Negli ultimi 5 anni le compravendite per investimento sono cresciute nelle grandi città passando dal 18,5% al 25%. In alcune di esse, complice anche la crescita del turismo che ha spinto le locazioni brevi, il balzo è stato decisamente più elevato. Spicca tra tutte Napoli che è salita da 28,9% a 42,9%. Anche Milano ha avuto un buon incremento confermando la sua notevole attrattività per gli investitori. Vediamo quindi cosa è successo in alcune metropoli e verso quali aree gli investitori si sono orientati.
NAPOLI
Il capoluogo partenopeo è tra le città che hanno avuto il maggior rialzo della percentuale di acquisti ad uso investimento, fenomeno collegato alla forte attrattività turistica e al ribasso dei prezzi in alcuni quartieri della città. Infatti, gli acquisti ad uso investimento sono passati dal 28,9% del 2014 al 42,9% del 2019. È la zona centrale quella dove si concentrano maggiormente gli acquisti ad uso investimento (39,2%) spesso destinati alla creazione di B&B o agli affitti brevi. A seguire la macroarea del Vomero, dove la percentuale di chi compra casa per investire scende al 25,9% con una concentrazione nel quartiere Sanità, dove, negli ultimi anni, i prezzi bassi hanno orientato gli investitori a destinare l’abitazione a casa vacanza o b&b. Un buon 18,1% si orienta nella macroarea della Collina.
MILANO
Milano evidenzia un mercato vivace negli ultimi anni. Dal 2014 al 2019 le transazioni di abitazioni da mettere a reddito sono passate dal 15,3% al 26,1%. Analizzandone le macroaree si evince che le percentuali più elevate di acquisti ad uso investimento si registrano nella macroarea di Bovisa-Sempione (41,4%) e soprattutto in zona Bovisa, che attira per la presenza del Politecnico e per la vicinanza all’area di riqualificazione di Farini. In zona Navigli (16,4%) gli acquisti di questo tipo si sono concentrati soprattutto nella a ridosso della Bocconi. Sempre interessante per investimento il centro, dove i prezzi si sono ormai portati quasi a livello antecedente alla crisi del 2008.
VERONA
Altra città dove gli acquisti ad uso investimento hanno registrato un bel balzo è Verona che è passata dal 23% al 30,8 % in seguito alla vocazione turistica che la città ha sempre avuto e che sta crescendo col tempo. È il centro città a piacere agli investitori, in particolare, a coloro che desiderano entrare nel business turistico ricettivo creando case vacanza e B&B. Le compravendite di abitazioni da mettere a reddito qui raggiungono il 37,7%. A seguire la macroarea di Borgo Roma-Golosine (26,1%) dove, grazie ai prezzi contenuti, si possono spuntare rendimenti annui lordi interessanti.
ROMA
Roma grazie al turismo, alla presenza di aziende e di università importanti, ha sempre avuto una spiccata domanda ad uso investimento, anche se durante l’arco temporale considerato ha registrato un incremento del solo 4,5%. Dalle analisi risulta che la macroarea dove si realizzano maggiori acquisti con questa finalità è quella centrale (22,5%) che registra una buona percentuale di compravendite finalizzate a casa vacanza e B&B. A seguire la macroarea di San Giovanni – Roma est con il 19,2% e quella di Roma Sud con il 14,0% che grazie agli uffici dell’Eur registra sempre una buona domanda per investimento.
PALERMO
Anche a Palermo gli acquisti ad uso investimento sono cresciuti passando da 23,4% a 26,8% dal 2014 al 2019. È la macroarea Università – Brancaccio che concentra la maggioranza delle compravendite per investimento con il 40,4%, grazie alla presenza dell’Università che attira ragazzi dalle altre province siciliane e della Stazione a ridosso della quale compra spesso chi vuole realizzare B&B. A seguire con il 34,2% il centro della città che, negli ultimi anni, ha visto una crescita degli acquisti per immobili da adibire a casa vacanza o B&B Il centro storico sta beneficiando anche degli interventi di pedonalizzazione e viabilità.
TORINO
Nel capoluogo sabaudo, negli ultimi quattro anni, la componente ad uso investimento è cresciuta passando da 17,3% a 25,0%. La macroarea Francia – San Paolo è quella che raccoglie la percentuale più elevata di investitori (29,6%): il mercato delle locazioni è animato da studenti universitari e lavoratori fuori sede, impiegati anche presso il grattacielo Intesa San Paolo. Segue la macroarea di Borgo Vittoria – Barriera di Milano con il 25,9% e, a ruota, la macroarea Centro – San Salvario con il 20,7%. Le zone centrali attirano gli investitori che qui acquistano piccoli tagli da mettere a reddito per studenti universitari, lavoratori e ora anche turisti.
Casa o appartamento?
Durante questo periodo di lockdown per il coronavirus, le misure di allontanamento sociale imposte in Europa per limitare la diffusione del virus hanno costretto le persone a rimanere a casa. Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, oggi ha pubblicato dei dati che evidenziano la tipologia di abitazione delle persone. Ed è emerso che nel 2018, il 46% della popolazione dell’UE viveva in appartamenti, mentre una piccola maggioranza delle persone viveva in case. Poco più di un terzo (35%) della popolazione viveva in case unifamiliari e quasi un quinto (19%) viveva in case a schiera o semi-indipendenti. In nove Stati membri, in particolare Lettonia (66%), Spagna (65%), Estonia (62%) e Grecia (61%) le persone hanno vissuto in appartamenti. Scelta registrata al ribasso in Irlanda (8%) e nei Paesi Bassi (20%). Oltre i due terzi della popolazione europea risulta vivere in case indipendenti in Croazia (70%), in Slovenia (66%), in Ungheria e Romania (entrambi 65%), in Danimarca (53%), in Polonia e Slovacchia (entrambi 50 %). Nei Paesi Bassi (58%) e in Irlanda (52%) è emerso che negli Stati membri dell’UE, oltre la metà della popolazione ha vissuto in una casa bifamiliare nel 2018.
L’Unione europea (UE) comprende 27 Stati membri dell’UE . Il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020
7 persone su 10 hanno vissuto in una casa di proprietà
Nel 2018, sette persone su dieci (70%) nell’UE hanno vissuto in una casa o appartamento di loro proprietà e le quote più alte di proprietari si sono registrate in Romania (96%), Slovacchia (91%), Croazia e Lituania (entrambi il 90%) e le quote più basse in Germania (51% ) e Austria (55%).
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