di Matteo Ciacci
Vittorio Feltri, 77 anni compiuti il 25 giugno, quest’anno ha festeggiato il suo compleanno sicuramente in modo differente a seguito della sua clamorosa decisione di abbandonare (per sempre difficile da credere) la professione di giornalista dimettendosi di fatto dall’Ordine dei Giornalisti.
Un passo definito per l’appunto clamoroso perché ‘questo abbandono’ non gli permetterà più di fare la professione giornalistica non solo come direttore editoriale di Libero, il quotidiano che ha fondato nel Duemila, dopo avere lasciato Il Giornale, che aveva diretto dopo l’addio di Indro Montanelli alla testata, ma anche come semplice scrivente in qualsiasi altro giornale.
Sallusti scrive un editoriale su Il Giornale che dirige in difesa di Feltri
Il primo a metterci la faccia, e a prendere le sue difese, (sebbene Feltri non abbia certamente bisogno di qualcuno che lo difenda) è stato il direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti che in un editoriale pubblicato in prima pagina oggi 26 giugno, nel cui sottotitolo dice: “Così il soviet del politicamente corretto uccide la libertà”, ha argomentato tutto il suo disappunto. Anche perché pure lui in passato è finito nella morsa dell’Ordine dei Giornalisti sanzionato da due presidenti dell’Ordine della Lombardia, il primo fu Franco Abruzzo e il secondo Letizia Gonzales, con la ‘censura’, un provvedimento deciso all’epoca in seguito alla presentazione di un esposto all’Ordine regionale della rete nazionale delle giornaliste libere autonome G.i.U.L.i.A, contro la decisione del direttore de Il Giornale di mettere in prima pagina la foto di una minorenne accasciata a terra, ferita e seminuda colpita dallo scoppio della bomba di Brindisi.
“Perché lo abbia fatto, lo spiegherà lui”, precisa il direttore de Il Giornale, “ma io immagino che sia una scelta dolorosa per sottrarsi una volta per tutte all’accanimento con cui da anni l’Ordine dei giornalisti cerca di imbavagliarlo e limitarne la libertà di pensiero a colpi di processi disciplinari per presunti reati di opinione e continue minacce di sospensione e radiazione”. Poi Sallusti aggiunge: “Chi sgarra finisce nelle grinfie del soviet che, soprattutto se non ti penti pubblicamente, ti condanna alla morte professionale. A quel punto sei fritto: nessun giornale può più pubblicare i tuoi scritti e se un direttore dovesse ospitarti da iscritto sospeso o radiato farebbe automaticamente la stessa fine. Se invece ti dimetti dall’Ordine, è vero che non puoi più esercitare la professione – e quindi neppure dirigere, ma uscendo dal controllo politico puoi scrivere ovunque, senza compenso, come qualsiasi comune cittadino. Per potere continuare a scrivere, Vittorio Feltri – immaginando di essere di qui a poco ghigliottinato, penso io – ha dovuto rinunciare al suo mestiere” ha sottolineato Sallusti. “Io mi auguro che le centinaia di colleghi ai quali negli anni Vittorio Feltri ha offerto lavoro e insegnato un mestiere, oggi abbiano un sussulto di orgoglio, e da uomini liberi facciano sentire la loro voce; mi auguro che i suoi oppositori aguzzini si vergognino della loro squallida miseria culturale e professionale; mi auguro che Carlo Verna, presidente dell’Ordine, quindi di tutti i giornalisti, non solo di quelli di sinistra, abbia la forza di rifiutare le dimissioni e garantire a un grande collega la libertà che merita, perché se così non fosse da oggi nessuno di noi potrà sentirsi al sicuro. E auguro a Vittorio Feltri di scrivere liberamente, anche da non giornalista, fino a che Dio gliene darà la forza” ha concluso Sallusti.
Feltri annuncia querele
Feltri, che era iscritto all’Albo professionale nel 1971 e che aveva mosso i primi passi da reporter all’Eco di Bergamo, il giornale della sua città natale, per poi essere assunto al Corriere della Sera, sotto la direzione di Piero Ottone, diventando in seguito, prima direttore dell’Europeo e poi dell’Indipendente spesso criticato e richiamato dall’Ordine per i titoli su Libero ritenuti ‘dai toni sessisti o offensivi’, ha così commentato la vicenda all’Adnkronos: “Mi rifiuto di essere processato per certe mie espressioni che vanno a genio alla Corporazione che non mi pare sia abilitata a fare processi di questo tipo. Vengo processato anche per dei titoli, ma si dà il caso che io sia il direttore editoriale e che ci sia un direttore responsabile. Quindi questi qui non sanno neanche che il direttore editoriale non risponde dei contenuti del giornale”. E poi ha aggiunto: “Sono nauseato e adesso ho anche intenzione di querelare tutti quelli che mi hanno ingiustamente tentato di perseguirmi”.
Scopri di più da WHAT U
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.