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BORIS JOHNSON GIOCA LA CARTA DELL’USCITA DELL’EU SENZA ACCORDO


di Colin Anthony Groves

Secondo The Mirror il premier Boris Johnson intende utilizzare la legislazione nazionale per annullare l’accordo Brexit che ha firmato con l’UE alla fine dello scorso anno. Una mossa che sarebbe ad alto rischio visto che sarebbe una violazione del diritto internazionale e potrebbe danneggiare la reputazione del Regno Unito sulla scena internazionale.

Insomma il signor Johnson ora pare sia alla ricerca di un pretesto per fare saltare i colloqui sugli accordi commerciali a favore di una partenza senza un accordo commerciale che a suo avviso sarebbe comunque un “buon risultato” per il Regno Unito, nonostante la botta iniziale che darebbe all’economia. Fonti hanno riferito al The Mirror che il governo starebbe valutando i piani per riscrivere il protocollo dell’Irlanda del Nord, che lascia la regione con un piede sia nei territori doganali dell’UE sia nel Regno Unito per evitare un confine duro.

Il disegno legge verrà presentato alla Camera dei Comuni tra due giorni, ossia mercoledì, per imporre modifiche all’accordo di recesso. Obiettivo rimuovere tutti i poteri che in caso contrario potrebbe mantenere Bruxelles su settori compresi gli aiuti di Stato e le dogane che Boris vuole gestire in casa sua.

Una fonte ha detto al giornale: “La mossa” chiaramente e consapevolmente “minerebbe l’accordo sull’Irlanda del Nord che Boris Johnson ha firmato lo scorso ottobre per evitare il ritorno a un confine duro nella regione”.

Ma se il suo segretario ombra dell’Irlanda del Nord Louise Haigh ovviamente è d’accordo con lui al 100%, a storcere il naso ci pensa il ministro degli esteri irlandese Simon Coveney che ha avvertito: “Sarebbe un modo molto poco saggio di procedere. A soli 10 mesi dalla firma di un trattato che promette di attuare il protocollo dell’Irlanda del Nord, il governo di Boris Johnson sta già minacciando di rinnegare gli obblighi legali del Regno Unito. Questo sarebbe un atto di immensa malafede: un atto che sarebbe visto male dai futuri partner commerciali e alleati in tutto il mondo”.

Oggi Johnson indicherà la scadenza per raggiungere un accordo commerciale post-Brexit. Gli addetti ai lavori dell’UE hanno avvertito che il Regno Unito dovrà offrire ulteriori concessioni se vuole evitare una dannosa partenza senza accordo. Ma evidentemente per Boris questa non è più una minaccia ma esattamente quello che vuole fare.

Anche perché i britannici fin dai tempi della loro entrata nell’Unione hanno posto molti limiti quindi non sorprende se ora non vogliano trattare su settori considerati fondamentali per il Regno Unito. Il ministro degli Esteri Dominic Raab ha avvertito che il Regno Unito non “contratterà” sui due ostacoli rimasti nella contrattazione in corso: la pesca e gli aiuti di Stato per le imprese. Ci deve essere un accordo con i nostri amici europei entro il Consiglio europeo del 15 ottobre. Non ha senso pensare a linee temporali che vanno oltre quel punto. Se non possiamo essere d’accordo per allora, allora non intravedo nessun altro accordo di libero scambio tra di noi, e dovremmo entrambi accettarlo e andare avanti”.

Il capo negoziatore di Bruxelles Michel Barnier ha detto di essere “preoccupato e deluso” per la mancanza di concessioni dal Regno Unito. Ma la Brexit nel Regno Unito l’hanno votata i britannici che lavorano nel commercio, nella pesca in particolare stufi delle regole dell’Unione che impedivano loro di lavorare come avevano sempre fatto prima. Paul Smith che ha una piccola azienda ittica racconta: “Da quando il nostro Paese è entrato a fare parte dell’Unione i mie guadagni si sono dimezzati e poi sono ulteriormente diminuiti. Tutte quelle regole per la pesca, la vendita del pesce mi hanno fatto buttare via gran parte del pescato. Non vedo l’ora che il Regno Unito tagli i ponti con Bruxelles, era l’ora”.



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