di Patrizia Valsecchi
“La pandemia ha provocato, dall’inizio dell’anno, la perdita di oltre 25 milioni di spettatori nei cinema, una dimensione devastante, mai avvenuta nella storia di queste industrie, che rappresentano la forma di entertainment, cultura, socialità, più popolare ed accessibile d’Italia”, questo un sunto dell’intervento presidente dell’Anica Francesco Rutelli in audizione nella 7/a Commissione del Senato su “L’impatto del Covid-19 sul settore della cultura. “Nel mese di gennaio”, ha proseguito Rutelli, “avevamo registrato + 4 milioni di spettatori nelle sale, dopo un anno già molto positivo. Poi, è iniziato il disastro”. Insomma per Rutelli occorre pensare a un vero piano B. “Quindi è importante che venga sostenuto anche dal governo nelle prossime settimane l’esperimento di Moviement Village, con arene all’aperto, drive-in e altri fenomeni che consentano a tante persone di partecipare, e alle decine di migliaia di persone che rischiano di non trovare più il loro lavoro di poter ripartire. “Aspettiamo con fiducia dal governo strumenti immediati per l’adeguamento del tax credit produzione, col supporto per le misure di sicurezza: oneri importanti e aggiuntivi per poter girare, per consentire la riapertura dei set, tutelando la salute di maestranze, attori e lavoratori, garantendo le coperture assicurative”.
Per la musica…la musica ancora non cambia
Anche alla musica lo sappiamo bene ha dovuto fare i conti con il Covid-19. Un lockdown che è andato a intaccare i guadagni di un settore che da solo vale quasi cinque miliardi di euro e offre lavoro a oltre 169 mila persone. Con il decreto del 4 marzo 2020, il Governo ha sospeso le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura. In seguito sono state chiuse, prima a livello locale, poi a livello nazionale tutte le attività commerciali incluse ovviamente anche gli esercizi attivi nel commercio di musica registrata. Secondo le stime di Assomusica, l’impatto di questo intervento, a fine stagione estiva farà lievitare a 350 milioni di euro le perdite per il solo settore del live. A questo danno vanno aggiunte poi anche le perdite legate all’indotto, che l’Associazione stima in circa 600 milioni di euro. A livello di economia del lavoro, solo per gli eventi di musica popolare contemporanea lavorano circa 60 mila persone, famiglie e imprese che necessitano di uno sforzo e un supporto finanziario straordinario e duraturo da parte delle Istituzioni. A questo si sono ben presto aggiunti i danni relativi al mancato versamento dei diritti d’autore e connessi, in relazione alla mancata attività dal vivo ed alla chiusura degli esercizi commerciali, discoteche, palestre, ad altri luoghi di aggregazione. Insomma un vero disastro. Il potenziale danno, per gli autori e per gli editori musicali, è stimato da Siae in termini di mancati incassi per diritto d’autore, per il 2020, in circa 200 milioni di euro. Le vendite di prodotto fisico (CD e vinili) sono crollate di oltre il 70 % tra marzo ed aprile (dati FIMI) e anche il digitale, a causa della contrazione di novità in uscita (per l’impossibilità di presentare novità e per la chiusura delle sale di registrazione) non è in grado di compensare il declino generale. I conti parlano chiaro: nel 2020 sono stati 100 i milioni di mancati ricavi. Drammatici anche gli effetti sul lavoro. Il fermo delle attività ha prodotto in poche settimane effetti catastrofici sull’occupazione del settore con centinaia di migliaia di musicisti, tecnici, ecc. di fatto senza attività e con prospettive potenzialmente tragiche dal punto di vista economico. Le associazioni firmatarie, AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI a marzo hanno descritto una situazione drammatica che potrebbe protrarsi ancora per lunghi mesi, soprattutto con riferimento al blocco degli eventi.
«Il Ministero dei Beni Culturali», spiega Vincenzo Spera, presidente di Assomusica, «alcuni giorni fa, per la precisione il 26 giugno ha firmato un decreto contenente in allegato le tabelle per la determinazione del compenso destinato ad autori, interpreti ecc. per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (N.d.R. ai sensi dell’art. 71-septies della legge 22 aprile 1941, n. 633). Rispetto all’allegato tecnico del decreto ministeriale precedente, del 2014», prosegue Spera, «molte definizioni sono mutate anche in conseguenza del progresso delle tecnologie e dell’evoluzione dei prodotti offerti al pubblico. Quindi è basilare tenere conto che l’offerta ai consumatori di prodotti audio e video e i comportamenti degli utenti sono mutati radicalmente negli anni, anche grazie all’uso molto più esteso delle connessioni alle piattaforme streaming a pagamento e in abbonamento, che consentono la visione/l’ascolto posticipati offline che rendono pressoché inutili le copie così come sono state concepite dalla preesistente normativa, che in pratica fa pagare per l’utilizzo di dispositivi che permettono lo scaricamento o l’utilizzo di opere senza pagare diritti. Pertanto a mio avviso questo tipo di regolamentazione che prevede modalità di contribuzione improntata sull’uso di tecnologie con modalità di fruizione obsolete, è superata alla luce dell’attuale realtà. Quindi per il futuro occorrerà riconsiderare le regole di prelievo della quota di compenso per la copia privata. Io non sono ovviamente contrario al pagamento dell’utilizzo di opere, però se il pagamento della copia privata andava a sopperire la mancanza di un contributo, il famoso equo compenso di cui tanto si è discusso, con l’approvazione dell’equo compenso, se equo deve restare, non si dovrebbe pagare più nulla per la copia privata. In Europa molti Paesi dopo il sì dell’Eu alla legge sul Copyright hanno cancellato il contributo dovuto per la copia privata di un’opera». Poi Spera pone in luce un altro aspetto. «Se l’Unione Europea stabilisce che va pagato l’equo compenso, deve però anche stabilire a quanto ammonta e poi chi stabilirà dei limiti? A chi verranno destinati questi proventi?», domanda Spera. «L’Italia ora deve fare passi da gigante affinché si recepisca al più presto la direttiva approvata lo scorso anno».
