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PECHINO VUOLE IMPORRE A HONG KONG NUOVE LEGGI SULLA SICUREZZA NAZIONALE PER METTERE LE BRIGLIE ALL’AUTONOMIA DELL’EX COLONIA BRITANNICA


di Jennifer o’Sullivan

Ieri il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha accusato la Cina di non volere mantenere fede agli impegni con Hong Kong, accusandola di stare per mettere in atto delle leggi sulla sicurezza nazionale che avrebbero il solo obiettivo di limitare la futura attività dell’opposizione dell’ex colonia britannnica, vietando di fatto tutte le attività di protesta.

“Esortiamo Pechino a onorare i suoi impegni e obblighi nella Dichiarazione congiunta sino-britannica”, ha dichiarato la portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, in una dichiarazione, riferendosi al trattato bilaterale firmato nel 1984 che garantisce un “alto grado di autonomia” per Hong Kong fino a almeno 2047. Questi impegni”, ha proseguito Ortagus, “sono fondamentali per preservare lo status speciale di Hong Kong negli affari internazionali e, conformemente alla legge degli Stati Uniti, l’attuale trattamento degli Stati Uniti su Hong Kong”, accusando di fatto la Cina di volere fare saltare tutti i vecchi accordi.

 La proposta di questi cambiamenti della legislazione, scrive il South China Morning Post, sarà formalmente introdotta al Congresso nazionale del popolo (NPC) o il primo giorno della sessione annuale della legislatura, quindi in pratica è stata discussa oggi”, scrive il South China Morning Post. “Qualsiasi tentativo di imporre una legislazione sulla sicurezza nazionale che non rifletta la volontà del popolo di Hong Kong sarebbe altamente destabilizzante e verrebbe condannato dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale”, ha sottolineato Ortagus. Osservazioni pesanti come macigni del Dipartimento di Stato che arrivano subito dopo che anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha promesso una dura risposta dagli Usa, che non è la prima volta che minaccia la Cina di scorrettezza visto che già l’anno scorso a Capitol Hill, i legislatori di entrambe le parti si sono radunati quasi all’unanimità per approvare rapidamente delle leggi che potessero aumentare il controllo degli Stati Uniti sugli affari a Hong Kong.

Nancy Pelosi, presidente della Camera
dei Rappresentanti Usa

Anche Nancy Pelosi, presidente della Camera, prima donna, prima californiana e prima italoamericana a ricoprire questa carica risultando anche la donna che fino a ora ha raggiunto il grado più elevato nelle istituzioni politiche federali degli Stati Uniti, ha dichiarato su Twitter che l’annuncio di Pechino è “profondamente allarmante”, mentre i suoi tentativi di aggirare la legislatura di Hong Kong hanno mostrato “totale mancanza di rispetto per lo stato di diritto”. Al coro del disappunto si è unito anche l’Europa manifestando preoccupazione per le conseguenze della legislazione per il futuro di Hong Kong, in particolare la sua posizione internazionale.

Virginie Battu-Henriksson, portavoce degli affari esteri per l’Unione Europea, ha twittato: “L’UE ha una forte partecipazione alla stabilità e alla prosperità continue di #HongKong secondo il principio “One Country Two Systems”.

Chris Patten, ex governatore britannico di Hong Kong, ha definito la proposta di Pechino un “assalto globale” all’autonomia, allo stato di diritto e alle libertà fondamentali di Hong Kong. “Nel migliore dei casi, l’integrità di” un paese, a due sistemi “dipende da un filo”, ha detto Patten, ora cancelliere dell’Università di Oxford, attraverso un portavoce. “Ciò sarà estremamente dannoso per la reputazione internazionale di Hong Kong e per la prosperità di una grande città”. E poi in un’intervista alla BBC ha detto: “Questo governo comunista ha effettivamente usato la crisi … per mostrare i suoi muscoli e fare il bullo in altre aree … “.

Al coro dei dissentori si è unito anche Tom Tugendhat, presidente della commissione per gli affari esteri del Parlamento britannico, che è anche a capo del China Research Group guidato dai conservatori, che ha detto: “I cambiamenti unilaterali potrebbero minare l’autonomia di Hong Kong e mettere in discussione lo stato di diritto che ha sostenuto la prosperità del territorio. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e altri Paesi che stanno sostenendo il sistema basato sulle regole che hanno permesso ai paesi – inclusa la Cina – di prosperare in relativa pace negli ultimi decenni”.

La Cina che non gradisce le interferenze straniere sulle sue decisioni interne ha risposto alle critiche in particolar modo degli Usa sull’ex colonia britannica, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian che ha detto che Pechino “cerca cooperazione e dialogo” con Washington, ma reagirà se gli Usa tenteranno “di opprimere” la Cina”.



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