’epidemia Covid-19, sia ancora più ampia, estendendosi verosimilmente anche a cause che non sono direttamente riferibili al virus. Lo scostamento della mortalità dall’andamento precedente al periodo in cui è iniziata l’emergenza è ben evidenziato per grandi classi di età e genere dai grafici successivi (Figura 3). L’evoluzione giornaliera degli scostamenti dei decessi cumulati del 2020 dalla corrispondente media 2015-2019 mostra chiaramente come la crescita dei decessi si sia innescata tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo. Durante il mese di marzo nelle aree più interessate dall’epidemia il numero di morti inizia rapidamente ad aumentare rispetto alla media 2015-2019 dello stesso periodo. L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni, i decessi cumulati dal primo gennaio al trentuno marzo 2020 aumentano di circa 50 punti percentuali rispetto allo stesso periodo della media 2015-2019; segue la classe di età 80-89 (+ 44%). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età; raggiunge alla fine di marzo il 20% in più della media degli anni 2015-2019, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più. Passando dalle aree più colpite da Covid-19 a quelle in cui la diffusione è stata caratterizzata da minore intensità l’eccesso di mortalità si sposta in avanti nel tempo e si riduce. Nelle province a media diffusione dell’epidemia si è verificato uno scostamento, rispetto all’andamento pre-crisi, iniziato dopo la fine della seconda settimana; in particolare, si osserva un aumento dei decessi cumulati nelle età più anziane: per 90 anni e più al 31 marzo essi sono superiori di circa il 6% (in questa classe di età nel periodo 20 febbraio-31 marzo si registra un aumento dei decessi pari al 21% rispetto alla media 2015-2019). Per le province a bassa diffusione si osserva un eccesso di decessi, rispetto al 2015-2019, solo riferito alle età 90 e più (3% in più al 31 marzo).

Il contributo dei decessi Covid-19 all’eccesso di mortalità delle province ad alta diffusione

È stato possibile fare una valutazione dell’eccesso di mortalità stimato dall’Istat in funzione dei decessi Covid-19 riportati dalla Sorveglianza integrata solo considerando il mese di marzo. Come si vede dalla Figura 2, è a partire dai primi di marzo che si inizia a registrare un numero significativo di decessi. Nell’ambito delle province definite ad alta diffusione, e considerando i decessi avvenuti in un’età superiore o uguale ai 50 anni, se si confrontano gli andamenti giornalieri dei decessi Covid-19 rispetto all’eccesso stimato, essi spiegano in media il 61,5 % dell’eccesso di mortalità negli uomini e il 42% nelle donne, con una proporzione che per i primi aumenta nel periodo di osservazione, mentre scende lievemente per le donne. Passando a un dettaglio regionale, la Lombardia è la più colpita dall’epidemia in termini di casi ed è anche l’area dove l’epidemia è partita più precocemente; nella regione si è osservato il 61% dei decessi Covid-19 registrati in Italia al 31 marzo nella Sorveglianza Integrata, e il rapporto giornaliero percentuale tra decessi Covid-19/eccesso di mortalità è stato in media il 53%. L’eccesso di mortalità non si osserva uniformemente in tutte le province ad alta diffusione: la distribuzione giornaliera degli eccessi è infatti dipendente dai diversi periodi temporali di diffusione dell’epidemia all’interno delle varie regioni. Nella Provincia di Bergamo la proporzione dei decessi riportati alla sorveglianza Covid-19 sui decessi totali è pari al 37,6%. Il rapporto medio nel mese di marzo tra l’eccesso di mortalità totale e quella segnalata dalla sorveglianza Covid-19 è pari al 45%.

Rapporto decessi Covid-19/eccesso di mortalità nelle province ad alta diffusione: il contributo dell’età

Scomponendo l’eccesso di mortalità per classi di età, si osserva come all’aumentare di quest’ultima il contributo del Covid-19 alla spiegazione dell’eccesso di mortalità decresca, passando dal 78,5% dell’eccesso nella classe 50-59 al 24% in quella 90 e più. Tale distribuzione non è però omogenea se si considerano distintamente i due generi. Considerando i decessi maschili, si passa dall’82,5% dell’eccesso nella classe 50-59 al 30,4 % nella classe 90 e più. Per quanto riguarda il genere femminile, la classe in cui il contributo dei decessi Covid-19 è più alto, pari al 89%, è quella 60-69 anni mentre si scende al 42% nella classe 80-89 e al 20% in quella di 90 anni e oltre.