- 4000 i concerti sospesi (rimandati o cancellati dall’inizio del lockdown)
- + di 100 artisti coinvolti nei grandi eventi live estivi
- 16 festival sospesi (rimandati o cancellati)
- 650 milioni la perdita del settore musicale (marzo – settembre 2020)
- 1 miliardo 500 milioni la perdita sull’ndotto dell’intera filiera compreso turismo/industria dell’accoglienza collegati allo spettacolo dal vivo
Ecco le 10 Proposte per salvare la musica in Italia, trasmesse al Presidente del Consiglio Conte ed ai Ministri dei beni Culturali e dell’Economia Franceschini e Gualtieri dalle associazioni firmatarie, AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI
N.1
Aumento del fondo emergenze (Art. 89 – DL Cura Italia) a 200 milioni ed elaborazione di criteri oggettivi per la ripartizione del Fondo Emergenze di cui all’art. 89 per i settori culturali colpiti dalla pandemia; le risorse dovrebbero essere allocate prendendo come parametro di riferimento le percentuali effettive di calo di fatturato, in maniera misurabile e certa, con una quota di riparto preferenziale per quei soggetti e quelle imprese che non usufruiscono di contributi pubblici e che quindi non godono di una rete di protezione. In questa fase di azzeramento dei consumi, è essenziale e imprescindibile difendere i soggetti più vulnerabili e meno protetti dalle pubbliche istituzioni. È altresì imprescindibile non fare differenziazioni di genere, garantendo quindi il sostegno a tutti i settori dell’industria musicale, dal live, alle imprese fonografiche e all’editoria musicale.
N.2
Un contributo a fondo perduto per i mesi perduti a causa del lockdown alle imprese musicali.
N.3
Sospensione di tasse e contributi per le industrie del settore musica per l’esercizio 2020, posticipando le contribuzioni con un meccanismo di rateizzazione pluriennale. Ricordando che la discriminante del calo di fatturato nel periodo di emergenza non è un metro sufficiente di va lutazione tenendo conto che molte fatture non vengono saldate per mancanza di liquidità e che alcuni comparti del settore musica, come il diritto d’autore e i diritti connessi, subiranno un impatto negativo ancora superiore a quello attua le nei prossimi due anni.
N.4
Estensione della durata dei voucher da 12 a minimo 18 mesi per i concerti annullati (art. 88 DL Cura Italia).
N.5
Creazione di un bonus cultura per le famiglie (estendendo l’attuale bonus per i diciottenni). L’estensione del tax credit per le produzioni musica li, oggi previsto solo per l’opera prima, seconda e terza a tutte le produzioni, così come avviene nel cinema.
N.6
IVA al 4% per la musica e lo spettacolo, così come avviene per i libri. La discriminazione sull’imposta è storica mente incomprensibile e lo è tutt’ora in questa fase di crisi sistemica nella quale è necessario al più preso rilanciare i consumi.
N.7
L’annunciato “reddito di emergenza” deve coinvolgere anche figure anomale, contratti a chiamata e precari vari, del settore dello spettacolo ad oggi non ricompresi nell’articolo 38 relativo all’indennità ai lavoratori dello spettacolo, articolo che ha introdotto troppe variabili che esclude moltissimi lavoratori.
