di Patricia Sinclair
Dopo il post scritto dal presidente Trump il mese scorso nel quale il tycoon aveva minacciato di inviare l’esercito per redimere le proteste del Minnesota, che ha fatto passare momenti di grande impasse a Facebook, è arrivato il momento tanto atteso, quello del “faccia a faccia” tra l’amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg e Donald Trump per ora solo telefonico. Queste le ultime voci su un possibile “scambio di opinioni”. Sulle quali la Casa Bianca non si è voluta esprimere.
Per i dirigenti di Facebook a Washington, il post violava le sue politiche, esattamente com’era accaduto anche in passato quando Trump nel 2016 su Facebook ha iniziato a scrivere di tutto. Senza filtri.
Facebook inizierà a etichettare i messaggi politici fuorvianti. Ma molti critici dicono già che non basterà
Ora però il vento è cambiato. Facebook pare che abbia persino alterato il suo algoritmo di feed di notizie per neutralizzare le affermazioni distorte.
Venerdì, Zuckerberg ha annunciato una serie di nuove politiche volte a migliorare il contenuto delle informazioni sulla sua piattaforma. Come? Con l’apposizione di etichette sui post che esprimono eccessi di odio o usano toni politici aggressivi o fuorvianti da parte dei leader politici.
Twitter ha etichettato diversi tweet presidenziali come offensivi e fuorvianti e la piattaforma di social media Snapchat, per esempio, ha ridotto la portata dell’account del presidente.Twitter Comms✔@TwitterComms
David Thiel, un ingegnere di Facebook addetto alla sicurezza informatica a marzo, dopo che i suoi colleghi si sono rifiutati di rimuovere un post del presidente brasiliano Bolsonaro, che a suo dire conteneva un “discorso disumanizzante”, ha dichiarato: “Il valore di essere a favore delle persone al potere supera quasi ogni altra preoccupazione per Facebook”.
In sua difesa Facebook invece ha sostenuto e sostiene che l’uso del linguaggio populista incendiario precede l’uso dei social media. Nick Clegg, vicepresidente di Facebook per gli affari e le comunicazioni globali, ha detto tutto ciò non è nato nella Silicon Valley, ma secoli prima. “Gli studi hanno dimostrato che i driver del populismo sono complessi e non possono essere ridotti all’uso dei social media”. Nick ha poi ricordato che Zuckerberg non è rimasto indifferente quando Trump scrisse sulla sua piattaforma un post relativo all’approvazione del divieto di immigrazione per i musulmani. L’indignazione per il video spinse addirittura alcuni dipendenti di Facebook a denunciarne l’incitamento all’odio, in violazione delle politiche dell’azienda.
Facebook ora sta anche affrontando un crescente boicottaggio pubblicitario dopo la levata di scudi di Unilever
Alla fine tutto gira attorno ai soldi
Prima delle elezioni del 2016, Facebook ha corteggiato a lungo i politici perché le loro opinioni, avrebbero potuto essere percepite da molto aziende molti famigliari invogliandole a mettere mano al portafogli per sostenerli.
“Sebbene [Facebook] abbia represso la disinformazione, gli influenzatori più problematici sono i politici”, ha detto al Washington Post, Claire Wardle, direttrice statunitense di First Draft , un’organizzazione dedicata alla lotta contro la disinformazione che ha una partnership con Facebook. “Puoi fare tutto il controllo dei fatti nel mondo, ma i politici hanno un impatto sproporzionato”. E non è un caso che Trump abbia chiosato dicendo “Fino ad oggi, nessuno avrebbe mai pensato che un presidente avrebbe detto certe cose”.
Nel maggio 2019, Zuckerberg, in forza della libertà dell’informazione, si è rifiutato di eliminare un video che mostrava la portavoce della Camera Nancy Pelosi (D-Calif.) ubriaca.
Zuckerberg in un primo momento si è opposto all’etichettatura dei post dai contenuti problematici e degni di nota che violano le politiche dell’azienda come fa Twitter. Poi ha cambiato idea è ha detto: “Non ci sono eccezioni per i politici in nessuna delle politiche”. Parola di Zuckerberg.
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