Il Covid-19 e la mortalità per causa in periodo non epidemico

L’ammontare totale dei decessi 2020 è il risultato dell’interazione di diverse componenti: la mortalità direttamente imputabile a Covid-19 e quella per altre cause non direttamente a esso correlata. Quest’ultima componente, a sua volta, è stata in parte modificata dagli effetti indiretti dell’epidemia. Infatti, mentre ci si aspetta che alcune cause possano aver continuato ad agire analogamente a quanto osservato negli ultimi anni, per altre si noteranno alcune importanti variazioni.

I grafici riportano il confronto tra tutti i decessi con Covid-19, notificati ogni giorno nel mese di marzo 2020 dalla Sorveglianza, con l’andamento della mortalità giornaliera per le principali cause di morte nel mese di marzo 2017 e si può considerare rappresentativo della mortalità per causa in situazioni non perturbate da picchi epidemici. La distinzione per le 3 classi territoriali di diffusione dell’epidemia di Covid-19 consente di apprezzare il diverso peso del Covid-19 rispetto alle più comuni cause di morte. Nel marzo 2017, le cause principali di morte sono state le malattie del sistema circolatorio con il 36% dei decessi totali, seguono i tumori con il 27%, le malattie del sistema respiratorio (9%), le demenze e l’Alzheimer (5%), le malattie dell’apparato digerente (4%) e il diabete (3%). Questa distribuzione è lievemente diversa solo per la macro area a bassa diffusione, prevalentemente costituita da province meridionali, dove la percentuale delle cause cardiocircolatorie è leggermente superiore (39%). In altri termini, a marzo 2017 sono morte mediamente ogni giorno 1.523 persone, delle quali 555 per malattie circolatorie, 413 per tumori, 132 per malattie respiratorie, 79 per demenze o Alzheimer e 53 per diabete. Va sottolineato che il picco di decessi giornalieri delle tre macro aree di Covid-19 è stato raggiunto il 25 marzo 2020, con 837 casi, nello stesso giorno i decessi totali sono stati 2.902. Con il proseguire del tempo e il diffondersi dell’epidemia aumentano i decessi di Covid-19 e si incrementa la mortalità totale. Già il 4 marzo 2020 nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, la mortalità di Covid-19 ha toccato le frequenze dei decessi osservati nel 2017 per le malattie del sistema respiratorio. Il 10 marzo i decessi Covid-19 raggiungono il numero complessivo dell’insieme delle malattie respiratorie e dei tumori. Solo sei giorni dopo, l’aumento dei decessi Covid-19 è stato tale da superare tutti i decessi delle due cause precedenti insieme a quelli del sistema circolatorio. In poco più di venti giorni i decessi quotidiani riportati dalla Sorveglianza integrata Covid-19 hanno superato l’ammontare della mortalità giornaliera per tutte le cause registrate nel 2017.

Questa evoluzione è risultata traslata nel tempo e molto più attenuata nelle aree a media diffusione. In tale ambito le frequenze giornaliere dei decessi Covid-19 sono state le stesse di quelle della mortalità del sistema respiratorio a partire dal 17 marzo. Complessivamente i decessi Covid-19 nel mese di marzo in questa area (1.150 decessi) hanno superato il totale dei decessi per diabete, demenze e malattia di Alzheimer (1.008) nel 2017. Nelle aree a bassa diffusione, il Covid-19 non ha prodotto effetti importanti sulla struttura della mortalità per causa. Solo verso la fine di marzo si osserva un numero di morti con Covid-19 molto vicino a quello per diabete del marzo 2017, che tuttavia rappresentava il 5% della mortalità complessiva del periodo. Verosimilmente il Covid-19 ha agito sia anticipando il decesso in individui affetti da gravi patologie, sia incrementando la mortalità con i suoi effetti diretti e indiretti, particolarmente evidenti nelle aree a media e alta diffusione. Rispetto al marzo 2017, si è osservato un eccesso di mortalità nello stesso mese del 2020 superiore al numero dei decessi attribuibili a Covid-19 in individui con diagnosi confermata. L’analisi di tutte le cause di morte del 2020 consentirà di valutare quanto l’eccesso di mortalità osservata sia attribuibile anche ai decessi di persone non sopposte al test ma certificate dai medici sulla base di una diagnosi clinica (che al momento non sono conteggiate nella Sorveglianza), e quanto agli effetti indiretti su specifiche cause di morte, soprattutto quelli che sono riconducibili alle difficoltà del sistema ospedaliero nel lavorare in condizioni di forte stress ma anche al minor ricorso alle prestazioni del servizio sanitario da parte dei cittadini per timore del contagio.



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