N.8
Revisione delle pendenze erariali per gli organizzatori di spettacoli dal vivo per appianare tutte le asimmetrie nell’applicazione dell’IVA sugli spettacoli dal vivo. In particolare:
– occorre precisare che l’IVA sulle “prestazioni di spettacolo” deve essere un’IVA agevolata al 10% anche sulle operazioni funzionali e che sono connesse alla realizzazione dello spettacolo e alla connotazione artistica del medesimo (e cioè l’IVA deve essere agevolata anche per il service fonico e di luci che sono ormai imprescindibili e necessarie, come anche per i numerosi facchini che devono essere parte delle troupes);
– in deroga all’attuale sistema, per settore della musica popolare contemporanea e dei promoter in particolare chiediamo una compensazione dell’IVA rapida e immediata: la categoria deve già lavorare con contratti che i piccoli comuni onorano con 18 mesi di ritardo; almeno il rimborso IVA deve essere in questo 2020 rapido e tempestivo, entro 30/45 giorni. Ovvero articolare un sistema di compensazione funzionale ed efficiente per questa fase di crisi dovuta al Co-vid-19;
– superamento del regime di “Split Payment”: in questo momento di contrazione totale dei consumi diventa necessario il superamento di questo regime che ha azzerato la liquidità delle aziende, specie quelle che lavorano con la pubblica amministrazione
N.9
Apertura di un tavolo tecnico di confronto con il Comitato tecnico-scientifico e la Task Force presieduta dal Dott. Colao con la presenza di una rappresentanza delle Associazioni in grado di fornire indicazioni sugli strumenti di controllo e prevenzione da adottare in futuro alla ripresa delle attività “live”. In questa sede dovranno anche essere studiati sistemi per la formazione del personale di sicurezza sull’utilizzo delle strumentazioni – come termoscanner – per la ripresa dell’attività dei concerti live.
N.10
Certezza sui tempi per la ripresa delle attività ai fini di una efficace programmazione dei lavori.
Sergio Cerruti, presidente di AFI, l’Associazione fonografici italiani
Tutte le economie sono interconnesse
«L’Italia inizialmente non ha votato la legge sul Copyright, poi per fortuna la situazione si è evoluta, le cose sono andate diversamente in Europa la legge è stata votata e ora l’Italia dovrà recepire questa direttiva entro giugno del prossimo anno», dice Sergio Cerruti, presidente di AFI, l’Associazione fonografici italiani. «È una direttiva complessa che ha fra i suoi meandri, una serie di trappole nelle definizioni, perché in prima battuta è stata scritta in inglese quindi la traduzione come lei ben sa non sempre coglie le sfumature di certe parole e concetti. Sul fronte responsabilità», prosegue il presidente di AFI, parlando delle piattaforme Web, «vanno valutati due aspetti, la responsabilità di gestione dei contenuti e il loro utilizzo. L’industria musicale fa incassi di milioni e milioni di euro all’anno da piattaforme internazionali, ma le disparità fra una piattaforma e l’altra sono spesso sostanziali e anche questo è un aspetto di cui occorre tenere conto. Negli ultimi 40 anni in Italia non c’è stata nessuna nuova legge che ha regolamentato il diritto d’autore», spiega Cerruti, «in totale finora sono stati due gli interventi normativi che hanno rivisto e stravolto le consuetudini, e sottolineo consuetudini, che regolavano un settore come quello della musica. Chi fa musica o arte», conclude Cerruti, «deve essere pagato. Perché a un giovane che vuol fare il creativo dobbiamo poter dire che c’è un futuro», conclude Cerruti.
Mario Lavezzi, musicista, cantautore, arrangiatore, talent-scout
A lamentarsi dell’attuale situazione di tutti coloro che lavorano nel mondo della musica si aggiunge anche Mario Lavezzi, musicista, cantautore, arrangiatore, talent-scout, oltre 50 anni spesi in favore della musica, che dice: «Io ricevo i rendiconti dalla Warner, dalla Universal, dalla Sugar con centinaia di voci, che corrispondono a voci di accredito per i miei diritti di autore, e lo sai a quanto corrispondono questi diritti sulle mie canzoni? A pochi centesimi: 0,001, 0,007, una miseria. in passato grazie al milione di copie vendute con una sola canzone, ‘Il primo giorni di primavera’, sono riuscito a guadagnare così tanto con i diritti d’ autore che sono riuscito a comprare due monolocali. Ora si fa la fame. Io grazie al fatto che ho iniziato a lavorare nel mondo della musica oltre 50 anni fa, quando le cose era ben diverse, mi reputo fortunato, ma i giovani artisti di oggi come campano?». E poi sull’equo compenso Lavezzi dice: «Non va assolutamente tolto». E alla domanda su quali parametri adotterebbe per valutarlo, Mario risponde: «Non lo so, ma resta una fonte di guadagno per gli artisti. Solo per fare un esempio: un autore non è considerato una figura giuridica, quindi non è previsto che fruisca di una cassa previdenziale quindi non può fruire di una pensione. Ti sembra giusto? Occorre dare una svolta epocale». Se tu avessi il compito di organizzare una task force per il Governo che rappresenti il mondo della musica chi sceglieresti? «Paolo Franchini, Filippo Sugar, Sergio Cerruti, il sottoscritto, solo per dire qualche nome. Ma oramai non è più il tempo dei discorsi. La Siae, in seguito alla mancata riscossione dei diritti di autore, per il blocco del lockdown, ha perso circa 30 milioni al mese, si stima 500 milioni nel prossimo triennio (2020-2023). L’utilizzo dei contenuti si è fermato e questi soldi non li recupereremo più facilmente. Ti faccio un esempio. Se tu ora in un teatro fai entrare 200 persone e gli fai pagare un biglietto 30 euro, quanto guadagni in tutto? 6mila euro. Togli il costo del personale, ossia degli altri musicisti sul palco, ecc…quando ti rimane?»
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